Tre domande a Tonino Bernabè
L’acqua – che si tratti della sua carenza o dell’eccesso di precipitazioni – è stata l’elemento che più ha condizionato la vita di Forlì e circondario, dalla siccità invernale e primaverile alle piogge di maggio, responsabili dell’esondazione del Montone. Superato il maltempo, resta però aperta la questione dell’approvvigionamento idrico e della costituzione della Srl “Acqua Ingegneria” promossa da Romagna Acque, la società che gestisce le fonti idropotabili della Romagna. Sulla contestata nascita della nuova società, presentata in Regione nella Commissione Consiliare del 20 maggio su richiesta del M5S, interviene il presidente di Romagna Acque Tonino Bernabè.
Cosa risponde alle perplessità sulla trasparenza in merito alla nascita di Acqua Ingegneria?
La sua costituzione vede, oltre alla partecipazione di Romagna Acque, quella dell’Autorità portuale di Ravenna e dei principali rappresentanti degli enti locali romagnoli, che assumeranno una partecipazione in via diretta a questa società. La sua nascita ha lo scopo di ridurre, in caso di realizzazione di un’infrastruttura, i tempi attuativi da 15 a 7 anni. Quanto alla trasparenza, è stata massima. L’assemblea soci di Romagna Acque del 19 dicembre 2018 ci ha conferito il mandato a portare in approvazione la decisione di acquisire quote di Acqua Ingegneria Srl da parte di Romagna Acque; dopodiché, la documentazione è stata pubblicata sul nostro sito, ci siamo confrontati con 56 Consigli comunali, 3 Province romagnole, 3 holding dei Comuni e con altri nostri soci pubblici.
Realizzare nuovi invasi è la risposta più adeguata alla carenza d’acqua?
Stiamo valutando aree potenzialmente invasabili. Non abbiamo progetti già decisi, ma stiamo realizzando con il Dipartimento di ingegneria (DICAM) dell’Università di Bologna un’attività di ricerca che valuti i vari aspetti del problema (ingegneristico, geologico, ambientale, economico, gestionale). Il cambiamento climatico sfida la Romagna sulla sicurezza di poter fornire con continuità la risorsa idrica: il nostro territorio ha l’acqua grazie alle infrastrutture. Dobbiamo avere più accumuli – anche piccoli – in Appennino per prevenire i rischi connessi a possibili riduzioni di apporti da Ridracoli, dal Canale Emiliano Romagnolo o da falde basse. Sono d’accordo sul riutilizzo della acque, ma di per sé non è sufficiente. Alla Romagna servono almeno altri 20 milioni di metri cubi d’acqua distribuiti su tutti i territori in maniera diffusa.
Costituire una nuova società avrà un impatto sul costo dell’acqua?
L’acqua non ha di per sé un costo, il servizio idrico sì. Noi tutti paghiamo la sicurezza di avere l’acqua con continuità; la tariffa ripaga l’intero servizio (captazione, trattamento-potabilizzazione, adduzione dalle fonti, distribuzione, rilascio in fognature e depurazione). Nella tariffa dell’acqua paghiamo i costi fissi e operativi del sistema, gli oneri fiscali e finanziari e gli investimenti. Fare o non fare questi ultimi può incidere in positivo (se li si fa) o in negativo (se non li si fa). Gli investimenti permettono di soddisfare consumi in crescita costante e consentono di ridurre i rischi di perdite idriche.
Laura Bertozzi
venerdì 24 maggio 2019