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Le tre domande a Gabriele Zelli

Le tre domande a Gabriele Zelli

Grazie alla sua opera di promozione della cultura, i forlivesi hanno imparato a conoscere sempre meglio i personaggi e i luoghi che hanno contribuito a plasmare l’identità della città. Per Gabriele Zelli Forlì non ha segreti, non solo per il suo impegno di studioso, ma anche per un’esperienza politica iniziata nel 1985 come consigliere comunale e poi assessore alla cultura e allo sport del Comune di Forlì e proseguita per 24 anni consecutivi come amministratore dello stesso ente.

Com’è nato il suo interesse per il patrimonio cittadino?

 

Il mio interesse per la storia, l’arte, la cultura e le tradizioni forlivesi si è accentuato con la nomina a coordinatore del Centro Cinema del Comune di Forlì, nel 1980, e si è sviluppato quando fui eletto assessore 5 anni dopo. Per tutto il periodo in cui ho esercitato le funzioni di amministratore della città mi sono sempre imposto di arrivare preparato agli incontri nei quartieri e nelle frazioni, non solo sulle questioni sociali, edilizie e urbanistiche, ma anche sulla storia dei luoghi. Nel contempo, mi documentavo anche sugli avvenimenti storici e i personaggi più significativi per le varie zone del territorio comunale. In questo modo ho maturato una convinzione: per amministrare una città e prendere decisioni amministrative occorre conoscere la storia, le evoluzioni urbanistiche e le modifiche che le varie fasi storiche hanno determinato sul commercio e sulle usanze della località che ci si prefigge di rappresentare.

 

A quale delle tante iniziative organizzate è particolarmente legato?

 

Ricordo quella che fu, di fatto, la prima “Grande Mostra”, che proposi di allestire a Palazzo Albertini in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II, nel 1986. L’evento ha preceduto le esposizioni che da oltre un decennio si tengono ai Musei San Domenico, i cui locali sarebbero stati acquisiti con un atto notarile stipulato da me due anni dopo. La mostra, dal titolo “Presenza religiosa nell’arte forlivese”, fu realizzata grazie all’impegno dell’allora direttore degli Istituti Culturali Vittorio Mezzomonaco, nonostante il boicottaggio della Soprintendenza dei Beni Culturali. L’esposizione registrò uno straordinario successo di pubblico e fu molto apprezzata anche da papa Wojtyla, che, avendo saputo delle difficoltà incontrate per predisporla, volle inaugurarla di persona.

 

Un giudizio sulla cultura in città: cosa andrebbe potenziato?

 

Forlì è molto viva dal punto di vista culturale, così come sono molto attive le associazioni e il privato che opera in questo settore. È in affanno, invece, l’ente pubblico, perché i fondi a disposizione sono limitati e, nel corso degli ultimi decenni, non ci si è dati un programma di lavoro in prospettiva. Si opera troppo a spot e senza dare continuità ai progetti, approfondire le tematiche relative e senza che quanto proposto diventi patrimonio di un’intera città. Occorre puntare su quello che ha maggiormente caratterizzato la millenaria storia di Forlì. Al racconto dei suoi eventi salienti, che nella quasi totalità dei casi hanno valenza nazionale ed europea, va affiancata la valorizzazione dei luoghi dove si sono verificati.


Laura Bertozzi

venerdì 10 gennaio 2020