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Un itinerario nella Forlì dantesca

Forli', la prima città che diede ospitalità al Sommo Poeta in esilio .

Un itinerario nella Forlì dantesca

Si è da poco conclusa con grande successo la seconda edizione di “Dante. Tòta la Cumegia”, la manifestazione che ha come punto centrale la lettura delle intere tre cantiche della “Divina Commedia” in tre diverse serate. Quest’anno le letture si sono tenute in tre diversi contesti scenografici, altamente suggestivi: il ridotto della Rocca di Ravaldino (Inferno), il salone di Palazzo Albicini (Purgatorio) e l’ex Chiesa di San Giacomo (Paradiso).
Tutto ciò ci permette di sottolineare ancora una volta come Forlì (prima città in cui il Sommo Poeta trovò rifugio dopo l’esilio dalla natia Firenze) possa essere considerata a tutti gli effetti una città dantesca. Le indicazioni dello storico Sergio Spada e gli approfondenti di Gabriele Zelli e del sottoscritto, effettuati nel 2012 in occasione della pubblicazione del volume “Forlì. Guida alla città”, consentono di proporre un itinerario dantesco all’interno della città molto importante, sia per la valenza storica sia per i rimandi letterari. Tutto ciò in virtù del fatto che si fanno sempre più frequenti le presenze di gruppi interessati a conoscere in modo approfondito la vita del poeta e che tali gruppi sono destinati ad aumentare in considerazione che nel 2021 ricorrerà il 700° anniversario della morte di Dante, una ricorrenza che porterà in Italia un numero rilevante di turisti interessati a ripercorrere le tappe della vita del Sommo Poeta.
Dante Alighieri è considerato il padre della lingua Italiana e la Divina Commedia è universalmente ritenuta la più grande opera letteraria scritta da un italiano, nonché uno tra i maggiori capolavori della letteratura mondiale. Con due condanne successive, 27 gennaio e 10 marzo 1302, il poeta fiorentino venne condannato al rogo e alla distruzione delle sue proprietà. Da quel momento in poi non poté più rivedere la sua città natale, poiché nel 1301, con un rivolgimento politico e militare, a Firenze si impose come podestà Cante dei Gabrielli di Gubbio, appartenente alla fazione dei guelfi neri, il quale diede inizio a una politica di sistematica persecuzione degli esponenti politici di parte bianca, ostili al papa. Molti furono uccisi o espulsi da Firenze. Dante fuggiasco trovò rifugio in un primo momento a San Benedetto in Alpe, poi a Forlì.

 

