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Tre domande ad Andrea Schiumarini

Tre domande ad Andrea Schiumarini

Portare a termine due Dakar è un’esperienza che neanche il lockdown può far sbiadire nella memoria. Proprio la quarantena è stata per il pilota forlivese Andrea Schiumarini l’occasione per mettere nero su bianco i momenti vissuti a inizio gennaio in Arabia Saudita per la 42esima edizione del più famoso rally raid al mondo. La convinzione che “la passione è libertà” è la benzina alla base dell’accelerazione conosciuta negli ultimi anni dal curriculum sportivo di Schiumarini, che si fregia di un terzo posto in categoria T2 alla Dakar 2019 in Perù e della 53° posizione in categoria “Auto” alla Dakar 2020 in Arabia Saudita. La voglia di tornare in pista è tanta e i motori si scaldano già per l’appuntamento del 2021, sempre in Arabia Saudita.

Quali sono state le principali sfide della scorsa edizione?

 

Sono arrivato alla Dakar 2020 con un nuovo mezzo e un team rinnovato, ma sempre romagnolo: quest’anno, infatti, ero alla guida di un Mitsubishi Pajero WRC Plus, preparato da R-Team, e al mio fianco c’era il copilota Enrico Gaspari. Ma la novità più grande è stata la conformazione del terreno, con i suoi panorami mozzafiato e le sue insidie. Nella prima parte della gara ci siamo confrontati con percorsi che correvano all’interno di canyon: in quei corridoi, la più grossa difficoltà è stata la navigazione. La seconda parte è stata più improntata al deserto sabbioso, con le sue suggestive sfumature di colore, ma anche i pericoli derivanti dalle rocce inaspettate. Terreni rocciosi, letti di fiumi in secca, piste veloci e dune: questo ha fatto da sfondo a una Dakar in cui hanno corso 557 partecipanti provenienti da 53 nazioni diverse. Un particolare curioso è stato il contatto col pubblico: dopo aver sperimentato il calore dei peruviani nel 2019, quest’anno abbiamo incontrato degli spettatori più timidi. Invece, lo spirito di comunanza con gli altri team si è riconfermato il valore aggiunto dell’esperienza.

 

Come ha rivissuto questi ricordi durante la pandemia?

 

Li ho trasferiti nel libro “Venti, venti di Dakar”, scritto a quattro mani con Cristina Cardone. L’intera vicenda del romanzo ruota intorno ai 7900 chilometri percorsi nel rally raid in Arabia Saudita, del quale ho ripercorso tutto, dai momenti più ricchi di emozione, come la partenza e l’arrivo, agli errori tecnici, sui quali ho avuto modo di riflettere. La Dakar 2020 è stata anche segnata dal tragico incidente di un motociclista che ha avuto un forte impatto sul morale di tutti noi. Rispetto ai risultati ottenuti, forse avevamo le potenzialità per fare meglio, ma alcuni problemi al veicolo ci hanno fatto perdere posizioni durante la seconda settimana.

 

Cosa bolle in pentola per il 2021?

 

L’obiettivo è senz’altro quello di tornare in pista e migliorare le nostre posizioni alla prossima Dakar, ma le gare preparatorie utili per metterci alla prova non sono state confermate. Con gli allenamenti, invece, la ripartenza c’è stata; io ho perfino acquistato un simulatore di guida per continuare ad allenare i movimenti delle braccia. Come sempre la Dakar sarà una sorpresa, anche se un tassello inedito è già stato annunciato: la nuova categoria “Classic” per veicoli storici.

Foto Francesco Girardi


Laura Bertozzi

lunedì 13 luglio 2020