A giugno un doppio compleanno per ricordare Dante Alighieri e Andrea Brigliadori
Quest’anno, per convenzione a giugno, ricorrono i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri. La data di nascita di Dante non è conosciuta con esattezza e la datazione al 1265 fa riferimento ad alcune allusioni autobiografiche riportate nella “Vita Nova” e nella prima cantica dell'Inferno che, com’è noto, comincia col verso “Nel mezzo del cammin di nostra vita”. Poiché sappiamo dal “Convivio” che per Dante la metà della vita dell'uomo è il trentacinquesimo anno e dal momento che il viaggio immaginario inizia nel 1300, grazie a una semplice sottrazione si risale al 1265.
Per ciò che attiene al mese di nascita ci vengono in soccorso alcuni versi del Paradiso in cui è lo stesso Dante a dirci che nacque sotto il segno dei Gemelli, in un periodo quindi compreso fra il 21 maggio e il 21 giugno.
Casualmente, o forse no, il 22 giugno sarebbe anche stato il compleanno di Andrea Brigliadori, intellettuale, punto di riferimento culturale della città di Forlì, scomparso improvvisamente il 2 dicembre scorso.
Andrea Brigliadori è stato un appassionato studioso dell’opera dantesca e in particolare della “Divina Commedia”. Insieme a Simonetta Bini, Valeria Capelli, Pantaleo Palmieri, Marilena Raggi e Francesca Rosetti fu artefice delle Lecturae Dantis, tenutesi nella Chiesa di San Donato in Polenta dal 1996 al 2005 e nell’Abbazia di San Mercuriale e nella Chiesa del Suffragio in Forlì dal 2005 al 2009. Le letture e i relativi commenti diedero poi origine a tre splendidi volumi, per la cura dello stesso Brigliadori, editi dalla casa editrice Ponte Vecchio, corredati dalle opere grafiche di tre eccelsi artisti forlivesi: Roberto Casadio (Inferno), Mario Di Cicco (Purgatorio), Angelo Ranzi (Paradiso). A questi impareggiabili volumi, che dovrebbero trovare un posto d’onore nelle librerie di ogni casa, Andrea Brigliadori dedicò tempo ed energie, facendo in modo che i posteri potessero ricordarlo anche per questo dopo la sua scomparsa.
Le quattro lapidi dantesche a Forlì
A Forlì quattro lapidi disseminate per la città riportano versi danteschi tratti dalla “Divina Commedia”. Partiamo da piazza Saffi dove a lato del campanile è posta una piccola iscrizione che cita i tre endecasillabi danteschi dedicati a Forlì e che ricorda il “sanguinoso mucchio” di guelfi francesi uccisi dai ghibellini forlivesi guidati Guido da Montefeltro, nella notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 1282:
LA TERRA CHE FÉ GIÀ LA LUNGA PROVA
E DI FRANCESCHI SANGUINOSO MUCCHIO,
SOTTO LE BRANCHE VERDI SI RITROVA
(Inferno Canto XXVII, vv 43-45)
Spostiamoci ora in fondo a via degli Orgogliosi. Dietro l’abside del Duomo un’iscrizione riporta questi versi che ricordano messer Marchese (podestà di Faenza), famoso bevitore in vita, che non riuscì mai a esser sazio:
VIDI MESSER MARCHESE, CH'EBBE SPAZIO
GIÀ DI BERE A FORLÌ CON MEN SECCHEZZA,
E SÌ FU TAL, CHE NON SI SENTÌ SAZIO
(Purgatorio Canto XXIV, vv 31-33)
Proseguendo in direzione nord ci portiamo in via Piero Maroncelli dove al numero al numero 19, racchiusa tra le vie Gaddi e Placucci, si innalza la grande facciata di Palazzo Paulucci di Calboli dall’Aste. Sulla lapide, posta alla destra del portone d’entrata, vi è incisa la seguente citazione dantesca:
QUESTI È RINIER; QUESTI È 'L PREGIO E L'ONORE
DE LA CASA DA CALBOLI, OVE NULLO
FATTO S'È REDA POI DEL SUO VALORE.
E NON PUR LO SUO SANGUE È FATTO BRULLO,
TRA 'L PO E 'L MONTE E LA MARINA E 'L RENO,
DEL BEN RICHIESTO AL VERO E AL TRASTULLO;
CHÉ DENTRO A QUESTI TERMINI È RIPIENO
DI VENENOSI STERPI, SÌ CHE TARDI
PER COLTIVARE OMAI VERREBBER MENO
(Purgatorio Canto XIV, vv 88-96)
Questi versi non solo sono significativi in quanto ricordano la figura di Riniero Paulucci, capostipite della famiglia forlivese ed esempio di onore, ma anche perché al tempo stesso fissano quelli che secondo Dante Alighieri e i suoi contemporanei erano a quei tempi gli ampi confini della Romagna (“tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno”).
Per concludere il nostro tour forlivese alla ricerca delle epigrafi dantesche, attraversiamo il Ponte di Schiavonia, spostandoci appena al di là del fiume. Su una delle case alla nostra sinistra è collocata una piccola lapide, oggi pressoché illeggibile, che riporta i versi in cui Dante cita il fiume Montone (Aquacheta) e la città di Forlì, dove, durante il suo esilio, trovò due volte ospitalità alla corte di Scarpetta Ordelaffi:
COME QUEL FIUME C’HA PROPRIO CAMMINO
PRIMA DAL MONTE VISO ’NVER’ LEVANTE,
DA LA SINISTRA COSTA D’APENNINO
CHE SI CHIAMA ACQUACHETA SUSO, AVANTE
CHE SI DIVALLI GIÙ NEL BASSO LETTO,
E A FORLÌ DI QUEL NOME È VACANTE
(Inferno, Canto XVI, vv 96-99)
Marco Viroli
sabato 20 giugno 2015