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Novembre è il mese di don Pippo

il parroco di “Forlì”

Novembre è il mese di don Pippo

Ancora oggi a Forlì il ricordo della figura di monsignor Prati – molto amato dai suoi concittadini che lo chiamavano affettuosamente don Pippo – resta indelebile, specie tra i più anziani. 

Nella vita di Giuseppe Prati il mese di novembre ebbe una indiscutibile centralità. 

Don Pippo nacque infatti a Forlì il 4 novembre 1885, in una modesta casa sita nell’attuale via Achille Cantoni al numero 33, dove una lapide ricorda:

IN QUESTA CASA / IL DÌ 4 NOVEMBRE 1885 / NACQUE GIUSEPPE PRATI / SACERDOTE / CONOSCIUTO COL NOME DI DON PIPPO / HA LASCIATO DI SÉ / UNA TESTIMONIANZA DI UMANITÀ E DI FEDE / VISSE 67 A. E 5 GG. / IL MUNICIPIO / A RICORDO / Q.M.P. / FORLI' 9 NOVEMBRE 1995

Venne battezzato il giorno seguente nell’Abbazia di San Mercuriale (luogo anch’esso centrale nella vita di don Pippo) con i nomi di Giuseppe, Antonio, Domenico. 

Nell’aderire alla chiamata alla vocazione mancò il mese di novembre di un solo giorno: entrò infatti in seminario il 31 ottobre 1896. Un grave handicap lo colpì sin dal 1904, quando ricevette dai medici il divieto di leggere a causa di un distacco della retina, oggi probabilmente curabile con un intervento ambulatoriale, che a quei tempi gli procurò la perdita di circa due terzi della vista. 

Nonostante questo, il giovane don Pippo non si perse d’animo e, dopo essere stato ordinato presbitero (13 giugno 1908), nel 1910 fu mandato a ricoprire il ruolo di cappellano nella parrocchia forlivese dei "Cappuccinini", ove si dedicò all’educazione dei giovani dell’oratorio. Nel 1914 ricevette la nomina ad assistente ecclesiastico dell'Istituto San Luigi, dove ebbe modo di mettere in luce e confermare le sue qualità di educatore. 

Fondò «Il Momento», ancora oggi periodico settimanale della diocesi di Forlì-Bertinoro, il cui primo numero uscì il 5 gennaio del 1919 e di cui don Pippo fu direttore fino al 1952, se si esclude qualche periodo di interruzione dovuto alla guerra e alla censura fascista.

Dopo aver partecipato, sempre nel 1919, alla costituzione del Partito Popolare ed essere stato, nel 1923, tra gli artefici della nascita dello Scoutismo a Forlì, nell’ottobre del 1928 divenne padre spirituale in seminario, dove ebbe tra i suoi allievi don Arturo Femicelli.

Una svolta importante nella sua carriera ecclesiale avvenne il giorno di Santo Stefano del 1936 quando fu nominato parroco di Santa Lucia a Forlì. Amato e stimato da tutti, per otto anni si dedicò anima e corpo alla sua parrocchia, fino a che, il 19 marzo 1944, nel momento che anticipava il passaggio del fronte, venne nominato parroco dell'Abbazia di San Mercuriale, la chiesa più antica e più rappresentativa della città e forse dell’intera Romagna. Tale e tanto fu il suo impegno in quei giorni terribili, giorni di bombardamenti e di massacri, che la gente di Forlì iniziò a chiamarlo “il parroco della città”.

Nel 2008, l’ex comandante partigiano Giorgio Pettini ci consegnò una sua testimonianza scritta sul terribile bombardamento di piazza Saffi, avvenuto il 25 agosto 1944: «Don Pippo aveva un coraggio incredibile. Sette giorni dopo l’impiccagione in Piazza Saffi di Corbari, di Iris Versari, di Casadei e del mio fraterno amico Arturo Spazzoli, poco dopo le 9.00 di mattina di un giorno assolato quattro stormi di bombardieri bimotori Boston piombarono su Forlì. Non venivano dal mare come al solito e volavano bassissimi a 2000 metri. Colpirono il centro storico sino alla ferrovia. (…) Mentre ero appena giunto sotto il loggiato di destra, dov' è lo storico palazzo del Podestà, giunse l’ultima ondata di bombardieri. Vidi don Pippo in piedi solitario poco vicino al monumento a Saffi raccogliere feriti, con le sue deboli forze. Benedire i caduti, tentare di fermare emorragie. Abbattuto dalle esplosioni si rialzava sempre e correva da un caduto all’altro (…)».

