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Storia di Forlì. Dalla preistoria all’anno Duemila

Un grande libro che mancava negli scaffali delle librerie

Storia di Forlì. Dalla preistoria all’anno Duemila

Pur avendo Forlì, nel corso degli ultimi decenni, avuto innumerevoli scrittori e saggisti che le hanno dedicato pagine e pagine – e va assolutamente ricordata la nostra “Forlì. Guida alla città” (Diogene Books 2012) – un libro come questo mancava negli scaffali delle librerie. Proprio per colmare questo vuoto editoriale è uscita in questi giorni che precedono le festività di fine anno la storia di Forlì dalle origini al nuovo Millennio. Un unico volume di oltre 500 pagine illustrate per raccontare alcuni millenni di vita della nostra città. Ne sono autori tre storici forlivesi: Sergio Spada, Mario Proli e il direttore di Diogene, Marco Viroli. L’idea del progetto, in parte finanziato da CIA Conad, è di Marzio Casalini, direttore della casa editrice Il Ponte Vecchio di Cesena. La “Storia di Forlì” segue di un anno la pubblicazione dell’analoga e fortunatissima “Storia di Cesena”, curata da Roberto Casalini.

Giovedì 11 dicembre, ore 20.45

Salone Comunale
Palazzo del Comune di Forlì
Piazza Saffi, 8

 

con il patrocinio del Comune di Forlì

presentazione del libro:

 

“Storia di Forlì. Dalla preistoria all'anno Duemila” (Il Ponte Vecchio, 2015)
di Sergio Spada, Marco Viroli, Mario Proli

 

insieme agli autori interverranno:
Davide Drei, sindaco di Forlì
Luca Panzavolta, amministratore delegato di CIA e vicepresidente di Legacoop Romagna
Marzio Casalini, editore del Ponte Vecchio

 

Livia. Si chiamava Livia, quando qualcuno decise che il nome del gruppo di villaggi che si stringevano intorno ai rami del grande fiume e che da poco avevano avuto la dignità romana di qualificarsi come forum avrebbe tratto qualche guadagno dall’accostamento al nome di una nobile gens romana, un nome maschile ad evocare gesta virili e memorabili. Ma la storia a volte si fa beffe dell’orgoglio degli uomini e così Forum Livi subì le contrazioni fonetiche tipiche del latino più tardo, insinuandosi nelle epoche di mezzo come Forolivio, Forlivio, Forli’, con un apostrofo a compensare la caduta delle ultime lettere, a sua volta nel tempo trasformatosi in un accento un po’ impertinente, fastidioso quel tanto da venir rifiutato dal web, da dover essere più volte ripetuto agli ospiti di lingua straniera.

Livia, come nome, era molto più bello. Ma noi l’amiamo lo stesso e non ne proviamo imbarazzo: l’orgoglio, quello vero, i Forlivesi hanno saputo dimostrarlo secolo dopo secolo, nei grandi fuochi che arsero durante le guerre civili romane, durante il lungo conflitto tra guelfi e ghibellini, durante le epoche della fiera opposizione contro un potere lontano, brace sotto la cenere gettata a piene mani dai governi pontifici, pronta a riprendere vigore al nuovo vento della Rivoluzione Francese, del Risorgimento, delle lotte per il lavoro e l’emancipazione. Eppure la storia dei Forlivesi, grazie al cielo, non è solo storia di eroismi e di guerre; è storia di uomini e donne eminenti nelle arti, nella scienza, nel progresso tecnologico, negli orizzonti del pensiero. Schivi, forse, all’apparenza timidi e chiusi, ma pronti ad aprirsi come chi è consapevole di non essere il frutto di una etnia, ma di avere nel sangue la ricchezza di tante razze ed etnie mescolatesi nel corso di una vita di millenni, plasmata sul ruolo di crocevia, di nodo attraversato dalle grandi direttrici della storia.

 

Dedica degli autori

 

Per niente facili, uomini sempre poco allineati …”.  Così li definirebbe Ivano Fossati.  Marzio e Roberto Casalini sono le menti e l’anima del Ponte Vecchio.  Forse non è politicamente corretto rivolgere loro il nostro primo ringraziamento, forse è capitato raramente che un autore ringrazi il suo editore, ma poco importa.   Tenaci, autoritari, tutt’altro che diplomatici, per nulla accomodanti, sanno contagiare chiunque con la loro genuina e competente passione per la storia, la tradizione, la memoria.  E soprattutto fanno sperare che la vecchia editoria, quella indipendente, coraggiosa e lungimirante, non sia stata ancora del tutto travolta dal consumismo virtuale.

Un secondo ringraziamento va all’infinita pazienza delle nostre mogli e dei nostri figli, che hanno dovuto rinunciare ancora una volta ai brani del nostro tempo che sono stati travolti e monopolizzati dai “poco allineati” di cui sopra.

Un terzo ringraziamento (sembra il Testamento dell’Alpino) va a quanti prima di noi hanno scritto di cose forlivesi, lasciando quelle tracce alle quali ci siamo aggrappati per portare a termine questo non facile lavoro e dalle quali siamo partiti per cercare nuove fonti e nuovi spunti di narrazione.

Un quarto ringraziamento va a chi queste fonti ha conservato e conserva, permettendo alle generazioni future di averle a disposizione, per trovare conferme e cercare approfondimenti: conservatori e valorizzatori del patrimonio dei Musei, della Pinacoteca, della Biblioteca.  Ad essi va rivolta particolare riconoscenza per aver concesso di riprodurre la maggior parte delle immagini inserite in queste pagine.

 

Un ultimo ringraziamento è rivolto a Livia, chiunque ella fosse, che diede il primo nome al villaggio che ancor oggi siamo fieri di abitare.


Marco Viroli

sabato 6 dicembre 2014