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Il “San Sebastiano” del Caravaggio e “Il bacio” di Hayez

Andati perduti a Forlì

Il “San Sebastiano” del Caravaggio e “Il bacio” di Hayez

Il 17 giugno chiuderà i battenti la grande mostra “L’Eterno e il Tempo” in cui sono esposti capolavori dei grandi maestri Michelangelo Buonarroti e Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, oltre che di Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Bronzino, Vasari, Parmigianino, Daniele da Volterra, El Greco, Pellegrino Tibaldi, i Carracci, Federico Barocci, Veronese, Tiziano, Federico Zuccari, Rubens e Guido Reni.
Con particolare riferimento a Caravaggio, tre sono le opere del pittore lombardo che ancora per poco meno di un mese si possono ammirare nella mostra del San Giacomo-San Domenico: “La Madonna dei Pellegrini” (1604 1606), proveniente dalla Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma, “Sacrificio di Isacco” (1603) di proprietà della Galleria degli Uffizi di Firenze, e il controverso “Fanciullo morso da un ramarro” (1596-97), prestato dalla Fondazione di Studi di Storia dell’arte “Roberto Longhi” di Firenze.

 

Non sarebbero però queste le prime opere di Caravaggio esposte nella nostra città. Dalla lettura degli scritti di Antonio Mambelli affiora infatti un mistero da chiarire rispetto alla presenza passata di un’opera di Michelangelo Merisi a Forlì. Lo studioso e bibliotecario forlivese ne fa cenno nel prezioso diario in cui tracciò il racconto, giorno per giorno, di quanto accadeva nella nostra città, ma anche nel resto della Romagna, nei terribili mesi immediatamente precedenti alla guerra, fin dopo la Liberazione: dal 30 maggio 1939 al 30 dicembre 1945.
Nella nota numero 1489, a piè pagina 1104 del “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945” (vol.2), a compendio del paragrafo che narra del bombardamento della Chiesa di San Biagio avvenuto il 10 dicembre 1944, Antonio Mambelli, fonte assolutamente autorevole, annotava:
“(…) Tra i furti e le distruzioni che hanno arrecato menomazione grave al patrimonio artistico e culturale di Forlì sono da segnalare la scomparsa del “S. Sebastiano” del Caravaggio, appartenente alla galleria Prati-Savorelli, dipinto nascosto nella villa di famiglia in Bracciano (Bertinoro), e una della famose tele di Francesco Hayez, “Il bacio”. Circa il dipinto del Caravaggio provo un vivo rammarico che non fosse accolto, dopo reiterate premure, il mio consiglio di imballarlo e di riporlo in luogo sicuro; in quanto all”Hayez, quadri entrambi di grandissimo pregio, la famiglia del tenore Angelo Masini ebbe la dolorosa sorpresa di ritrovarlo rovinato completamente entro la cassa di zinco, ove era stato riposto e sepolto sotterra nella villa del Castellaccio, ad effetto dell”acqua penetrata. Perdite hanno subito le gallerie Merenda, Paulucci-Ginnasi, non però di opere tra le migliori”.

Stando perciò a quanto scrive Mambelli, un Caravaggio a Forlì sarebbe già stato presente, anzi vi era addirittura residente, poiché di proprietà della galleria Prati-Savorelli.
Se questa informazione fosse verificata e risultasse attendibile sarebbe un vero e proprio scoop di storia dell’arte. Infatti, i maggiori biografi di Michelangelo Merisi non citano alcun “San Sebastiano” tra le opere del grande maestro, morto il 18 luglio del 1610, né tra quelle attribuitegli e tuttora esistenti in vari musei e gallerie private d’Italia e del mondo, né tra quelle andate perdute.
In seconda battuta si tratterebbe di avviare una ricerca per comprendere che fine abbia fatto il “Caravaggio forlivese” dopo che fu nascosto nella villa nel bertinorese della famiglia Prati-Savorelli per essere sottratto, come tante altre opere d’arte, alle razzie dei nazisti.
Diverso è il discorso che riguarda “Il bacio” di Francesco Hayez, andato irrimediabilmente distrutto, come scrive lo stesso Mambelli nel Diario. Quest’opera fu considerata dai contemporanei il manifesto dell’arte romantica italiana e per questo riscosse un successo enorme tanto da indurre il pittore veneziano a riprodurlo in almeno altre tre copie, tuttora ammirabili, con piccole modifiche che le differenziano l’una dall’altra.


Il “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945” di Antonio Mambelli, per la cura di Dino Mengozzi (docente di Storia contemporanea all’Università di Urbino) è stato pubblicato nel 2003 dall’editore Piero Lacaita, per iniziativa della Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” di Firenze, con il sostegno della Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì.
Sulla testata online Forlì Today, in data 13 gennaio 2005, veniva annunciata come segue la presentazione della pubblicazione che si sarebbe tenuta il giorno successivo all”Auditorium Cassa dei Risparmi di Forlì, introdotta dall’allora presidente Piergiuseppe Dolcini, a cui avrebbe partecipato il professor Maurizio Degl’Innocenti, docente di Storia contemporanea all’Università di Siena e presidente della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze:

“Un diario, ma non solo: l’opera di Mambelli, saggista e bibliotecario forlivese, costituisce un vero e proprio archivio della memoria di quel periodo travagliato della storia italiana e locale che attraversa l’intero periodo bellico della Seconda guerra mondiale. Il diario, di cui si conservavano solo la versione manoscritta dall’autore e una copia dattiloscritta conservata alla Biblioteca Civica, meritava, a oltre mezzo secolo dalla sua stesura, di venire pubblicato e diffuso non più solo in un ambito ristretto di studi o ricerche, bensì presso un più vasto pubblico di lettori.
Un lavoro lungo, quello del professor Dino Mengozzi, curatore della pubblicazione, che ha richiesto ben cinque anni di ricerche e di restauro filologico, resi possibili anche grazie alla collaborazione della figlia di Antonio Mambelli, Anna Maria, che ha messo a disposizione di Mengozzi le carte private del padre, il manoscritto originale dell’opera e il ricco materiale di documentazione che era servito a Mambelli per compilare, giorno per giorno, il Diario che risulta ora, in questa edizione, in tutto il suo valore storico e umano, frutto di un certosino lavoro di ricerca e di testimonianze (dai manifesti alle scritte sui muri, dai racconti orali di sfollati alle notizie captate clandestinamente su Radio Londra, dalle liste dei caduti al fronte e delle vittime civili dei bombardamenti o di violenze politiche o di rappresaglie ai particolari della vita quotidiana, come le liste di prezzi dei generi di prima necessità).
Una mole di dati, di cronache, di numeri, ma - anche - di emozioni, dolori, sentimenti che trovano nel Diario una nuova vita, un valore nuovo. Perché - come dice Mambelli - tanto retaggio di dolore giovi a migliorarci tutti”.

 


Marco Viroli

venerdì 18 maggio 2018