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Ritorno a scuola

Una nuova normalità?

Ritorno a scuola

Bentornati nello spazio dedicato alla sicurezza.

Finalmente si torna a scuola! Forse davvero questo è il primo passo del tanto atteso ritorno alla normalità.

Ricordiamo però, con le parole dell’assessore Casara, rilasciate in un’intervista ai primi di settembre, che dobbiamo tutti “costruire una nuova normalità assieme, […] nuova e diversa da quella precedente”.

Di cosa sarà fatta questa nuova normalità? Di attenzione, sicuramente, di rispetto nei rapporti tra le persone, perché ci sarà chi, anche dopo la fine dell’emergenza, non si sentirà a suo agio nello stringere troppo calorosamente le mani, nell’abbracciare, nel baciare persone che sono quasi sconosciute.

Ognuno deve avere la libertà di mantenere la distanza che ritiene giusta per sé, nei rapporti con gli altri.

Lo scoglio più grande da affrontare sarà però il lavoro. Tutt’Italia (o, perlomeno, larga parte di noi) ha fatto i conti con uno “smar uorghi”, una sorta di smart working edulcorato in salsa tricolore.

C’è un primo equivoco da affrontare, c’è un errore di fondo: sembra che lo smart working sia il lavoro da casa. Il lavoro normale fatto a casa. Si rompe la barriera del luogo di lavoro, ma rimangono fisse tutte le altre (il tempo prima di tutto, con gli orari di lavoro fissati).

Questo non si chiama smart working, perché non ha nulla di smart (se non, al limite, una riduzione di tempi, costi ed inquinamento da trasporti), ma è regolato da un accordo diverso, che si chiama Telelavoro.

Un’importante azienda del bolognese, che conosco perché lì lavora mia moglie, applicava il telelavoro già da diverso tempo prima del lock-down, e casa mia era diventata per alcuni giorni la settimana, l’ufficio identificato del lavoro della mia consorte.

L’arrivo dello smart working ha portato alcuni cambiamenti: il luogo non è più obbligato (in smart working, il collaboratore può scegliere la sua sede di lavoro liberamente, a patto che abbia le condizioni per lavorare; inoltre l’orario non è più così strettamente identificato, mantenendo magari alcune core-hours, ovvero quelle in cui si possono fissare riunioni perché sono le (poche) ore giornaliere nelle quali tutti sono presenti.

Soprattutto, il lavoro delle persone non è più calcolato in ore e minuti, ma in obiettivi raggiunti, lasciando molta più responsabilità e libertà al lavoratore.

Conseguenze di questo sono una possibilità di dimostrare il proprio valore, al di là degli orari e degli straordinari, ed una maggiore possibilità di conciliare orari di vita professionale e privata.

E la sicurezza? Meno traffico, meno inquinamento, meno concentrazione di persone in luoghi chiusi (uffici, vagoni della metro, treni, autobus), più possibilità di conciliare impegni professionali e parentali (quindi genitori più presenti e figli più educati, perché più “guardati” con amore), più tempi liberi per le persone (si risparmiano tutti i tempi di viaggio) e quindi meno stress.

E più responsabilità: più condivisione di obiettivi, visione, missione tra i vertici aziendali ed i collaboratori.

Ora, sembra che molte aziende pensino di “tornare indietro”, di chiudere la parentesi Coronavirus riportando tutto come era prima.

Siamo sicuri che sia la via migliore?

Aspetto sempre commenti e considerazioni, se volete, all’indirizzo:

michele.donati.sicurezza@gmail.com.

Auguro a tutti una settimana sine cura.

 


Michele Donati

lunedì 7 settembre 2020