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Tre domande a Luca Medri

Tre domande a Luca Medri

Già il titolo diceva tutto: “Riapriamo le scuole di musica dell’Emilia Romagna perché sono luoghi sicuri!”. La petizione, lanciata su Change.org il 16 novembre scorso e accompagnata da una lettera indirizzata al presidente della Regione Stefano Bonaccini, al sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale Davide Baruffi e agli assessori Paola Salomoni, Mauro Felicori e Elly Schlein, chiedeva la riapertura di queste strutture, costrette a erogare corsi solo online da quando l’Emilia Romagna è diventata zona arancione. La richiesta non è rimasta senza risposta, perché, con l’ordinanza regionale del 27 novembre scorso, è stata autorizzata la ripartenza dei corsi di musica individuali. Un risultato positivo, che però è solo l’inizio. L’intera iniziativa, partita da Forlì, aggrega oggi tante realtà, come spiega Luca Medri, direttore di Cosascuola Music Academy.

Come mai vi siete mossi in questa direzione?

 

Le disposizioni regionali più restrittive di metà novembre non erano frutto di una reale conoscenza delle nostre attività. Così, dopo un continuo lavoro di confronto con le altre scuole di musica forlivesi, si è deciso di non subire queste decisioni. Infatti, nelle ordinanze recepite a livello regionale si tenevano presenti i Conservatori, ma non le nostre strutture, dove si svolge in realtà il grosso del lavoro di alfabetizzazione musicale, specializzazione e perfezionamento. I numeri lo dimostrano, perché anche in città le sei scuole del Comitato Forlì Suona aggregano circa 1800 allievi, cioè tra l’80 e il 90% del totale. Ma la forza delle scuole private ad interesse pubblico – quella di aggregare la maggior parte dell’utenza – è la stessa in tutta la regione. Per questo siamo riusciti a raccogliere l’adesione di ben 87 strutture operanti sul territorio regionale. Siamo stati ascoltati, è vero, però solo a metà, perché ancora non è consentita la ripresa dei corsi collettivi in presenza. Ma questo tipo di didattica si svolge in piccolo gruppo e segue protocolli ancora più rigidi di quelli osservati dalle strutture pubbliche.

 

Quale sarà il prossimo step?

 

Puntiamo a un incontro in Regione, per spiegare cosa facciamo, quanti siamo e in quali ambienti lavoriamo. Nei mesi seguenti al lockdown, abbiamo investito in sicurezza: Cosascuola è dotata di un protocollo sanitario e di un DVR che certifica l’idoneità della struttura ad accogliere gli allievi. Abbiamo acquistato presidi sanitari e formato gli insegnanti sulla gestione e la sanificazione degli ambienti, oltre ad avere barriere di plexiglass dove necessario. Tutto questo ha inciso economicamente, ma rischiava di essere reso vano dalla decisione di inasprire l’ultimo Dpcm. Ad ogni modo, andremo avanti determinati per far ripartire i corsi collettivi in presenza, che per tutti noi, ma in modo particolare per bande e cori, è il cuore delle attività svolte. Da comitato informale, abbiamo inoltre il progetto di dare una veste formale al gruppo di scuole coinvolte. Il nome “Scuole di Musica Unite” ci ha portato fortuna, pensiamo di mantenerlo.

 

 

Quale approccio è emerso verso la cultura?

 

La politica non può considerare le attività culturali come non indispensabili, perché rientrano a pieno titolo nell’ambito della cura della persona. La grande solidarietà manifestata dalle famiglie degli iscritti alle nostre scuole ne è la prova: la nostra petizione si aggira intorno alle 4mila firme raccolte. I dati scientifici stessi provano che coltivare le arti mette in moto una positiva programmazione del futuro. Quando l’emergenza rientrerà, forse un intero comparto lavorativo e produttivo rischierà di non esserci più, perché le attività estive non sono bastate a dare respiro. E ci sarà da fare i conti con la resistenza di una fetta di pubblico a tornare a fruire degli spettacoli dal vivo.


Laura Bertozzi

martedì 1 dicembre 2020