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Caterina Sforza e le Leonesse di Romagna

Storie di donne che hanno fatto grande la nostra terra

Caterina Sforza e le Leonesse di Romagna

I tre saggi che ho pubblicato per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena tra il 2008 e il 2011 (Caterina Sforza, Signore di Romagna e I Bentivoglio) sono ricchi di figure femminili potenti che mi hanno permesso di compiere una lettura della storia da un diverso e più intrigante punto di vista. La stesura di Signore di Romagna. Le altre leonesse, in particolare, mi ha consentito di ripercorrere l’andamento di due secoli (XIV e XV) in cui il fenomeno delle Signorie vide tra i suoi protagonisti non solo soldati e condottieri, ma anche donne. Il racconto delle loro gesta mi ha permesso di tratteggiare anche quella che era la ben poco rosea situazione femminile a quei tempi e che non sarebbe, purtroppo, migliorata velocemente nei secoli immediatamente successivi.

La narrazione prende le mosse alla fine del Duecento e parte con la storia di Orabile di Giaggiolo, nipote di Maghinardo Pagani da Susinana e quindi trait d’union tra il periodo comunale e quello signorile. Orabile fu anche la moglie tradita da Paolo il Bello, con la cognata Francesca da Polenta, protagonista dell’incredibile Canto V dell’”Inferno” dantesco e meglio nota come Francesca da Rimini. 

C’è poi il racconto delle gesta dell’avventurosa guerriera Marzia degli Ubaldini detta Cia, sposata con Francesco Ordelaffi il Grande, signore forlivese contro il quale l’allora papa proclamò addirittura una Crociata. Ci troviamo nel bel mezzo del Trecento quando, contemporaneamente, si svolge a Ferrara il dramma di Parisina Malatesta, andata in moglie a Niccolò d’Este, ma innamorata perdutamente di Ugo, figlio illegittimo del marito.

Con un piccolo balzo in avanti ci proiettiamo nel XV secolo e il racconto delle leonesse si divide a questo punto tra le storie delle famiglie che dominarono le nostre più importanti città: Cesena, Rimini, Forlì, Imola e Faenza (a Ravenna infatti, sin dal 1441, i da Polenta avevano ceduto il passo all’avanzata dei Veneziani). 

Cesena, prima di cadere per secoli sotto il potere dello Stato pontificio, conobbe la Signoria illuminata di Novello Malatesta e di sua moglie Violante da Montefeltro, ispiratori e creatori della Biblioteca Malatestiana.

A Rimini fu Sigismondo Pandolfo Malatesta, “il lupo”, a ricoprire il ruolo di signore rinascimentale, ideatore del Tempio Malatestiano. Celebre e indimenticato è il suo amore per Isotta degli Atti, ma non fu l’unico perché il lupo visse molte focose e lunghe passioni per altre donne, tra cui la tenace Vannetta de’ Toschi che si rese protagonista, con buon esito, di un’aspra difesa della Rocca di Meldola.

A Forlì, patria degli Ordelaffi, Pino III fu il magnifico signore intorno al quale ruotarono molte donne, prima tra tutte la madre, Caterina Rangoni, regina dell’intrigo e, per un certo periodo, reggente della città. Pino ebbe tre mogli; Barbara Manfredi e la cugina Zaffira, morte entrambe in situazioni mai del tutto chiarite; Lucrezia Pico della Mirandola, la quale, rimasta improvvisamente vedova, riuscì a impossessarsi del tesoro degli Ordelaffi e a farlo sparire per sempre portandolo via con sé.

La dipartita degli Ordelaffi lasciò campo libero a Girolamo Riario e a sua moglie Caterina Sforza, la “leonessa di Romagna”, che dominò su Forlì e Imola per una ventina d’anni. A Imola i Riario-Sforza sostituirono un ramo cadetto dei Manfredi, il cui ultimo esponente, Taddeo, aveva affidato alla moglie Marsibilia Pio il disperato compito di difendere la città. 

Anche a Faenza i Manfredi dominarono a lungo, fino a che, il loro ultimo esponente, Galeotto, non venne vilmente ucciso dalla giovane moglie Francesca Bentivoglio, gelosa dalla tresca che il marito ordiva ai suoi danni con la bella ferrarese, Cassandra Pavoni. Ultima leonessa che incontriamo a Faenza è la giovanissima Diamante Torelli, la quale si pose al comando delle donne che di notte sulle mura della città davano il cambio agli uomini nella difesa contro gli assalti di Cesare Borgia. 

Ma anche a Bologna, ultima tra le Signorie di questa parte d’Italia a cedere al Papato, emerse la figura di un’altra donna estremamente vigorosa e determinata: Ginevra Sforza, cugina di Caterina e moglie di Giovanni II Bentivoglio, signore della città felsinea per ben 43 anni. Oltre a essere madre di almeno una dozzina e mezzo di figli, Ginevra fu una vera eminenza grigia, sempre a fianco del marito, fautrice di quello straordinario periodo che passa sotto il nome di Rinascimento bolognese.

 

Nella stesura dei miei saggi mi sono sempre imposto un costante lavoro di identificazione, riponendo grande attenzione nella ricostruzione storica basata su documenti e nella decontaminazione dal fattore “leggenda”. Al tempo stesso, ho cercato di stabilire la maggior empatia possibile tra il lettore e i personaggi di cui ho narrato e che agirono nella nostra terra cinque o sei secoli prima di noi. 

Dopo aver chiamato col nome di “leonessa” Caterina Sforza, mi è piaciuto indicare anche queste donne con lo stesso termine che ben rappresenta le molte altre signore che fecero grande la storia dei loro casati, delle loro città e della Romagna intera.

 

Lunedì 4 agosto 2014 - ore 21.00

MUSA, Museo del Sale - viale Nazario Sauro 24 - Cervia

nell’ambito del ciclo “Libri ad Arte” 2014

“Libri ad Arte” è una rassegna dedicata ai libri che parlano di arte, organizzata dalla Biblioteca “Maria Goia” in collaborazione con il Gruppo Archeologico Cervese.

 


Marco Viroli

venerdì 18 luglio 2014