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Dante Alighieri influenzato dalle opere dell'ebreo Hillel da Forlì

Parallelismi sono riscontrabili fra la Divina Commedia e autori giudei

Dante Alighieri influenzato dalle opere dell'ebreo Hillel da Forlì

Non passa giorno senza che si abbiano notizie di progetti da attuare nel 2021 per ricordare il 700 anniversario della morte di Dante Alighieri. Alcuni addirittura propongono itinerari danteschi in luoghi della Romagna che sono citati dal poeta nella Divina Commedia ma nei quali Dante non è mai "approdato". Operazione più che legittima sulla quale ritornerò nei prossimi giorni, perché onestà vorrebbe che si dicesse quali sono stati effettivamente, in base a ricerche e a studi effettuati, i paesi e le città che hanno visto la presenza dell'illustre esiliato. 
 

Qui mi preme ricordare, anche in prossimità del 27 gennaio, Giornata della memoria, un ulteriore nesso fra Forlì e Dante che parte dalla documentata presenza in città di una significativa e inserita comunità ebraica fin dal Medioevo.
Risale al 2016 la pubblicazione del libro "La Forlì ebraica. Una storia tra integrazione e Shoah" di Francesco Gioiello, edito da Risquardi, che, come evidenzia il titolo, è un testo specifico sulla presenza ebraica a Forlì riscontrabile fin dal XIII secolo. Se inizialmente non mancarono difficoltà di coabitazione, il XIV e il XV secolo si rivelarono invece un periodo di integrazione amichevole e collaborativa tra ebrei e cristiani fino all'istituzione del Monte di Pietà. Purtroppo le Bolle papali del Cinquecento operarono una frattura netta tra i due nuclei anche se l'insediamento giudaico cittadino non scomparve. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento la comunità ebraica forlivese crebbe sotto il profilo economico e sociale. In città si trasferirono diversi ebrei stranieri che prestarono la loro opera come medici, ingegneri e commercianti. Poi le leggi razziali del 1938 diedero il via prima alla persecuzione dei diritti e poi a quella delle vite tra il 1943 e il 1944. Forlì divenne così paradigma della Shoah con gli eccidi dell'aeroporto: 19 delle 52 persone uccise erano infatti ebree.
La presenza di una fiorente comunità di Ebrei è ben documentata da aspetti che citerò per sommi capi: dall'esistenza d'una scuola ebraica fin dal XIII secolo al più antico esempio italiano di immagine araldica ebraica (1383) che proviene proprio da Forlì. Dallo statuto civico forlivese del 1359 che testimonia la stabilità della presenza degli Ebrei e dei loro banchi al fatto che, nel 1373, Bonaventura Consiglio e un socio prestarono 8.000 ducati ad Amedeo VI (1334 - 1383), Conte di Savoia e d'Aosta, avendone come garanzia la corona ed altri valori. Da ricordare inoltre che, nel Medio Evo, gli Ebrei a Forlì potevano possedere terreni e fabbricati. Nel Cinquecento, però, questa possibilità si restrinse ai soli fabbricati, anche a causa del passaggio della città al dominio diretto dello Stato della Chiesa. 
Nel 1390 e nel 1393 furono realizzati due libri illustrati di preghiera ebraici, provenienti
rispettivamente da Bertinoro e da Forlì, che attualmente sono conservati in Gran Bretagna.
Come sottolinea Francesco Gioiello, Forlì fu un importante centro di affari e di vita culturale ebraica, tanto che il 18 maggio 1418 vi si svolse un fondamentale congresso dei delegati delle comunità ebraiche di Padova, di Ferrara, di Bologna, delle città della Romagna e della Toscana, nonché di Roma, durante il quale furono adottate decisioni sul comportamento (etico e sociale) che gli Ebrei avrebbero dovuto tenere e si inviò una delegazione da Papa Martino V (1369 -1431) per chiedere la conferma degli antichi privilegi e la concessione di nuovi.
Da annotare infine che nel 1287 si stabilì a Forlì Hillel ben Samuel da Verona (1220 - 1295), rabbino, filosofo, medico, traduttore e studioso di scienze rabbiniche, che ebbe un ruolo rilevante nel rapporto fra le comunità ebraiche italiane ed europee. Gli storici accreditano la sua famiglia originaria di Verona, mentre di Hillel non si conosce la città di nascita. Studiò il Talmud a Barcellona con il rabbino Yonah Abraham Gerondi (1200 -1263) e si dedicò alla medicina a Montpellier in Francia. Poi si spostò a Capua dove conobbe il mistico e filosofo spagnolo Abramo Abulafia (1220 - 1291), che egli introdusse all'opera di Mosè Maimonide (1138 - 1204), anche lui filosofo, nonché rabbino, medico, talmudista, giurista, nativo di Cordova. Hillel operò
successivamente a Napoli, a Roma, a Ferrara. Di orientamento ghibellino, decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Forlì, roccaforte del ghibellinismo in Romagna e in Italia. 
Quando infuriò la polemica sull'accoglimento o meno dell'opera di Mosè Maimonide, da molti accusato di eccessivo razionalismo, Hillel difese energicamente il maestro, anche con l'opera Tagmulé ha-Nefesh (Le ricompense dell'anima), composta nella nostra città tra il 1288 e il 1291.
Sempre da Forlì, Hillel invio due lunghe lettere a Isacco ben Mordecai (XIII -XIV secolo), più conosciuto come Maestro Gaio, medico, filosofo italiano e primo ebreo ad essere nominato archiatra papale al servizio dei pontefici Niccolò IV (1227 -1292) e Bonifacio VIII (1230 - 1303), in cui gli chiedeva di non aderire al movimento favorevole alla condanna di Maimonide e Mordecai in effetti seguì con interesse le nuove idee.
Occorre sottolineare che Hillel fu molto influenzato dal pensiero cristiano: rimase attratto in particolar modo da San Tommaso d'Aquino, al punto da essere stato definito "il primo tomista ebreo della Storia". Nell'opera "Tagmulé ha-Nefesh" riportò una traduzione del "De unitate
intellectus" di San Tommaso, di cui riprende anche le argomentazioni per dimostrare l'immortalità individuale dell'anima e lo indica come "il Maimonide della sua epoca, capace persino di rispondere a domande che il Maestro aveva lasciato irrisolte".
Numerosi studiosi sostengono essere molto probabile che le opere ed il pensiero di Hillel abbiano potuto influenzare Dante Alighieri, a causa di alcuni parallelismi che sono stati riscontrati tra la Divina Commedia e autori ebrei. D'altra parte lo studioso ebreo operò in città nel momento della sua massima celebrità e maturità tanto che fu denominato "Hillel da Forlì", e Dante visse per diverso tempo, presso gli Ordelaffi, proprio pochi anni dopo la morte di Hillel. La circostanza fa propendere a favore della possibilità che Dante ne abbia sicuramente conosciuto le opere.

 


Gabriele Zelli

venerdì 22 gennaio 2021