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Tre domande a Monica Fantini

Tre domande a Monica Fantini

Ha portato migliaia di “Personae” a confrontarsi sulle pratiche virtuose che si traducono nella parola “Buon Vivere”. L’ormai consolidata manifestazione, che si è svolta a Forlì dal 23 settembre al 1 ottobre, ha messo al centro della sua 8° edizione il valore delle persone come tasselli capaci di interagire positivamente per plasmare una comunità più sostenibile nell’economia e nelle relazioni. Monica Fantini, ideatrice della “Settimana del Buon Vivere”, raccoglie con soddisfazione i frutti dell’iniziativa appena conclusa e punta già lo sguardo verso l’edizione del 2018.

 

 

Al di là dei dieci giorni di eventi, cosa significa la Settimana del Buon Vivere per Forlì?

 

Ha fatto germogliare una potenzialità che il territorio aveva già nel suo dna. Otto anni fa, l’idea di creare un’iniziativa di cooperazione di comunità si faceva strada fra un numero contenuto di partecipanti. Volevamo valorizzare il carattere distintivo di quest’area, l’ospitalità. La Settimana del Buon Vivere ha contribuito a dar forme inedite a questo valore innato, facendolo sfociare nella capacità di mettersi in rete, scambiarsi esperienze e crearne di nuove. L’intento è stato raggiunto e non lo dicono solo i numeri, ma anche le voci autorevoli di chi ci guarda dall’esterno. L’edizione del 2017 ha coinvolto circa 250 realtà locali (associazioni, enti, imprese ecc.) che hanno dato vita a oltre 200 eventi. Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, nostro ospite nel 2015, ha osservato che il nostro territorio è stato capace di dar vita a una “economia della relazione”.

 

Abbiamo imparato davvero cos’è il “Buon Vivere”?

 

Sicuramente il dialogo fra le realtà del territorio si è potenziato, edizione dopo edizione. La partecipazione è stata tale da rendere la Settimana del Buon Vivere un’esperienza unica dove ci si racconta e si consolida la capacità di fare rete. In questo senso, la lezione di cos’è il “buon vivere” ha attecchito in un humus locale già fertile. L’evento in sé ha poi assunto una portata nazionale. Ed è stata la nostra comunità a costruire questo, passo dopo passo. Per far sì che questa consapevolezza sia durevole, bisogna coinvolgere le nuove generazioni. L’edizione di quest’anno ha infatti coinvolto, quasi tutte le mattine, circa 2mila studenti. L’entusiasmo dei giovani mi ha fatto molto riflettere: di qui è nata l’idea di incentrare l’edizione 2018 in maniera ancora più forte su scuola e università.

 

In che misura i volti noti coinvolti nella Settimana fanno “Buon Vivere”?

 

Innanzitutto bisogna tener presente che il percorso che sfocia nei dieci giorni dell’iniziativa è fatto di momenti di socializzazione, formazione, preparazione che durano tutto l’anno, un lavoro prolungato e solido dal quale scaturisce il tema di ogni edizione. Con i personaggi celebri che coinvolgiamo vale lo stesso principio: non vengono a Forlì per fare uno spettacolo – del resto, la Settimana del Buon Vivere non è un festival – ma lavorano intorno a uno spunto emerso dalla realtà locale, con la quale sviluppano un rapporto continuativo. Ecco perché molti di loro sono tornati più volte in questi anni e continueranno a farlo.

 

Laura Bertozzi

venerdì 13 ottobre 2017