L’itinerario forlivese sulle “tracce” del poeta inizia così da Porta Schiavonia, dove sicuramente giungevano quanti provenivano dalla Toscana, attraverso la strada che collega tuttora Forlì con Firenze e che percorre la vallata dell’Acquacheta e il passo del Muraglione. Non a caso sulla facciata dell’edifico che è sito in angolo tra viale Bologna e via Firenze è stata collocata una lapide che riporta i versi di Dante dedicati al fiume Montone che scorre pochi metri più avanti: COME QUEL FIUME C’HA PROPRIO CAMMINO / PRIMA DAL MONTE VISO ‘NVER’ LEVANTE, / DA LA SINISTRA COSTA D’APENNINO / CHE SI CHIAMA ACQUACHETA SUSO, AVANTE / CHE SI DIVALLI GIÙ NEL BASSO LETTO, / E A FORLÌ DI QUEL NOME È VACANTE (Inferno, Canto XVI). A poca distanza dalla porta della città esiste tuttora una strada chiamata via Curte che ha più o meno la stessa conformazione che aveva ai tempi di Dante, essendo l’antica via vicinale degli Orti longobardi che costeggia l’ex Monastero di via Ripa. Quest’ultimo sorge sull’area denominata anticamente “Contrata florentina” su cui si ergeva la Torre fiorentina che era un punto di riferimento per la comunità di fuoriusciti toscani. Poco distante da qui sorge Palazzo Paulucci di Calboli dall’Aste, sulla cui facciata una lapide posta alla destra del portone d’entrata, reca incisa una citazione dantesca che ricorda la figura di Rinieri, il capostipite della nobile famiglia forlivese: QUESTI È RINIERI; QUESTI È ‘L PREGIO E L’ONORE / DE LA CASA DA CALBOLI, OVE NULLO / FATTO S’È REDA POI DEL SUO VALORE. / E NON PUR LO SUO SANGUE È FATTO BRULLO, / TRA ‘L PO E ‘L MONTE E LA MARINA E ‘L RENO, / DEL BEN RICHIESTO AL VERO E AL TRASTULLO; CHÉ DENTRO A QUESTI TERMINI È RIPIENO / DI VENENOSI STERPI, SÌ CHE TARDI / PER COLTIVARE ORMAI VERREBBER MENO (Purgatorio, Canto XIV).
Tornando in corso Garibaldi, sulla facciata di Palazzo Albicini una lapide ricorda con le seguenti parole l’illustre passaggio di Dante e il soggiorno, alcuni secoli dopo, di Giosuè Carducci, ospite dei marchesi Albicini: QUI, DOVE LE CASE DEGLI ORDELAFFI / ACCOLSERO DANTE ALIGHIERI ORATORE / DEI FIORENTINI DI PARTE BIANCA PROSCRITTI, / A GIOSUÈ CARDUCCI DIEDERO GIORNATE / DI LIETO RIPOSO TRA L’AFFETTUOSA / DEVOZIONE DELLA FAMIGLIA ALBICINI / LA PRIMAVERA E IL PAESE DELLA / ROMAGNA A LUI TANTO CARA.
Lasciando alle spalle Palazzo Albicini, percorrendo corso Garibaldi in direzione del centro della città, sulla sinistra, oltre piazza del Duomo girando a sinistra in via Santa Croce ci troviamo a percorrere il perimetro della cattedrale dall’esterno. All’incirca dietro l’abside, dove via Santa Croce incontra via degli Orgogliosi, è posta una piccola iscrizione che riporta un’altra citazione dantesca: VIDI MESSER MARCHESE, CH’EBBE SPAZIO / GIÀ DI BERE A FORLÌ CON MEN SECCHEZZA, / E SÌ FU TAL, CHE NON SI SENTÌ SAZIO (Purgatorio, Canto XXIV). Il testo fa riferimento a Marchese (degli Orgogliosi), che a Forlì bevve in modo smodato senza essere mai sazio.
Da via degli Orgogliosi raggiungiamo l’attuale piazza Saffi, allora Campo dell’Abate, dove ebbe luogo il cruento episodio conosciuto come il “sanguinoso mucchio” (Inferno, Canto XXVII), proprio nell’area antistante l’Abbazia di San Mercuriale, complesso risalente almeno al 1178, di cui Dante ammirò certamente il campanile e l’altorilievo della lunetta.
In epoca comunale la piazza fu ripetutamente teatro di sanguinosi scontri tra guelfi e ghibellini. Nel 1282, in particolare, fu scenario della grande vittoria dei forlivesi, guidati da Guido da Montefeltro, contro le truppe francesi inviate da papa Martino IV e comandate da Giovanni d’Appia, con il compito di impadronirsi di Forlì, roccaforte dei ghibellini. Con astuzia diabolica, il 1° maggio, Guido, fingendo la resa della città, colse alla sprovvista gli avversari e li massacrò nel sonno. La celebre impresa, divenuta simbolo dell’orgoglio municipalistico e ghibellino della città, venne celebrata dal Poeta in una terzina della Divina Commedia, dedicata alla vicenda: LA TERRA CHE FÉ GIÀ LA LUNGA PROVA / E DI FRANCESCHI SANGUINOSO MUCCHIO, / SOTTO LE BRANCHE VERDI SI RITROVA (Inferno, Canto XXVII). Infine, durante il suo soggiorno forlivese, Dante Alighieri avrà avuto modo di visitare la Basilica di Santa Maria dei Servi con il suo splendido portale e di conoscere personalmente Pellegrino Laziosi, non ancora santo, nato a Forlì nello stesso anno del Sommo Poeta, ovvero nel 1265.

Estratto dal volume di prossima uscita “Fatti e misfatti di Forlì” di Marco Viroli e Gabriele Zelli.


Marco Viroli

martedì 12 luglio 2016