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Ma quando si mangia?

Ma quando si mangia?

E’ ormai accertato: stanno scomparendo dalle toponomastiche commerciali le vendite di cucine ad uso domestico. Dagli appartamenti, dalle ville, perfino dai mono e bilocali, le aziende di traslochi fanno gli straordinari per liberare le stanze da fornelli elettrici, elettronici, vintage, economici.

Per non parlare delle dispense e dei testi sacri della gastronomia in chiave casalinga. Per non parlare dell’Ikea che sta svuotando le showroom di componibili (a mano naturalmente).

Che sta succedendo? Niente di grave, ma perlomeno singolare: Forlì è entrata prepotentemente nel Guinness dei primati (che non sono gli scimpanzè) per il maggior numero di ristoranti (di ogni genere e nazionalità), di pub, di trattorie, di osterie, di locande, di self services di fast e slow food.

Un locale viene aperto praticamente ogni due ore dopo regolare licenza (ottenuta in circa trenta minuti). Sui quotidiani locali appaiono i volti dei gestori che con ampi sorrisi spiegano le caratteristiche, i menù, le innovazioni. Tranne il prezzo che resta sempre una sorpresa.

Per distinguersi l’uno dall’altro, si inventa di tutto: dalla proposta ribaltatata (si comincia dalla frutta e si risale) a quella dietetica estrema (si paga il coperto e una bottiglietta di acqua naturale e poi si paga). Dalla proposta esotica (umidino di scarafaggi) a quella mediterranea (una bottiglietta di olio extravergine da centellinare). Ci sono anche proposte cinesi giapponesi e thailandesi: un nastro supersonico che gira continuamente con piatti in bella vista. Ma quasi impossibile catturarne uno: si esce con la fame.

Un fenomeno incredibile che un’arzdora ha commentato così: ”Ma quand us magna?”.

 


Leonello Flamigni

giovedì 7 dicembre 2017