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Parco Annalena Tonelli di Gabriele Zelli

Parco Annalena Tonelli di Gabriele Zelli

Dietro all’ex Palazzo Becchi, tra via Guglielmo Oberdan e via Nazario Sauro, su una gran parte dell’area un tempo occupata dai reparti di fabbricazione delle stufe della Ditta Becchi si sviluppa oggi un’area verde intitolata a Annalena Tonelli, Medaglia d’Oro al Valore Civile alla memoria, con la seguente motivazione ufficiale: “per l’instancabile, silenzioso e appassionato impegno a favore dei profughi e dei rifugiati somali, vittime dell’analfabetismo, delle malattie infettive, della malnutrizione e della mutilazione femminile, fino alla barbara mortale aggressione, subita il 5 ottobre 2003, nei pressi dell’Ospedale di Borama, da lei stessa fondato. Fulgido esempio di coerenza, di senso di abnegazione e di rigore morale fondato sui valori più alti della convivenza civile e degli ideali di giustizia e solidarietà sociale”.

Nata a Forlì il 2 aprile 1943, Annalena Tonelli spese circa trentatré anni della propria vita come volontaria in Africa. Dopo la laurea in Giurisprudenza e dopo “sei anni di servizio ai poveri di uno dei bassifondi della mia città natale, ai bambini del brefotrofio, alle bambine con disabilità mentale e vittime di grossi traumi di una casa-famiglia”, nel 1969 la venticinquenne Annalena si spostò in Africa grazie alle attività del Comitato per la Lotta Contro la Fame nel Mondo di Forlì, che aveva contribuito a fondare, ancora oggi attivo. Insignita il 25 giugno 2003 dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del prestigioso Premio Nansen per l'assistenza ai profughi (Nansen Refugee Award), il 5 ottobre dello stesso anno, Annalena Tonelli venne uccisa a colpi d'arma da fuoco da un commando di terroristi islamici.

 

L'area verde si caratterizza per la presenza di numerosi tigli piantati in concomitanza con la realizzazione degli edifici che sovrastano la Galleria Vittoria, realizzati su progetto dell'ingegner Giorgio Zagatti, adibiti a appartamenti e a uffici (fino a qualche anno fa gran parte degli uffici erano occupati dalla sede della Direzione dell'AUSL 38), mentre al piano terra i locali adibiti a negozi hanno avuto alterne vicende e fortune. Al centro del giardino è attivo un bistrot denominato "La Fiasca", in omaggio all'opera "Fiasca con fiori", donata alla Pinacoteca Civica dal conte Pietro Guarini; una delle nature morte più significative del panorama pittorico italiano del Seicento. 

Adiacente al Giardino Annalena Tonelli sorge un palazzo che si estende fino all’angolo fra corso della Repubblica con via Oberdan. Alzando gli occhi, è impossibile non notare sulla facciata il grande stemma della Becchi. Intorno al 1850 il muratore Pietro Becchi osservò come i sistemi di riscaldamento in uso avessero un bassissimo rendimento, in quanto appoggiati alle pareti su almeno due lati. Il giovane Becchi comprese che, costruendo stufe distaccate dalla struttura muraria delle case, il calore prodotto si sarebbe diffuso su tutti e quattro i lati senza dispersioni. Quella brillante intuizione fece di Forlì, per oltre ottant’anni, una delle capitali europee della produzione di stufe in cotto, un periodo d’oro che durò dal 1870 al 1953. Becchi avviò così la produzione dei suoi prodotti innovativi sperimentando materiali e modelli diversi, tanto che, già nel 1870, l‘azienda era in grado di proporre una gamma di circa quindici modelli. In breve la “Ditta Becchi Pietro – via Nazario Sauro – Forlì” divenne sinonimo di qualità, efficienza ed eleganza. Ma la vera svolta si ebbe quando, verso la fine dell’Ottocento, fu immessa sul mercato la stufa in cotto a cassettoni, il cui progetto rimase pressoché invariato fino al 1963, anno della sua uscita di produzione. Questo nuovo manufatto adottava una soluzione volta ad aumentare il giro dei fumi caldi prima dell’espulsione dalla canna fumaria, in modo tale da garantire rendimenti molto più elevati rispetto al passato. Con questa nuova stufa l’azienda Becchi, tra il 1865 e il 1910, raccolse riconoscimenti un po’ ovunque e specialmente nel bacino del Mediterraneo e in Sud America, portando la produzione a livelli notevoli e dando lavoro a centinaia di Forlivesi.

Pietro Becchi morì nel 1906. Nonostante questo l’azienda continuò il suo cammino di sviluppo. Negli anni Trenta del secolo scorso venne avviata la produzione di impianti di riscaldamento centralizzati, un’operazione che interessò ogni nuova costruzione, mettendo in crisi la produzione di stufe in cotto. Dal 1930 venne poi intrapresa anche la fabbricazione di cucine economiche in lamiera stampata.

