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Però, Oliviero Orsi…

Però, Oliviero Orsi…

Mai appendicite fu più propizia…

E non è mica uno scherzo eh.

Nulla da nascondere. Alla fine della fiera il tema più interessante del Gran Premio di Jeddah è stato vedere Oliver Bearman alla guida della Ferrari di Carlos Sainz, senza se e senza ma.

Apriti cielo? Assolutamente no. Ma aprirsi la mente potrebbe (e dovrebbe) essere un atto dovuto, soprattutto da parte di chi (come il sottoscritto) racconti (o cerchi di farlo, beninteso) il motorsport, in maniera critica rispetto a quanto i nostri occhi vedano. E allora se proprio non sei stupido ti chiedi. Ti chiedi come un ragazzo di appena 18 anni sia stato capace di portare al limite una vettura che aveva visto il giorno prima in qualifica (come successo a Giovinazzi in quel di Melbourne sette anni fa per capirci).

Quindi, ti accorgi che manca una tassello. Manca una tessera per completare il puzzle. Di come l’obiettività  sia un macigno inesorabile che non faccia sconti a nessuno. Qualcosa non va, dalla parte di chi racconti il nostro sport. Qualcosa, irrimediabilmente, dice che la sola celerità non sia elemento per giudicare un pilota. Se mai sia stato sempre così dalla notte dei tempi. Perché di Oliver non colpisce la velocità (peraltro consistente), ma una lucidità da pilota affermato (chiedere dove siano Norris e Hamilton…non era affatto scontato nelle sue condizioni fisiche), nonostante un collo che chieda aiuto da metà gara in poi. Un volto sudato sotto al casco al parco chiuso al termine della corsa, diventa la foto da incorniciare nella sua bellezza sportiva. Il tutto mentre via radio con Adami (un ingegnere dall’empatia eccezionale coi propri piloti)  continuava la sua personale analisi della gara appena conclusa(!).  La nascita di una nuova generazione di piloti in F1. Ecco a cosa abbiamo assistito ieri. Sull’onda di Piastri e quanti come lui vivano il mondo delle monoposto con analisi e lucidità. Semmai il difetto, a volerlo vedere, è in chi non sia pronto a raccontare tutto questo. Una classe di giovani uomini, ai limiti inferiori della maggiore età nati per correre. Reggendo una pressione non comune dentro e fuori dall’abitacolo. Lo stesso difetto narrativo che vorrebbe crocifiggere Kimi Antonelli (compagno di Bearman) dopo appena due gare in F2. Per un decimo e due sesti posti, in assenza di vittoria. 

Perché il nuovo quando avanza non è mai spiegabile solo a parole. Nel sentire tradurre in modo improbabile, il nome di un pilota inglese in un italiano assolutamente maccheronico.

Però, Oliviero Orsi…

Perché di orsetti, non vi è alcuna traccia.

 

Foto di Fabio Casadei


Redazione Diogene

domenica 10 marzo 2024