Diogene Annunci Economici

Cosa cerchi?

Tre domande a - Diogene Annunci Economici Forlì

Le tre domande a Giuliana Laschi

Le tre domande a Giuliana Laschi

Il 26 maggio i forlivesi saranno chiamati alle urne per pronunciarsi sui destini dell’Amministrazione locale, ma dovranno esprimersi anche in merito al rinnovo del Parlamento dell’Unione europea. In città molti sono stati gli eventi organizzati in occasione della festa dell’Europa, celebrata il 9 maggio. Durante la ricorrenza sono giunte al culmine anche le iniziative che festeggiano i vent’anni di attività del Punto Europa di Forlì, il cui comitato scientifico è presieduto da Giuliana Laschi, docente di storia contemporanea e dell’integrazione europea alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, sede di Forlì.

Cosa si è perso oggi del disegno originario dell’Ue?

 

Non c’è più un progetto politico di grande respiro che sostenga l’Unione, a differenza di quanto è avvenuto agli inizi. L’idea di Europa nasce già durante la Seconda Guerra Mondiale con l’idea di unificare e armonizzare le politiche dei Paesi del vecchio continente. Non era affatto una scelta scontata quella di optare per un progetto di integrazione che mirava alla federazione e voleva costruire l’unità europea per piccoli passi. Oggi si è perso il senso della grandezza di quel progetto politico che ha messo a punto veri e propri strumenti per la pacificazione. Siamo uniti dal trattato di Lisbona, ma non c’è un governo che guidi il processo di integrazione e manca un progetto condiviso, soprattutto dai cittadini.

 

Sulla questione migratoria, cosa avrebbe potuto fare di più l’Europa?

 

La premessa necessaria è che senza migrazioni è difficile persino pensarla l’Europa. Questo per due ragioni: il calo demografico in atto nei Paesi dell’Unione e il diritto internazionale. Sul primo versante, le migrazioni, per quanto complesse, sono benefiche e necessarie, a meno di non volere un continente spopolato. Sul secondo, occorre ricordare che l’Italia ha firmato dei trattati europei che non può decidere di non rispettare. Nel trattato di Maastricht, si parla, inoltre, del principio di solidarietà al quale tutte le politiche dell’Ue devono ispirarsi. È vero, però, che, con il trattato di Schengen il problema degli arrivi è stato delegato agli Stati di frontiera, ma l’Italia ha comunque la responsabilità di non essersi presentata alla commissione deputata a revisionare l’accordo di Dublino. Detto questo, è senz’altro vero che il nostro Paese è stato lasciato solo nel fronteggiare il problema. Ma la soluzione, per noi, non sta certo nel pugno di ferro.

 

Quali scenari si prospettano per il futuro dell’Unione?

 

Probabilmente siamo arrivati all’apice di una crisi dell’Europa dalla quale si può solo risalire. Dal 2007 è all’opera una crisi che non è solo economica, ma anche politica. Le istituzioni comunitarie si sono indebolite e non hanno manifestato capacità di reazione. Dal punto di vista del processo di integrazione, queste elezioni non riserveranno risultati positivi. Dopodiché si valuterà cosa fare: o tornare ad avere un’Unione più ridotta, oppure creare una federazione. Sono i soli modi per tenere insieme un’Europa che ha sofferto dell’eccessivo spazio lasciato alla sovranità nazionale degli Stati a scapito della propria capacità di governo.


Laura Bertozzi

venerdì 10 maggio 2019