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Forlimpopoli

Parco urbano

Forlimpopoli

La città di Forlimpopoli, sita in pianura lungo la Via Emilia tra Forlì e Cesena, è circondata da una campagna coltivata intensamente e fortemente antropizzata. Nei programmi dell'Amministrazione Comunale prese forma, anni fa, l'ipotesi di dotare la località di verde pubblico di qualità con la realizzazione di un grande parco. Una vasta area adibita a una funzione ricreativa e nello stesso tempo in grado di mitigare il microclima urbano, di produrre ossigeno e di abbattere la produzione di anidride carbonica, ritenuta la principale fonte di gas serra nell'atmosfera terrestre che, insieme ad altri gas, contribuisce al surriscaldamento globale con gli effetti devastanti ai quali assistiamo purtroppo con cadenze regolari.

Nel 2006 nella zona di via Marconi, verso la Panighina, contestualmente alla realizzazione di una nuova area residenziale e alla piscina comunale, il Comune di Forlimpopoli ha voluto realizzare il parco urbano, che inizialmente aveva un'estensione di 5 ettari. Attualmente, dopo l'ultimo ampliamento del 2013, l'area verde misura circa 13 ettari, di cui una buona parte è costituita da boschetti urbani dedicati ai bambini nati a Forlimpopoli negli ultimi 18 anni e per il resto da prato. Il parco è attraversato da piste ciclo-pedonali, è dotato di un'ampia area giochi ed i possessori di cani possono utilizzare una comoda area di sgambatura posta all'interno. Nella piazzetta realizzata al centro del parco è presente un cippo in memoria dei "Pastori degli alberi"(onorificenza di alto volontariato civile, istituita dal Comune artusiano che comporta l'incarico di cura e custodia del verde pubblico con particolare attenzione agli “alberi dei bimbi nati” e al “bosco per la città”) ed una fontanella appositamente studiata per servire anche le persone diversamente abili.
Fin dal 1992 il Comune di Forlimpopoli ha istituito la "Festa dell'albero", durante la quale viene messa a dimora una pianta per ogni bambino nato. Questa semplice azione ha fatto crescere nel centro urbano un bosco con più di 3000 alberi. La principale area dedicata allo sviluppo di questo bosco è proprio il parco urbano, dedicato a Luciano Lama. Ogni anno con l'aiuto e la collaborazione delle associazioni di volontariato ambientaliste vengono messe a dimora nuove alberature provenienti dai vivai forestali; ciascuna delle piantine è dotata di un palo tutore con targhetta che indica nome e data di nascita del bambino e viene affidata ai genitori durante la festa pubblica. L'ubicazione del bosco in pieno centro urbano facilita la visita e la cura dei giovani alberi da parte delle famiglie che vedono negli anni crescere i propri figli assieme al relativo albero.

Il Parco Urbano di Forlimpopoli è stato dedicato, come già accennato, a Luciano Lama, partigiano, segretario nazionale della CGIL, vicepresidente del Senato della Repubblica. Nato in Romagna, nella cittadina di Gambettola nel 1921, figlio di un capostazione delle ferrovie, nel 1943 completò gli studi universitari laureandosi a Firenze con Piero Calamandrei. Durante la Seconda guerra mondiale, era ufficiale di complemento nella fanteria e si trovava nei pressi di Cesena quando una staffetta portò la notizia dell'armistizio. Luciano Lama aderì allora alla Resistenza divenendo ben presto un comandante partigiano. Combatté prima nell'ottava Brigata Garibaldi e poi nelle file della Resistenza forlivese dove, grazie anche all'esperienza militare acquisita, fu nominato capo di stato maggiore del ventinovesimo Gruppo d'azione patriottica (Gap) "Gastone Sozzi", formazione che operò attivamente per quasi un anno. Nel settembre 1944 Lama prese contatto con il Comando alleato e concordò un piano tattico comune per la sollecita liberazione della città e fu alla testa dei partigiani che liberarono, insieme ai soldati dell'Esercito Alleato, Forlì dall'occupazione nazifascista. A liberazione avvenuta, quando aveva 23 anni, venne nominato segretario della ricostituita Camera del lavoro unitaria provinciale di Forlì sotto l'egida del Comitato di liberazione nazionale (CLN), dove erano presenti i rappresentanti di tutti i partiti democratici, comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, socialdemocratici e repubblicani.
Nel '47 fu eletto fra i sette vicesegretari del leader storico della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, che individuò nel giovane romagnolo il proprio erede. Infatti, dopo diversi incarichi in varie federazioni sindacali della CGIL, nel 1970 Lama fu eletto segretario generale dello stesso sindacato, carica che ricoprì per ben 16 anni. Eletto al Senato nel 1987, fu vicepresidente di Palazzo Madama fino al 1994, nel periodo in cui presidente era Giovanni Spadolini. 
Nel 1988 venne eletto sindaco di Amelia, cittadina in provincia di Terni, dove da tempo possedeva una casa di campagna. Venne riconfermato nelle elezioni del 1994, le prime che prevedevano l'elezione diretta del sindaco, e restò in carica sino alla sua morte avvenuta nel 1996.

