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SALVIAMO LA SEGAVECCHIA

GRAZIE Al GRUPPO “SALVIAMO LA SEGAVECCHIA” L’EDIZIONE 2018 SARÀ TUTTO CUORE E PARTECIPAZIONE

SALVIAMO LA SEGAVECCHIA

Dopo l’incertezza dovuta ai noti motivi burocratici, dal 10 al 18 marzo a Forlimpopoli torna la Segavecchia, la classica festa di metà Quaresima. Quest’anno la Segavecchia sarà possibile grazie all’impegno di un gruppo di cittadini che si è rimboccato le maniche e che, per non lasciare morire una tradizione ultracentenaria, ha organizzato una manifestazione che non avrà nulla da invidiare a quelle delle passate edizioni.

“Anzi – affermano i membri del gruppo guidato da Leopoldo Brunelli, Davide Briganti, Francesca Gaspari e Mirco Campri – l’edizione 2018 avrà ancora più cuore, il cuore dei forlimpopolesi che hanno voluto a tutti i costi salvare la loro festa”. “Salviamo la Segavecchia” ha prodotto e distribuito gratuitamente nelle attività cittadine dei totem con il logo del gruppo, raffigurante il viso della Vecchia, perché la Segavecchia è patrimonio della collettività e a darle vita sono tutti quelli che vivono e amano Forlimpopoli. Tutto è partito sui social network: il gruppo Facebook che porta il nome di “Salviamo la Segavecchia”, un vero e proprio slogan, in pochi giorni ha ottenuto oltre mille adesioni. Scopo del gruppo è raccogliere fondi da destinare all’Ente Folkloristico e Culturale Forlimpopolese, da anni organizzatore della Segavecchia, e fare in modo che, nelle prossime edizioni della festa, possano essere risolti tutti i problemi burocratici inerenti a permessi e sicurezza.Perciò, oltre all’immancabile luna park, tante saranno le iniziative e le promozioni, ideate per far divertire la gente e soprattutto i bambini, che movimenteranno i nove giorni della manifestazione. Quest’anno, per i noti motivi legati alla sicurezza, non ci saranno i carri allegorici, ma adulti e bambini sono invitati a partecipare alla sfilata a piedi, organizzandosi in gruppi che percorreranno le vie principali del centro e arriveranno nel cuore della città. Per raccogliere fondi verranno inoltre distribuiti salvadanai creati per l’occorrenza e i proprietari del luna-park, come tutti gli anni, offriranno alle famiglie residenti nei comuni di Forlimpopoli e Bertinoro, i biglietti da utilizzare nelle “Giornate del Ragazzo”, il cui ricavato sarà messo a disposizione del comitato pro Segavecchia. L’edizione 2018 aprirà così i battenti sabato 10 marzo e, come di consueto, vivrà i momenti più intensi domenica 11 marzo e, ancor più, domenica 18 marzo con il taglio della Vecchia.A proposito della Segavecchia scrivono nel libro “Calendario e tradizioni in Romagna” Giuseppe Bellosi e Eraldo Baldini, quest’ultimo ospite della passata edizione della festa: «È il periodo della frutta secca, che si mangia in tal giorno ed è chiamata la vëcia; si dice magnê la vëcia (…) C’è chi ha visto nella festa di mezza Quaresima un’appendice del Carnevale e nell’uccisione della Vecchia un equivalente dell’uccisione del Carnevale (…) Certo assistiamo a uno sconfinamento del Carnevale nella Segavecchia, caratterizzata da elementi carnevaleschi: i carri, le maschere, il carattere caotico della festa, l’abbondanza di cibo e di intrattenimenti, l’uccisione del fantoccio. Ma la Vecchia – con quella cascata di frutti, di cibo, di ‘abbondanza’ che esce dal corpo segato – è qui un arcaico simbolo tellurico: è la terra gravida di frutti, dopo che la forza fecondativa scatenata dall’orgia carnevalesca è arrivata nel suo grembo. Lo squarcio prodotto dalla sega prelude e stimola – per magia imitativa – il parto della terra gravida dei futuri frutti e raccolti. (…) il conflitto tra l’inverno che non vuole cedere il passo e la bella stagione che vuole arrivare». Ciò che è certo è che, anche quest’anno, per nove giorni, dall’11 al 18 marzo, Forlimpopoli si riempirà di suoni, luci, colori e di eventi ludici e culturali. Migliaia di persone si riverseranno nelle vie e nelle piazze dell’accogliente cittadina romagnola, situata tra Forlì e Cesena, ai piedi della collina di Bertinoro. E il suo successo sta proprio nel fatto che la Segavecchia non è solo giostre, musica e divertimento ma è anche un mezzo prezioso e insostituibile per trasmettere alle nuove generazioni le antiche tradizioni della terra e i valori dell’incontro e della socialità.

La Vècia di Leopoldo Brunelli

 

C’era una volta una vecchia, ma tanto vecchia che nessuno sapeva esattamente quanti anni potesse avere, tutti la chiamavano La Vècia e tutti gli anni, nonostante l’età, lei si presentava al paese che l’aspettava in festa e veniva portata, su un carro addobbato in stile carnevalesco e carico di bambini in maschera, fino al centro della piazza circondata dalla folla.

C’era musica, si ballava e altri carri mascherati seguivano in una sorta di sfilata, attraversando il paese.

La festa era sempre accompagnata dalle giostre del luna park che diffondevano musica e luci colorate che si sentivano e vedevano da lontano arrivando al paese, e sempre più gente accorreva ogni anno.

Un giorno la Vècia si ammalò improvvisamente, si sentiva debole e non aveva più voglia di fare festa per cui pregò gli amici carri mascherati di non disturbarla e di andare a festeggiare altrove.

La notizia della Vècia malata piano piano si divulgò nel paese e arrivò alle orecchie dei bambini che increduli cominciarono a chiedere spiegazioni, ma nessuno sapeva esattamente cosa stava succedendo, solo si sapeva che la Vecchia non voleva vedere più nessuno.

Allora un anziano del paese andò a trovare la Vècia e la trovò barricata in casa con finestre chiuse e luci spente.

Le spiegò che non poteva rimanere chiusa al buio, che così non sarebbe mai guarita, e i suoi bambini preoccupati la stavano aspettando al paese per fare festa.

La Vècia allora aprì una finestra e lasciò entrare un raggio di sole che la abbagliò facendole scendere una lacrima che solcò il viso, asciugandosi gli occhi si mise a sedere e ascoltò l’anziano che con una vocina debole e serena le disse : “I tuoi bimbi ti stanno aspettando, ora tocca a te decidere se rimanere ferma priva di luce, o tornare fuori illuminata dal sole insieme a loro”.

Poi l’anziano si alzò in piedi e senza aggiungere altro salutò la Vècia e si diresse verso la porta, ma prima che riuscisse ad aprirla, lei lo fermò e gli disse: “Porta i miei saluti ai miei bambini e di loro che mi rimetterò in sesto per venire alla festa, ma che la mia debolezza non mi permetterà di caricarli sul carro con me, ma potranno accompagnarmi in maschera a piedi”.

L’anziano le sorrise e voltandosi le disse:”Grazie, riferirò”.


Marco Viroli

venerdì 9 marzo 2018