Tre domande a Bruno Molea
Lo sport è la medicina sociale del futuro": parola di Bruno Molea, 70 anni e forlivese, dal 2006 presiede uno dei primi enti di promozione sportiva del Paese: AiCS, Associazione italiana cultura sport. Atleta, ex arbitro di calcio, e attivo nella promozione dello sport di base e nel Terzo Settore da oltre 40 anni, Molea presiede a livello internazionale anche la CSIT, la Confederazione mondiale dello sport amatoriale. È ad oggi anche consigliere del CNEL – Consiglio nazionale economia e lavoro, e dai mesi scorsi è anche componente della Giunta nazionale del CONI, il comitato olimpico nazionale italiano. Nei giorni scorsi è stato anche eletto neoconsigliere nazionale del CONI.
Qual è lo stato di salute dello sport in Italia?
“Per lo sport è certamente un momento florido: dalla pandemia in poi, la considerazione dei benefici fisici e mentali legati alla pratica sportiva è di molto aumentata e lo sport, nell’immaginario collettivo, non è più solo quello delle medaglie blasonate, ma sempre di più è quello delle gare dei nostri figli o del jogging con gli amici. Ciò premesso, il livello di sedentarietà in Italia resta alto: si calcola che ad oggi che fanno sport in modo strutturato 16 milioni di italiani (13 milioni dei quali grazie alla rete degli enti di promozione sportiva): serve agire ancora su quei 44 milioni di italiani che non fanno sport. Sport è promozione degli stili di vita sani, è socialità e prevenzione medica: è necessario sostenerlo e abituare tutti a praticarlo”.
Riforma dello sport: come le associazioni sportive stanno reagendo a burocrazia e cambiamento?
“La riforma ha introdotto il lavoro sportivo: questo ha dato dignità ai tanti operatori dello sport che da tempo fanno un mestiere che necessita sempre di più di formazione, specializzazione, etica. Di contro, ha però anche creato oltre 90mila nuovi datori di lavoro in Italia (sono i presidenti delle associazioni e società sportive di base), la stragrande maggioranza dei quali è di fatto solo un volontario sportivo. Questo li ha caricati di responsabilità, burocrazia, difficoltà. Gli enti sportivi come AiCS li stanno sostenendo con formazione e consulenza continua ma non basta: serve semplificazione, che non sia deregulation. Ma servono sostegni di Stato: lo sport deve essere inteso come politica pubblica, al pari di scuola e sanità. O i livelli di sedentarietà non si abbatteranno mai”.
Come lo sport può sostenere la valorizzazione del territorio forlivese.
“Lo fa già, grazie alla sua fitta rete di associazioni, operatori e volontari sportivi che non solo fanno muovere le persone ma che gestiscono anche impianti sportivi, assumendosi rischi e responsabilità. Lo sport può tanto all’economia di un Paese, di una città, di una comunità: muove turismo sportivo, presidia il territorio specie contro l’illegalità. Questo è un territorio fortunato: insiste in una regione che da tempo ha saputo valorizzare lo sport quale leva di crescita sociale. Dico agli enti locali: non temiate di investire nello sport; è il baluardo più efficace contro l’isolamento dei nostri giovani, il degrado e la microcriminalità contro cui anche Forlì si trova a combattere, e per la socialità e la cura degli anziani. Insomma, è leva certa di coesione e benessere psicosociale”.
Emanuele Bandini
venerdì 30 maggio 2025