Forlimpopoli può anche vantare, limitrofa al centro storico, un'oasi naturale facilmente raggiungibile dalla strada che conduce a Meldola. Un vero e proprio parco fluviale con specchi d’acqua, vegetazione, stagni ricchi di anfibi e trampolieri che fanno della zona un vero e proprio scrigno ricco di biodiversità, riconosciuto a livello europeo come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Meandri del Fiume Ronco”. Informazioni sull'area, che è speculare alla parte forlivese descritta nell'articolo che ho dedicato al Ronco Lido, sono contenute nel sito dell'omonima Associazione pro salvaguardia area fluviale del Ronco "I Meandri", che si è costituita allo scopo di valorizzare quella parte di territorio. Dalla descrizione si apprende che l'oasi si estende su una superficie di 230 ettari e che Il parco accompagna lo scorrere del fiume Ronco verso la pianura lungo il tratto che attraversa le frazioni di Magliano e Selbagnone. Una cornice ideale per attività sportive, ricreative, uscite didattiche ed escursioni nel verde e un prezioso angolo naturale ricco di specie rare e, quindi, laboratorio per studi tassonomici ed ecologici. Si tratta di un piccolo gioiello incastonato in mezzo ad una pianura dalle colture classiche per questa zona e molto antropizzata, da proteggere con cura per il grande numero di specie rare che in esso hanno trovato rifugio.
Nell'area protetta che costituisce il cuore del parco, è preponderante l’habitat di specie igrofile quali: pioppo nero, pioppo bianco e salice. Non vanno, però, dimenticate le praterie aride, dove si possono osservare splendide fioriture d’orchidee, in particolare del genere Ophrys.
Altra caratteristica della zona è la presenza di bacini, originati dalla attività dell’uomo. Dopo il 
Secondo conflitto mondiale si sono infatti insediate nella zona tra Meldola e Selbagnone diverse attività estrattive che, con il loro lavoro, hanno generato una serie di laghi di diversa profondità, successivamente riempiti dalle acque di falda. Questi invasi sono il cuore pulsante dell'oasi, perché i molteplici habitat protetti, che sono in essi presenti, sono importantissimi per la riproduzione e la sopravvivenza dell’avifauna e degli anfibi.
Numerose le specie protette di pesci, come Lasca, Vairone e Barbo o di anfibi, come i Tritoni. Fra i rettili, va ricordata l’ormai rara testuggine palustre che qui trova gli ultimi luoghi di riproduzione.
Oltre 80 le specie nidificanti di uccelli; anche superiori quelle che frequentano, senza riprodursi, le aree umide del complesso. Fra le tante, citiamo il Martin Pescatore, il Tarabusino e il Marangone Minore. Numerosa la presenza di mammiferi, dall’elusiva puzzola, al comune capriolo, passando per istrici e tassi.
Da ricordare, infine, che l’area possiede anche un forte carattere archeologico e storico. Il Parco Fluviale infatti ospita al suo interno il canale Doria e quello che resta dei relativi mulini, Villa Paulucci Merlini e l’annesso parco di alberi secolari, l’Acquedotto Spinadello e il ponte romano.
Su un ramo del fiume, probabilmente regimentato in alcuni punti dal lavoro dell'uomo tanto da poterlo definire canale, si insediarono le attività che avevano bisogno di forza motrice. Il canale serviva prima il Molinaccio e la Gualchiera, poi il mulino di Selbagnone che ha operato dal 150 D.C. al 1957. La ricchezza di questo mulino era dimo­strata dalla “visenda”, cioè dalla ca­pacità di non fare attendere i contadini per la macinatura, data la pre­senza di scorte di farina già macinata. Questo antico corso d'acqua fu sostituito, in seguito ad una modifica dell'alveo del Ronco, dal canale Doria, che ha origine in prossimità del ponte dei Veneziani a Meldola. Si tratta di un vero re­perto di archeologia industriale, anche se mancante della parte termi­nale in quanto durante il passaggio degli Alleati venne danneggiato il ponte sopraelevato che attraversava il fiu­me stesso.

