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Lo Zodiaco. Astri, Dèi, Miti, Gemme. La cultura millenaria degli uomini sul grande schermo del cielo stellato.

Nel suo nuovo libro Maria Pia Fabbri ripercorre la storia dell’astrologia

Lo Zodiaco. Astri, Dèi, Miti, Gemme. La cultura millenaria degli uomini sul grande schermo del cielo stellato.

È uscito per la casa editrice Il Ponte Vecchio, l’ultima fatica di Maria Pia Fabbri: “Lo Zodiaco. Astri, Dèi, Miti, Gemme”. Nel suo libro la Fabbri si è abbandonata ad una avventura infinita: quella di riconvocare i miti e le leggende dell'uomo, qui assunto sotto tutte le latitudini, dall'Occidente colmo di mitografie all'Oriente misterioso e sognante nelle intensità del suo spirito religioso. Più precisamente ha interpellato la cultura plurimillenaria dell'uomo quale si è espressa nell'affascinante complesso dei miti e degli Dèi e quale si è fissata nel grande libro del cielo, regno e dominio delle costellazioni misteriose e remote che - per credenze immutate, pur nel trascorrere dei secoli, e per chissà quale improbabile potenza - paiono determinare e regolare la nostra vita: una ricerca che non dimentica di richiamare anche la mitografia delle pietre preziose e i loro occulti poteri. In questi orizzonti, tra religioni e filosofie, storie di eroi e di Dèi, favole mitologiche e pure e semplici superstizioni, quel che si rivela è la favolosa ricchezza della nostra cultura e della nostra storia millenaria, in un viaggio senza confini, come gli infiniti perimetri astrali dei quali in ogni pagina si nutre.

Estratto dall’introduzione di “Lo Zodiaco. Astri, Dèi, Miti, Gemme” di Maria Pia Fabbri

Tutti gli esseri umani per natura guardano il cielo stellato. Lo considerano uno degli spettacoli più belli e commoventi che si possono contemplare e in effetti lo osservano estasiati da migliaia d’anni, forse da quando la specie si è eretta su due gambe… Cicerone sosteneva che la natura avendo abbassato gli altri esseri viventi verso il loro cibo, volle che solo l’uomo stesse eretto, come per indirizzarlo verso la visione della sua sede originaria e congenita: il cielo.

Già prima della nascita delle civiltà antiche l’uomo comprese che il sole era alto sopra di sé nella volta celeste e in relazione con il proprio ambiente, scoprì che il firmamento ogni notte si spostava più a Ovest della notte precedente e all’orizzonte verso Est comparivano nuove stelle, mentre le altre che conosceva scomparivano verso Ovest. Capì anche che le stelle che erano scomparse ricomparivano a Est e di nuovo tracciavano le stesse vie nel firmamento.

L’uomo così si rese conto del ritmo delle stagioni e del movimento (apparente) del sole che si muove lungo una traiettoria che va da Est a Ovest passando fra le stelle. Venne così scoperto l’alternarsi delle stagioni che scandiscono i tempi dell’agricoltura e della navigazione.

Con l’evoluzione del pensiero gli uomini hanno “letto” il cielo e immaginato la fascia dello Zodiaco, in cui hanno proiettato in gruppi di stelle figure familiari di dei, di animali che cacciavano o allevavano. Il suo nome significa “Cerchio di animali” come si verifica in quasi tutte le cosmologie conosciute, solo in quello occidentale di origine caldea, egizia, greco, romana vi sono “segni” con figure umane , Acquario, Gemelli, Vergine.

Tutte le cosmogonie nascono dallo sforzo titanico dell’uomo di capire i misteri insondabili dell’universo e dell’eterno appassionante confronto fra l’ignoto e l’essere umano che, per bisogno innato di conoscere il suo destino, ha creato la presunta “scienza” dell’astrologia.

In molti miti antichi è riportato il fenomeno della precessione. Un mito greco racconta che sul Monte Liceo sorgeva un santuario di Pan e fu lì che Zeus rovesciò una “tavola” e diede il nome di Trapezunte (antico nome di Trebisonda) costruita su un altipiano a forma di trapezio al luogo, perché Licaone gli aveva imbandito la carne del proprio figlio Pelope. Gli dei, tranne Demetra, si astennero dal cibarsene, la dea invece distrattamente aveva mangiato una scapola che venne sostituita con una di avorio.

In seguito Pelope, resuscitato, divenne un famoso eroe e diede il nome al Peloponneso. Zeus, inorridito da quel pasto infame, trasformò Licaone in Licantropo e rovesciò la tavola, il piano terrestre passante per l’eclittica.

Per questa ragione l’asse della terra è inclinato e provoca l’alternarsi delle stagioni. Questo mito segna il momento in cui venne superato dall’umanità lo stato ferino dell’antropofagia.

Per convenzione lo Zodiaco inizia il 21 marzo nel segno dell’Ariete all’equinozio di primavera, anche se in realtà per la “precessione degli equinozi” ora si trova nel segno dei Pesci dal 60 a.C., nel quale sosterà fino al 2100, per poi passare nel segno dell’Acquario. Il punto equinoziale o “punto gamma” si sposta poco a poco lungo l’intera eclittica e provoca la precessione degli equinozi che avviene per l’azione combinata del sole e della luna e degli altri pianeti sul rigonfiamento equatoriale della terra e l’asse terrestre descrive un ampio cono in un periodo di circa 26 mila anni, sicché i “nodi” equinoziali si spostano lungo l’eclittica in senso contrario a quello del sole: pre, cedono.

Per il pensiero antico ciò che si trova sotto il sole e la luna riceve l’influenza degli astri e dei pianeti. Il legame fra astrologia e medicina risale alla medicina greca, si approfondisce nella cultura umanistica e araba con l’accentuato rapporto fra stella e uomo in una concezione organica del cosmo.

Ormai è comunemente accettata l’ipotesi formulata dagli scienziati di un universo in movimento verso frontiere sempre più lontane e non di una sua parte singola, ma nel suo insieme galattico.

 

Maria Pia Fabbri risiede a Forlì, sua città natale. Appassionata d’arte fin dagli anni giovanili, ha pubblicato su libri e riviste profili di pittori e scultori. Spesso viene invitata per conferenze e visite guidate a luoghi d’arte con l’apporto delle sue ricerche monografiche. Ha pubblicato “I mosaici di Ravenna” (1998); “Dalla canta La Majè di Aldo Spallicci ai culti della vegetazione; “L’orma tagliata. Sulle tracce dell’antica stregoneria”. Con Il Ponte Vecchio ha pubblicato “Guido Cagnacci. Il maestro del Barocco in Romagna”; “Antonio Canova. Il sublime della scultura”; “La simbologia dei fiori nella pittura”; “Melozzo da Forlì. Pictor papalis”; “Adolfo Wildt. Anime nude”. Con Anabela Ferreira ha pubblicato “La memoria del gusto di casa”. Collabora con le riviste La Pié e Confini.


Marco Viroli

venerdì 21 febbraio 2020