Artefice del progetto di ampliamento dello stabilimento Becchi in via Nazario Sauro nel 1937 fu l’ingegnere Luigi Szegò. Nel 1940 Szegò fu cancellato dall’Ordine degli Ingegneri per motivi razziali. Vi venne riammesso solo nel 1946, terminata la Seconda Guerra mondiale.

Oramai soffocati nella vecchia sede, nel 1963 gli stabilimenti furono trasferiti dal centro della città a Villanova, dove tuttora risiedono col nome di Electrolux Products Italy Spa. Per un certo periodo in corso della Repubblica vennero mantenuti alcuni uffici amministrativi che poi furono anch’essi trasferiti a Villanova.

Il palazzo Becchi di via Gugliemo Oberdan 2 è stato fino a qualche anno fa sede della Scuola Superiore di Lingue Moderne per Traduttori e Interpreti dell’Università di Bologna. Ora è sede del Centro di Formazione permanente per gli adulti. 

 

Una lapide posta il 9 novembre 2008 a fianco dell’entrata del parco commemora un drammatico episodio della Resistenza forlivese. Questo è il testo dell’epigrafe: CITTÀ DI FORLÌ / IN QUESTO LUOGO, LA SERA DEL 29 OTTOBRE 1944 / UNDICI GIORNI PRIMA DELLA LIBERAZIONE DI FORLÌ / DALL’OPPRESSIONE NAZIFASCISTA / IL GAPPISTA PARTIGIANO  / PINO MARONI / VENNE CATTURATO DA UNA PATTUGLIA TEDESCA / INSIEME A DUE GIOVANI PATRIOTI. / CON LUCIDO CORAGGIO SACRIFICÒ LA VITA / PER CONSENTIRE LA FUGA E LA SALVEZZA / DEI SUOI COMPAGNI DI LOTTA. / L’IMPAVIDO GESTO E L’IMPEGNO PROFUSO / NELLA RESISTENZA / PER UN’ITALIA LIBERA E GIUSTA / GLI VALSERO / LA MEDAGLIA D’ARGENTO ALLA MEMORIA / Q.M.P. / NOVEMBRE 2008.

Pino Maroni, commissario politico del 1° distaccamento G.A.P. di Forlì, insieme a due giovani partigiani diciottenni era intento a recuperare armi nascoste nei locali del calzaturificio Zanotti, sito in via Giorgio Regnoli. I partigiani vennero sorpresi da tre soldati tedeschi che li costrinsero ad avviarsi verso corso Vittorio Emanuele (l’attuale corso della Repubblica), passando da via Oberdan. Approfittando del buio, Maroni tentò una sortita. Poco prima di imboccare il corso principale si rivolse ai suoi in dialetto romagnolo dicendo: “Quând a rogg, scapì sènza vultèv” (quando urlo, scappate senza voltarvi). Così fece. I ragazzi riuscirono a fuggire e, correndo a perdifiato, raggiunsero la zona dell’attuale viale Bolognesi, dove si trovava una casa colonica con una siepe di spini che si prolungava fino a via Decio Raggi. Qui si nascosero e attesero il mattino per fare ritorno a casa. Pino Maroni invece estrasse le due pistole che aveva con sé e sparò ai soldati tedeschi, ingaggiando un combattimento a fuoco ravvicinato. Il coraggioso partigiano cadde ferito e fu trasportato al comando delle S.S. che si trovava all’inizio del corso, nel palazzo che era allora sede della Previdenza Sociale, oggi Banca di Forlì. Qui venne brutalmente torturato fino al decesso. Il corpo fu sepolto in piazzale della Vittoria nel giardino della Stazione Agraria, l’attuale sede della Facoltà di Economia e Commercio.

 

A poca distanza dall’area verde dedicata ad Annalena sorgono le case popolari il cui ampio fronte principale dà su viale Giacomo Matteotti e va da via Giorgio Regnoli a piazzale Savonarola. I lavori per la consegna di quaranta nuovi appartamenti su viale Fratti (l’attuale viale Matteotti) vennero ultimati nel 1911. L’edificio sorgeva sulle solide fondamenta delle antiche mura cittadine, demolite pochi anni prima. L’iniziativa fu condotta dal Municipio sotto la cui competenza sorse l’Istituto Autonomo Case Popolari, presieduto dal prosindaco Giuseppe Gaudenzi. Oggi in uno di quegli edifici ha sede l’ACER (Azienda Casa Emilia Romagna della Provincia di Forlì-Cesena) che ha raccolto l’eredità dell’I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari). Una decina di anni or sono le palazzine sono state restaurate e mantengono tuttora un aspetto dignitoso.

 

Foto Fabio Casadei


Redazione Diogene

martedì 27 agosto 2019