A proposito di archeologia, è bene ricordare che a Forlimpopoli ha sede uno dei principali musei di questo settore. Fondato nel 1961, è ospitato nelle suggestive sale al pianterreno della Rocca, fra i più importanti dell'intera Regione, ed è abilmente diretto da Silvia Bartoli, che qualche anno fa ne ha curato anche il nuovo allestimento. Per cui la storia della nascita della città è stata ampiamente studiata, come si può desumere dai siti del Comune e del Museo. Le più antiche tracce del popolamento del territorio risalgono al Paleolitico Inferiore e sono documentate dal rinvenimento di numerosi manufatti, conservati proprio presso il locale Museo Archeologico, intitolato a Tobia Aldini, che ne ha ricoperto la carica di direttore dal 1972 al 2003. I reperti più antichi risalgono a circa 800 mila anni fa e sono assimilabili alla medesima industria litica del più celebre sito preistorico, quello di Ca’ Belvedere di Monte Poggiolo di Forlì. In epoca protostorica il territorio fu sicuramente popolato anche se non con continuità; la causa di questo va ricercata presumibilmente in condizioni climatiche e ambientali non particolarmente favorevoli all’insediamento umano. Dal III secolo a.C. si diede avvio a un imponente intervento di bonifica agraria e di colonizzazione della pianura da parte dei Romani, documentato, dalle tracce, tuttora visibili, della centuriazione. Sul tracciato della Via Aemilia (realizzata nel 187 a.C.) fu realizzata la città di fondazione romana, il Forum Popili che pare derivare il suo nome da quello del console Popilio Lenate. Egli, nel 132 a.C., fece costruire la via Popilia, un importante asse viario, che doveva collegare questa parte della pianura romagnola con la costa adriatica.
Il nuovo centro divenne municipium dopo l’89 a.C. e dal I secolo d.C. Forlimpopoli raggiunse un inaspettato sviluppo economico e urbanistico legato alla fondazione del porto di Classe, presso Ravenna, e allo stanziamento della flotta navale imperiale a controllo dell’Adriatico settentrionale. L’economia locale si fondava sull’agricoltura e prosperava con i commerci e le attività artigianali. Da ricordare che le fornaci locali produssero, dalla metà del I secolo d.C. ai primi decenni del III secolo, una straordinaria quantità di anfore, dalla forma originale, destinate alla conservazione e alla commercializzazione del vino nelle diverse parti dell’Impero, vino che si produceva in quantità nelle zone collinari limitrofe.
Sempre dal sito del Comune si apprende che intorno alla metà del III secolo d.C. iniziò per Forlimpopoli un progressivo declino: tanto che il centro lentamente si spopolò, ampie zone dell’abitato vennero abbandonate. La decadenza proseguì per tutto l’Alto Medioevo e interessò anche il territorio circostante: le fertili campagne, sconvolte dalle esondazioni dei fiumi, furono abbandonate. Successivamente, fra il IV e il V secolo, tutta l'area forlimpopolese entrò nell’orbita dell’Esarcato di Ravenna e divenne, con l’ateniese Rufillo, suo primo vescovo, sede episcopale. Nel 663, secondo il racconto di Paolo Diacono, la città subì la prima distruzione ad opera dell’esercito del re longobardo Grimoaldo.
La rinascita dell'abitato e delle attività produttive avvenne fra il X e il XII secolo. Ottenuta nella prima metà del XII secolo l’autonomia comunale, Forlimpopoli partecipò alle lotte tra Chiesa e Impero. Entrata in crisi l’istituzione comunale, la città subì le mire espansionistiche di Forlì e passò sotto il dominio della potente famiglia degli Ordelaffi. Nel 1359, dopo la resa di Forlì alle truppe pontifice guidate dall’Albornoz, inviato in Romagna a rappacificare le città ribelli, Forlimpopoli rimase l’ultimo baluardo della resistenza "ordelaffa" contro il Papa e fu vittima delle pesantissime ritorsioni inflitte dal cardinal legato. Nei primi mesi del 1361 la città capitolò e venne rasa al suolo. La sede vescovile venne trasferita a Bertinoro e le spoglie del protovescovo Rufillo, patrono della città, furono traslate nella chiesa forlivese di San Giacomo della Strada (poi in Santa Lucia), faranno ritorno a Forlimpopoli nel 1964. 
