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Tre domande a Marzia Abbonizio

Tre domande a Marzia Abbonizio

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto “Quota 100”, la riforma delle pensioni voluta dal Governo gialloverde ha avviato l’iter che la poterà a trasformarsi in legge. Un primo banco di prova per la nuova misura, nata con l’obiettivo di anticipare l’età pensionabile e smantellare la riforma Fornero, si avrà il 1º aprile, con l’entrata in vigore del decreto per i lavoratori che avranno compiuto 62 anni e versato 38 anni di contributi. Sulle prospettive aperte dal decreto riflette Marzia Abbonizio, segretaria generale dello Spi Cgil di Forlì.

 

Come giudica il contenuto della riforma?

 

Non la definirei una “riforma”, tanto per cominciare. È vero che il decreto contribuisce a una maggiore flessibilità di accesso alla pensione, ma si tratta di una goccia nel mare che non smantella la riforma Fornero. Anzi, creerà disuguaglianze di trattamento. Quota 100 è una misura sperimentale, valida solo per tre anni, che riguarda pochi. E, soprattutto, i requisiti del decreto tagliano fuori quanti sono stati impiegati in settori caratterizzati da discontinuità lavorativa e le donne. Le carriere femminili conoscono, infatti, momenti di interruzione, nei quali la lavoratrice si concentra sulla famiglia. C’è stata, inoltre, negli anni di crisi, un’estensione del part time a questa categoria, con una contribuzione inferiore al 100%. Di positivo c’è stata la conferma dell’Opzione donna e dell’Ape Sociale, che ampliano il range di opportunità.

 

Cosa dovrebbe contemplare una buona riforma delle pensioni?

 

Quelli offerti da Quota 100 sono solo degli spot di flessibilità in più, che si attagliano soprattutto al mondo della scuola. Manca una vera soluzione capace di offrire un ventaglio di offerte di uscita accessibili a molti e in grado di superare la riforma Fornero. L’attuale decreto non riconosce il lavoro di cura, non dà risposta sul tema dei lavori usuranti e gravosi e non prevede una risoluzione per gli esodati. Per favorire pensionamento e lotta alla povertà chiediamo il reddito di garanzia legato al lavoro e il potenziamento dei servizi comunali. È necessario guardare non solo all’anziano, ma all’intero nucleo familiare, che va aiutato in maniera uniforme. Ma, soprattutto, occorre far leva sul lavoro, senza il quale non ci può essere né Quota 100 né reddito di cittadinanza. Per questo, e per molti altri temi, siamo scesi in piazza il 9 febbraio, a Roma, insieme a Cisl e Uil.

 

Quali azioni “collaterali” andrebbero attuate a sostegno dei pensionati?

 

Il rafforzamento dei servizi, ad esempio. Di recente, insieme a Start Romagna, abbiamo ottenuto un’agevolazione sugli abbonamenti “Mi Muovo insieme” degli autobus rivolta specificamente alle donne pensionate dai 60 ai 64 anni: anche offrire maggiore possibilità di movimento in una fascia d’età critica, nella quale si è fuori dal mondo del lavoro, è un modo per salvaguardare la terza età. Purtroppo si continua ancora a “fare bancomat” dalle tasche dei pensionati e le misure per promuovere l’occupazione giovanile non sono risolutive: penso al rinnovo dei contratti pubblici e alla mancanza di piani straordinari di assunzione, che non incentivano il turn over.

Foto Fabio Casadei


Laura Bertozzi

venerdì 8 febbraio 2019