Passò la terribile estate del ‘44, che Forlì e la Romagna vissero tra rastrellamenti e massacri. Un’estate in cui la città si svuotò ulteriormente, perché chi poteva sfollava in collina o in campagna, lontano dagli allarmi aerei e dai bombardamenti. Nel frattempo la Linea Gotica avanzava e i tedeschi sentivano sempre più vicino il fiato degli alleati. Fu a questo punto che, nella vita di don Pippo, divenne nuovamente cruciale il mese di novembre. L’8 novembre, infatti, insieme a quello del Duomo e alla Torre Civica, il Campanile di San Mercuriale venne minato dai tedeschi che stavano frettolosamente ritirandosi da Forlì. I racconti popolari narrano che l’antica guglia si salvò grazie all’intervento di don Giuseppe Prati, anche se determinante dovette essere l'opera di intermediazione dell’allora vescovo della città, monsignor Giuseppe Rolla, che sicuramente pagò un prezzo cospicuo in termini di vettovaglie e bestiame all'esercito tedesco in ritirata.

A lato della porticina d’accesso all’imponente campanile che da quasi un millennio svetta sulla città, una lapide ricorda la figura di questo uomo giusto e coraggioso:

PRESSO IL BEL CAMPANILE SALVATO DALLA FURIA BELLICA / IN GIORNI DI TORMENTA FU CHIARA FONTE DI CONFORTO E SPERANZA / SICURO APPRODO DI TUTTA LA CITTÀ IL GRANDE CUORE DI / MONS. GIUSEPPE PRATI (1885-1952) DON PIPPO / EDUCATORE PUBBLICISTA PARROCO / ANIMATORE SEMPRE DI SOLIDALE IMPEGNO E FRATERNA CONVIVENZA / IN GIOIOSA PATERNITÀ DI SPIRITO FATTOSI TUTTO A TUTTI / AL SERVIZIO DELLA VERITÀ E DELLA PROMOZIONE DELL’UOMO.

Sta di fatto che il 9 novembre, giorno della Liberazione di Forlì, monsignor Prati venne portato in trionfo, come raccontò monsignor Giuseppe Mangelli, collaboratore dello stesso don Pippo a San Mercuriale.

Qualche anno dopo, novembre tornò in modo cruciale e definitivo nella vita del “parroco di Forlì” che il 9 novembre 1952 si spense improvvisamente, esattamente 8 anni dopo aver concorso al salvataggio del campanile più amato della Romagna. Le sue esequie si tennero due giorni dopo ovviamente a San Mercuriale. 

Le sue opere e il suo insegnamento gli sopravvissero. Appena il giorno prima di morire, don Pippo aveva indirizzato a Elisabetta Piolanti e Gaspare Maiolani questo invito: «Pensate ai ragazzi soli, quelli che la società pone ai margini, portateli nella vostra casa e avviateli al lavoro: quello che non faccio in terra, lo farò dal cielo». Fu così che, alla fine del 1952, nacque la Fondazione “Opera Don Pippo”, tuttora operativa in via Cerchia 101, che si compone di un Centro residenziale, di un Centro diurno e di un Gruppo appartamento.

Ogni anno, il 9 novembre, la città di Forlì si ferma per commemorare l’anniversario della scomparsa del suo amato “parroco”.

Nel 1957, nel quinto anniversario della scomparsa, le spoglie di don Pippo, inizialmente inumate nel Cimitero Monumentale di Forlì, vennero traslate nella Basilica di San Mercuriale, presso la Cappella dei Ferri. Nella parete a sinistra dell’altare, una lapide con ritratto in bassorilievo ricorda:

1885 - 1952 / NEL TEMPIO DELLE ANTICHE GLORIE FORLIVESI / RESTITUITO ALLE CLASSICHE FORME ORIGINARIE / RIPOSANO LE VENERANDE SPOGLIE / DELL’ABATE PARROCO / MONS. GIUSEPPE PRATI / VERO SACERDOTE DI CRISTO UMILE E POVERO / CHE AI GIOVANI IL CRISTIANO ARDIMENTO / AI MISERI L’AIUTO E IL CONFORTO / A TUTTI DONÒ LUCE D’INSEGNAMENTI E DI ESEMPIO / PASSANDO FRA IL POPOLO / IN BENEDIZIONE / LA SALMA FU QUI TRASLATA DAL CIMITERO URBANO / IL 9 NOVEMBRE 1957

Si tratta della terza lapide alla memoria (non ci risulta che nessun altro, se non Aurelio Saffi, ne abbia altrettante a Forlì) che commemora l’uomo forse più amato dai suoi concittadini nel XX secolo. 

 

(tratto da “Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento” volume due, di Marco Viroli e Gabriele Zelli, in uscita per i tipi del «Ponte Vecchio» a fine novembre 2015)


Marco Viroli

domenica 8 novembre 2015