La punizione inflitta dall’Albornoz alla popolazione fu esemplare. Solo nel 1379 Forlimpopoli venne riconsegnata dal Pontefice a Sinibaldo Ordelaffi che avviò i lavori di costruzione della nuova cinta muraria e della rocca. Gli Ordelaffi manterranno il dominio sulla città, con alterne vicende, fino al 1504. È a Pino III Ordelaffi che si deve un imponente intervento di potenziamento e rafforzamento delle mura e della rocca, attuato a partire dal 1471, al fine di adeguare le obsolete strutture alle esigenze difensive imposte dall’utilizzo delle nuove armi da guerra. Alla morte di Pino, nel 1480, la città seguì i destini di Forlì dapprima sotto la signoria dei Riario-Sforza, quindi sotto il dominio di Cesare Borgia, il Valentino. Con la morte di Antonio Ordelaffi, nel 1504, e l’estinzione della famiglia, Forlimpopoli venne concessa dal Pontefice in vicariato dapprima ai Rangoni, quindi agli Zampeschi: sotto la signoria di Antonello e di Brunoro II, Forlimpopoli divenne sede di una corte "principesca" e visse un momento di rinascita delle arti e delle lettere. Alla morte di Brunoro (1578), la città ritornò sotto il controllo diretto del Pontefice che ne manterrà il dominio fino all’arrivo delle truppe francesi alla fine del Settecento. Dopo la "bufera" napoleonica, con la restaurazione Forlimpopoli rientrò a fare parte dello Stato Pontificio. Durante il Risorgimento, gli abitanti parteciparono attivamente ai moti insurrezionali, in particolare a quelli del 1831, e numerosi presero parte come volontari alle guerre d’Indipendenza e alla spedizione dei Mille.
Il 25 gennaio 1851 Forlimpopoli subì l’assalto della banda del brigante Stefano Pelloni, il celeberrimo Passatore. I banditi, penetrati di notte in città, irruppero nel teatro e sotto la minaccia delle armi si fecero consegnare dai cittadini più abbienti gioielli e denaro. La stessa famiglia di Pellegrino Artusi (1820-1911) fu derubata dai briganti nella casa che sorgeva sulla piazza principale di Forlimpopoli. In seguito a questa triste vicenda, gli Artusi decisero di trasferirsi a Firenze: qui Pellegrino diede alle stampe un’opera destinata a ottenere un successo straordinario, "La scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene" (1891), un manuale di gastronomia conosciuto in tutto il mondo.
La città fu raggiunta dalla linea ferroviaria Bologna-Ancona nel 1861, subito dopo l'Unità d'Italia.  Le scuole magistrali istituite per interessamento del poeta Giosuè Carducci, che ebbero come direttore anche suo fratello Valfredo, vennero frequentate dal giovane Benito Mussolini che qui ottenne, nel 1901, il diploma da maestro. Divenuto capo del governo, Mussolini si ricorderà di Forlimpopoli facendovi realizzare importanti opere pubbliche (fra cui l’acquedotto e l’ampliamento dell’Istituto Magistrale). La città subì pesanti danni nel corso del secondo conflitto mondiale a seguito del passaggio del fronte, con un tragico bilancio di perdite di vite umane. Forlimpopoli venne liberata il 25 Ottobre 1944 e sarà ricostruita grazie alla tenacia dei suoi abitanti che, numerosi, hanno offerto un contributo determinante nella lotta di Liberazione.

Foto Fabio Casadei


Gabriele Zelli

giovedì 7 novembre 2019