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Tre domande a Simona Micheletti

Tre domande a Simona Micheletti

Anche sul territorio romagnolo si sta affermando sempre di più una nuova disciplina, denominata “medicina integrativa”, che si aggiunge ai trattamenti specifici delle varie patologie per migliorare non solo la qualità della vita dei pazienti, ma anche gli stessi esiti clinici delle cure. Ne è un esempio la pratica dello yoga, della quale lo studio “Yogart”, avviato presso l’Irst Irccs di Medola, con il sostegno dell’Istituto Oncologico Romagnolo, indaga l’efficacia nel contrastare gli effetti collaterali della radioterapia sulle pazienti operate di tumore al seno. Di questo progetto parla Simona Micheletti, medico radioterapista dell’Istituto meldolese e principal investigator dello studio.

Com’è nata l’intuizione di accostare lo yoga alle cure tradizionali?

 

È stato naturale sposare il mio lavoro di radioterapista con lo yoga, che studio da dieci anni. Nel mio ultimo viaggio negli Stati Uniti ho potuto toccare con mano come questa e altre discipline siano già inserite nella pratica clinica e mi sono chiesta come poter fare lo stesso, a partire dai dati della letteratura scientifica. Esisteva già uno studio relativo agli effetti dello yoga nel gestire l’astenia dovuta alla radioterapia, condotto dalla University of Texas M.D. Anderson Cancer Center. Lo studio americano, però, si basa solo sulle valutazioni soggettive dei pazienti (ricavate da questionari di autovalutazione). Con il progetto avviato all’Irst si vuole rafforzare questi dati unendo un corollario biologico.

 

In cosa consiste la novità di “Yogart”?

 

Ai questionari abbiniamo anche prelievi di campioni di sangue, in modo da poter dimostrare scientificamente l’impatto dello yoga sul cortisolo, cioè l’ormone correlato con gli stati di stress dell’organismo, e sugli elementi infiammatori e pro-infiammatori dello stato immunitario. Le pazienti sono reclutate in maniera anonima e casuale e non devono aver praticato yoga nei sei mesi precedenti all’avvio del percorso, per non inficiare la neutralità dello studio. Sono già entrate a far parte del progetto oltre 40 pazienti, tra i 40 e i 70 anni. Abbiamo organizzato fasce orarie di radioterapia mattutine alle quali seguono le lezioni di yoga a digiuno, condotte dall’insegnante Ivan Zattini. La durata complessiva dello studio, che comprende anche i periodi di follow-up, sarà di tre anni, ma i primi risultati si avranno già nel giro di qualche mese. Oltre all’Unità di Radioterapia, nello studio sono stati coinvolti i colleghi del laboratorio di Bioscienze e del Centro Risorse Biologiche, nonché l’Unità Operativa di Biostatistica dell’Irst.

 

Quali sono gli orizzonti della medicina integrativa sul territorio?

 

Esiste già, all’Istituto meldolese, un ambulatorio di agopuntura rivolto alla menopausa indotta dalle terapie oncologiche e uno dedicato alla nutrizione. La mia speranza è che la pratica dello yoga possa essere estesa a pazienti in cura per altre malattie oncologiche e anche a familiari e caregiver. La medicina occidentale e orientale possono integrarsi: ho notato che lo yoga aiuta le pazienti entrate nello studio ad affrontare il percorso oncologico tornando ad essere parte attiva del processo di guarigione.


Laura Bertozzi

giovedì 23 gennaio 2020