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I rifugi antiaerei della città di Forlì.

Quando la morte cadde dal cielo

I rifugi antiaerei della città di Forlì.

“I rifugi antiaerei della città di Forlì. Quando la morte cadde dal cielo” di Elisa Gianardi e Fabio Blaco

Nel 1944 la popolazione forlivese visse i mesi più impietosi dall'inizio del Secondo conflitto mondiale. Non solo il freddo, la fame e le angherie dei tedeschi occupanti, anche gli alleati - che erano attesi con favore dai civili - presero a martellare dal cielo la città con continui bombardamenti aerei. Furono giornate drammatiche, scandite dal segnale di allarme delle sirene antiaeree e trascorse in gran parte sottoterra, nei rifugi pubblici e privati, predisposti secondo le direttive e nei luoghi che sono indicati nel libro.

C'è un'esigenza forte di uscire dalle narrative che si sono stratificate nei decenni per riappropriarsi dei fatti. La ricerca, condotta da Elisa Gianardi e Fabio Blaco, con approccio giornalistico, è impostata con questa nuova sensibilità e mette in relazione documenti, memorie e testimonianze ancora presenti nel territorio.

Il libro è stato stampato con il contributo di Carlo e Filippo Venturini Private Banker - Banca Fideuram, Forlì, CEIF Soc. Coop. Forlì, ELFI S.p.A. Elettroforniture Italia, Formula Servizi Soc. Coop. Forlì, Legacoop Forlì-Cesena, Otosan Forlì.

Elisa Gianardi (Forlimpopoli, 1986) giornalista pubblicista, è laureata in Letteratura, Musica e Spettacolo all'Università "La Sapienza" di Roma. Dal 2010 scrive per le pagine forlivesi del "Corriere Romagna". Si occupa di cronaca bianca e costume. Ha curato per il quotidiano alcune rubriche di storia locale, tra le quali "La città nascosta" e "Una vita, una storia".

Fabio Blaco (Bari, 1966) da vent'anni è il fotoreporter del "Corriere Romagna". Dal 1999 è giornalista pubblicista. Nel suo curriculum spiccano le collaborazioni con alcune delle più importanti testate e agenzie giornalistiche nazionali e internazionali, tra le quali RAI, CNN e National Geographic. Appassionato di storia, è ideatore di rubriche e articoli sulla città di Forlì.

I bombardamenti alleati e i rifugi

Dario Ercolani, commissario straordinario del Comune di Forlì nei mesi precedenti la Liberazione, ha raccontato come venne vissuto dalla popolazione il periodo dei bombardamenti alleati sulla città, dove, chi non era sfollato in campagna trovava riparo nei rifugi.

«Verso la fine di ottobre del 1944 – scrive Ercolani – gli eventi galoppavano, ritenendosi imminente l’arrivo delle truppe anglo-americane e la fuga dei tedeschi, con grande ansia della popolazione che temeva fortemente l’assedio, la fame, le bombe, le distruzioni e l’inquinamento dei pozzi. La città era deserta e la popolazione erasi dispersa nelle vicine campagne e nei rifugi cittadini, in attesa del passaggio del fronte. L’oscuramento generale ed il coprifuoco incombevano, mentre nel silenzio sibilavano le sirene e granate, che scrosciavano sinistramente intorno al Palazzo del Governo, alternandosi col tambureggiamento dei carri armati.
Per fronteggiare la minacciosa situazione che stava profilandosi, disposi pertanto per una conveniente sistemazione di vari rifugi cittadini, attrezzandoli con opportune provviste di gallette di carburo di calcio, latte in polvere, formaggi, medicinali, scatolame ed acqua potabile. Tale provvedimento, iniziato il 18 ottobre 1944, ebbe termine il 9 novembre successivo, con l’arrivo delle truppe alleate, per una durata quindi di 22 giorni, che si dimostrò miracolosamente ben calcolata nelle nostre prudenziali previsioni.
Alla data di sgombro, infatti, tutte le riserve risultarono esaurite, per cui un eventuale maggior prolungamento si sarebbe risolto in vero disastro! La Provvidenza ci volle decisamente assistere!».

Ma dov’erano collocati in città i rifugi? Dai documenti conservati presso l’Archivio di Stato si può ricavare una mappa dei luoghi adattati a tale finalità e degli spazi appositamente predisposti allo scopo.
La situazione è stata ricostruita da Elisa Gianardi, in collaborazione con Fabio Blaco, nel volume “I rifugi antiaerei della città di Forlì” (Edit Sapim, Forlì, 2014): «Nella maggioranza dei casi, per contenere tempi e spese, i rifugi antibombe furono realizzati adattando delle costruzioni già esistenti, a partire dalle cantine di palazzi e condominî, ma furono allestiti ricoveri di fortuna anche dentro grotte naturali o avvallamenti nel terreno».

In campagna i contadini ricavarono rifugi per uso familiare scavando il terreno nei pressi delle proprie abitazioni, spesso sotto i pagliai, realizzando in taluni casi vere e proprie ampie camere.
In città si decise di adattare a ricovero pubblico quello privato di Palazzo Paulucci, in largo de’ Calboli, capace di ospitare 400 persone. Mentre Palazzo Zoli e Palazzo GIL (Ercolani chiama ancora così Palazzo Benzi, in via dei Mille, n.d.r.) furono adibiti a pronto soccorso con disponibilità di 700 posti letto (350 in ogni edificio).
Fra le ipotesi che si presero in considerazione per indicare ai forlivesi dove riparasi sono da segnalare: le trincee pubbliche in muratura di Corso Ettore Muti, del Cortile della Scuola Rosa Maltoni e dei piazzali della stazione e Mangelli, per un totale di 620 persone. Così pure si ipotizzò di utilizzare i “fossi colatori consorziali previa sommaria pulitura” e precisamente 1.400 metri dello scolo da via Decio Raggi a via Campo di Marte; 1.000 metri lungo via Campo di Marte a monte delle case popolari; 120 metri del fossato di via Monte Grappa; 800 metri dello scolo Cerchia a Bussecchio e 1.000 metri dello scolo di Coriano. Queste trincee scoperte, della lunghezza di 4.300, metri potevano dare riparo ad altrettante persone.
Particolare curioso, anche la camera che stava alla base della Torre Civica fu adibita a rifugio capace di 35 posti, previo apertura di una finestra, tuttora presente sul lato che sta da piazza XC Pacifici a piazzetta della Misura.

«Tra l’umidità diffusa e un coacervo di cattivi odori – descrive la Gianardi – rintanata nei seminterrati, la popolazione forlivese cercava riparo dai micidiali ordigni che a raffica piovevano dal cielo, bombe, mitragliamenti e spezzoni. Soprattutto durante i mesi caldi del ’44 lo stato pressoché ininterrotto di allerta costrinse la cittadinanza a stazionare notte e giorno nei pressi dei rifugi per non dover fuggire freneticamente, una volta sorpresi per strada dalle sirene, alla ricerca di un riparo».

Furono così attrezzati a rifugi “pubblici” trentasette tra seminterrati e altri ambienti disseminati per la città, tra cui i locali alla base della torre Civica e del Campanile di San Mercuriale. A questi si aggiunsero tutti quelli ricavati dai privati nelle proprie cantine, di cui non si conosce il numero ma che dovettero certamente essere centinaia.

(da “I giorni che sconvolsero Forlì. 8 settembre 1943-10 dicembre 1944” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2014)


Marco Viroli

sabato 17 gennaio 2015