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Sicuri ai tempi del Covid-19: cosa, come, quando e con chi

La fase 2 è la più complessa dal punto di vista delle abitudini personali

Sicuri ai tempi del Covid-19: cosa, come, quando e con chi

Bentornati nello spazio dedicato alla sicurezza.

Ci siamo salutati chiedendoci se il Sars-Cov-2 fosse una terribile minaccia alla salute pubblica o solo un’influenza mediaticamente gonfiata.

Erano i primi di marzo. Le scene agghiaccianti delle bare di Bergamo, le strutture sanitarie lombarde portate alla saturazione dai contagi del virus (e da una certa impreparazione nella risposta) ci hanno abbondantemente risposto.

Nessuna malattia aveva mai messo a così dura prova le popolazioni dell’occidente dalla diffusione dei vaccini di massa. Nessuno era preparato ad un fenomeno di questo genere. Le ultime pandemie riconosciute sono state la “suina” del 2009 e l’HIV del 1989. Un’altra, particolarmente ricorrente nelle storie familiari e popolari, fu la “spagnola” del 1918 (che in molte case fu trattata con panni bagnati in sangiovese, così che i malati potessero nutrirsi in qualche modo succhiandone un angolo, visto che deglutire diventava quasi impossibile).

Quando sentiamo parlare di “spagnola”, pensiamo ad un mondo lontano dal nostro. Condizioni igieniche diverse, strutture sanitarie inadeguate: un tempo remoto ed imparagonabile alla nostra attuale situazione. La “suina” ha colpito duramente diverse zone del mondo, e si è diffusa anche in Italia. Il suo tasso di mortalità nel nostro Paese è stato dello 0,0029% (tre morti su centomila abitanti), contro una media di mortalità dell’influenza pari allo 0,2% (due morti su mille abitanti).

L’AIDS è stato un altro terribile killer, lo ricordo nella mia infanzia e adolescenza. La guerra contro l’HIV ci ha costretti a cambiare alcune delle abitudini personali e sociali, non certo quotidiane, non per tutti almeno. Dalla “suina”, l’Italia ha riportato poche conseguenze, non ha influito sui nostri stili di vita.

È arrivato il Covid-19 ed eravamo terribilmente impreparati. Mancavano strutture sanitarie adeguate, protocolli d’intervento appropriati, dispositivi di protezione, mancava una cultura della tutela della salute pubblica.

Quando sono arrivati i dati dalla regione di Wuan abbiamo tutti, chi più chi meno apertamente, pensato che l’epidemia nella regione cinese fosse dovuta in buona parte alle condizioni igieniche nelle quali si vive là. “In Cina mangiano i topi, l’abbiamo visto tutti”, questo l’abbiamo sentito dire dal Governatore di una delle principali regioni. Sollevata una certa indignazione, tutti quanti dobbiamo però ammettere che abbiamo pensato che le condizioni sociali ed igieniche della Cina abbiano influito notevolmente sulla diffusione del virus. Scaricare la colpa su questi aspetti ci ha impedito di prendere da subito sul serio la minaccia e di prepararci adeguatamente.

Oggi, dopo un lungo lock-down, siamo pronti a riaprire le attività e tornare ad una vita più o meno normale. Ma siamo davvero pronti? Questa esperienza ha tirato fuori il meglio di noi come ci auguravamo facesse?

I prossimi giorni ci racconteranno cosa è emerso di noi in questa situazione, cosa abbiamo saputo generare. Come affronteremo le prescrizioni e le criticità della fase due?

Da lunedì 18 maggio sarà possibile muoversi senza autocertificazione in tutto il territorio regionale, per qualunque motivo, sarà possibile riprendere attività sportive anche di squadra, saranno possibili le celebrazioni liturgiche di tutte le confessioni religiose.

Riapriranno attività commerciali, attività di servizi alla persona, tutte le attività ancora sospese, la ristorazione, la somministrazione. Veramente comincia una fase due.

Attenzione: è una fase di convivenza con il virus: il problema non è passato, non è superato. Si tratta di saperlo contenere, di gestire le interazioni in modo che non si diffonda di nuovo il contagio e che, ove dovesse succedere che i casi si moltiplicano, l’area interessata sarà bloccata per evitare l’espansione della malattia ad altre aree.

Ciascuno di noi porta la responsabilità di controllare se stesso: è vietato uscire di casa se si ha una temperatura superiore ai 37,5°C o si presentano significativi sintomi riconducibili al Covid-19. I titolari di attività devono in più premurarsi delle condizioni e della sicurezza (safety) dei loro collaboratori e degli stakeholders  con i quali entrano in contatto.

Da settimane vengono proposte offerte irrinunciabili, irripetibili, su oggetti assolutamente in-di-spen-sa-bi-li per la riapertura, come i sistemi di sanificazione anti-covid-19 con tecnologia all’argento colloidale, che è un discutibile antibatterico il cui utilizzo in medicina è stato abbandonato dalla scoperta della penicillina, notevolmente più efficace, privo di evidenze di efficacia contro i virus, in particolare contro il Covid-19 (fonte: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5387&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto bufala n.57); i termometri a distanza, ec-ce-zio-na-li per rilevare la temperatura del corpo, con una tolleranza però di +- 1,8°C. Ovvero, se io ho una temperatura di 37,0°C, posso essere rilevato in un range tra 35,2°C e 38,8°C.

Torno alla domanda: questa esperienza ha tirato fuori il meglio di noi come ci auguravamo facesse?

Non per tutti, evidentemente. Per questo è importante affidarsi a fonti certe, valide, che si basino su dati reali e sulle normative effettivamente vigenti.

Una delle cose che più mi ha spaventato nel weekend che ha preceduto il 18 maggio, è stato leggere alcuni post sui social network che inneggiavano alla libertà e che sostenevano che finalmente si sarebbe potuto di nuovo girare senza mascherine. Non è così! Permane l’obbligo di mascherine in tutti i luoghi chiusi aperti al pubblico, ed anche all’aperto, dove non sia possibile mantenere la distanza di almeno un metro tra le persone.

Portiamo allora sempre la mascherina, ricordandoci che devono essere coperti bocca e naso, sempre. Laviamo spesso le mani, ogni volta che possiamo, e, se impossibilitati a lavarle, teniamo a portata di mano un buon gel igienizzante.

Bocca-naso-mani. Una volta chiariti questi tre concetti, godiamoci questa riapertura! Siamo nella strada che, pur lunga, ci conduce al ritorno alla normalità. Sempre evitando assembramenti, capannelli, affollamenti, ma cominciamo a tornare a vivere la vita, a goderci il sole, l’aria aperta, ed anche a fare un po’ di shopping. È la ripartenza, ed abbiamo bisogno di ripartire tutti insieme.

 

 

Aspetto sempre commenti e considerazioni, se volete, all’indirizzo:

michele.donati.sicurezza@gmail.com.

Auguro a tutti una settimana sine cura.

 


Michele Donati

mercoledì 20 maggio 2020