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Sindaco e infermiera.

Due Volte in prima linea contro il virus.

Sindaco e infermiera.

Può capitare che ci siano cose a cui non si è preparati. Un evento mondiale di questa portata, una pandemia terribile e del tutto nuova che ha colpito indistintamente tutti gli strati della società, persone di ogni età, sesso e razza, ha trovato, inevitabilmente, ognuno di noi impreparato.
Già la vita da Sindaco, di per sé, non è facile, ma ammetto che essere amministratore della propria comunità in tempi di Coronavirus è un’esperienza che difficilmente si potrà dimenticare: essere sempre sul pezzo, studiare decreti emanati all’ultimo minuto, fare ordinanze, prendere decisioni immediate, sentirsi la responsabilità addosso, proteggere al massimo i cittadini, essere dura ed intransigente quando necessario, esclusivamente a fin di bene, e sempre presente per tutti, soprattutto per i più fragili e soli.

 

Al ruolo di Sindaco, che ricopro da oltre dieci anni, nell’ultimo mese si è aggiunto anche quello da infermiera.
Dopo gli studi alla Facoltà di Interpreti e Traduttori di Forlì e in Letterature Comparate a Bologna, nel 2015 sono diventata infermiera ed ho iniziato a lavorare all’Ospedale Nefetti di Santa Sofia fino alla nascita di Penelope, la mia bimba.
Dopo tre anni di assenza, durante i quali ho ottenuto anche un Master in Coordinamento delle Professioni Sanitarie, ho accettato di tornare in corsia, sempre al Nefetti, richiamata in anticipo dall’Ausl per l’emergenza in atto.
Non ho potuto tirarmi indietro; in un momento particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo, ognuno di noi ha il dovere di fare la propria parte e nonostante i molteplici impegni, ho accettato con convinzione dando la mia disponibilità.
I due ruoli si somigliano molto: infatti, alla base ci deve essere passione, dedizione, competenza e amore per il prossimo.
Infermieri e Sindaci stanno combattendo una battaglia con un nemico invisibile. Su entrambi i fronti mi sento in trincea, ma del resto, amministratori ed operatori sanitari lo sono sempre in prima linea.
Non mi piace parlare di “eroi”, ancor più se circoscritto al momento, ma vorrei tanto che questi due ruoli fossero apprezzati e riconosciuti anche una volta terminata la pandemia.
Credo proprio che, una volta superata l’emergenza, continuerò a svolgere contemporaneamente, sia la professione in ospedale che l’attività in Comune e negli altri Enti Pubblici (sono anche Presidente del Consiglio dell’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese e Consigliere Provinciale FC).
Non è certamente facile conciliare doppio lavoro e famiglia, ma di sicuro non abbandonerò nemmeno l’attività che porto avanti da tanti anni come istruttrice in palestra e che mi permette di scaricare tutte le tensioni derivanti dalla vita iperattiva che conduco. Un toccasana per corpo e cervello a cui non posso rinunciare!
Tutto ciò grazie alla mia rete famigliare che mi supporta, un compagno straordinario che mi aiuta moltissimo e forse, un po’ di merito, anche al DNA multitasking che abbiamo noi donne.
La data del 18 maggio segnerà la ripartenza, un nuovo inizio, una purificazione da una quarantena che ha messo alla prova le nostre risorse emotive più profonde, ma a mio avviso non dobbiamo assolutamente, magari presi dall’euforia, dimenticare ciò che è stato, soprattutto per non ripiombare nello stesso incubo. Solo noi possiamo evitarlo continuando ad adottare le regole che ci hanno accompagnato in questi mesi, dall’igiene personale, ai presidi di protezione individuale,  al distanziamento sociale. Il destino del nostro futuro è adesso più che mai nelle nostre mani.
Galeata ha dato dimostrazione di essere una grande comunità rispettosa delle regole e sono convinta che continuerà ad esserlo anche in questa delicata fase di ripresa. Auspico che la responsabilità dei miei concittadini possa essere lo specchio di quella diffusa in tutta la Nazione.
Di sicuro, la grande sfida che ci attende sarà accompagnare i cittadini in questa transizione, abituarci ad una modalità di vita, soprattutto nella socialità, che per lungo tempo non potrà essere quella di prima, ed avere una visione di sviluppo che riconosca le “aspirazioni dei giovani” ed i “luoghi” (partendo dalle fabbriche per arrivare agli spazi della cultura) come punto di ripartenza, per disegnare un’etica ed una politica che siano all’altezza dei nostri desideri e delle sfide che la contemporaneità ci pone.


Elisa Deo

mercoledì 20 maggio 2020