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Le interviste di Diogene

Edelweiss Scuola Calcio Forlì.

Le interviste di Diogene

Una tra le  scuole calcio più storiche e conosciute è senza dubbio Edelweiss Scuola Calcio Forlì.

Tanti sono i calciatori che sono cresciuti in questa scuola. Intervistiamo Pier Roberto Pierucci, vicepresidente, che ci racconterà come loro affrontano questo momento così particolare.

 

 

Quest’anno, con la pandemia, siete riusciti ad organizzare l’attività in maniera alternativa?

Sì, abbiamo eseguito il protocollo della FIGC e abbiamo ricominciato con gli allenamenti subito a partire dalla riapertura del primo semestre. Da settembre l’attività era tornata quasi alla normalità, mentre ora con gli ultimi decreti l’attività è ridotta a esercizi di tecnica e di coordinamento (con la fascia d’età che va dai 5 ai 16 anni); usiamo ancora il pallone, ma non ci sono contatti tra i giocatori. È chiaro che le misure adottate atte a permettere l’attività sono state impegnative e dispendiose. Dalla disinfezione continua dei materiali mediante un vaporizzatore, alla misurazione della temperatura con il termoscanner, come l’utilizzo in entrata e in uscita della mascherina possiamo dire di riuscire a stare al passo di questo tempo drammatico.

Quale è stata la reazione dei vostri tesserati a questo secondo lockdown?

C’è stato un calo nella frequenza, dovuto probabilmente alla paura. Generalmente sia i grandi, sia i piccoli hanno reagito provando una certa frustrazione: i giocatori vorrebbero mettersi alla prova nelle partite, specialmente i più piccoli, mentre i grandi sono stati più comprensivi. Come scuola calcio siamo consapevoli che le attività di tecnica e di coordinamento abbiano una valenza non da poco, direi fondamentali, e che il calcio non sia solo “partita”. Provi lei a farlo intendere a dei ragazzini con meno di dodici anni, non è facile.

 

Cosa vi chiedono ora le famiglie e come comunicate con loro?

La comunicazione è costante con ogni gruppo d’età. Abbiamo una chat per i comunicati, per le autocertificazioni che richiediamo ogni due settimane, e per la gestione dei casi COVID. Attenzione, non abbiamo mai registrato dei casi di contagio nei nostri spazi, ma qualche volta ci è capitato di avere ragazzi entrati in contatto con positivi (o presunti tali), obbligandoci a mettere in atto le procedure per ogni gruppo coinvolto.

 

Quali provvedimenti suggerireste al governo?

Le associazioni dilettantistiche hanno un valore sociale importante, eppure non siamo considerate. Ad oggi, a fronte di perdite pari a una decina di migliaia di euro, ci è giunto dallo Stato un ristoro di 800 euro, risibile aggiungerei. Le federazioni poi non sono d’aiuto: quest’anno ci hanno fatto iscrivere, ovviamente abbiamo pagato, ma con la sospensione del campionato abbiamo buttato i soldi al vento. Lo Stato dovrebbe prenderci sul serio e aiutarci con misure adeguate. Siamo stati contattati dal comune di Forlì per un futuro – e diremo quasi certo- rimborso alle famiglie con difficoltà economiche, ma per il momento stiamo facendo tutto da soli.

Aggiungo che in generale allo sport non si dà l’importanza che si merita. Nelle scuole, per fare un esempio, non si fanno attività sportive o si fanno in misura insignificante. Siamo noi associazioni a spendere i soldi per entrare nelle scuole, quando riusciamo.

Con gli sponsor che sono scomparsi per via della crisi economica dettata dal virus, vorrei che lo Stato si applicasse di più anche per aiutare le famiglie in difficoltà.

 

Vuole fare un’ultima considerazione per i lettori di Diogene?

Come tanti, sono critico sulla gestione della pandemia, ma sarebbe come sparare sulla croce rossa… Ci sono situazioni da penale se si va a controllare i vari report fatti sui politici e sulle loro azioni in epoca COVID, ma il comune cittadino che cosa può fare se non ritrovarsi impotente in questa difficile situazione. Del resto queste problematiche sono emerse in tutto il mondo.


Bruno Pierre Bezerra Marques

lunedì 7 dicembre 2020