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Inventori e protagonisti del liscio romagnolo

Zaclén, Casadei, Rossi e Zanzi

Inventori e protagonisti del liscio romagnolo

La Notte del Liscio, che si è svolta dal 21 al 23 luglio scorsi, è stata la giusta occasione per ricordare e dare risalto a chi ha scritto, a partire dalle origini, i capitoli fondamentali della storia del fenomeno della musica e del ballo romagnolo. Inventore e iniziatore fu certamente Carlo Brighi, detto Zaclén o Zaclòin a seconda del dialetto locale, cioè anatroccolo, soprannome che forse gli fu affibbiato per via della sua andatura dinoccolata, o che forse ricevette a causa della sua passione per la caccia alle anatre. Ciò che è certo è che Brighi fu un eccellente violinista e compositore popolare. Fu soprattutto un trascinatore, un artista in grado di trasmettere immediatamente a chi lo ascoltava l’esplosiva vitalità che instancabilmente muoveva le sue dita sulle corde del violino. Nato in una famiglia contadina nella frazione di Fiumicino di Savignano sul Rubicone, oggi Brighi è considerato indiscutibilmente l’inventore del liscio. La passione del padre per il violino influenzò il giovane Carlo che iniziò a studiare da autodidatta. Durante la prima giovinezza, facendo enormi sacrifici, proseguì gli studi tanto da diventare un violinista di talento. Suonò anche in orchestre dirette da Arturo Toscanini, ma preferì dedicarsi all’elaborazione e all’esecuzione di musiche che mescolavano il ballo saltato della tradizione contadina ai valzer viennesi che in quegli anni avevano fatto scoprire il ballo di coppia. Attraverso la sua opera di composizione di ballabili e di riscrittura di celebri brani musicali, sostenuto in questo anche dall’ideale socialista che lo spingeva a portare tra il popolo un moto di divertimento e di aggregazione, il musicista romagnolo operò la divulgazione, in modo estremamente creativo e del tutto originale, di un linguaggio musicale nuovo e moderno.

Riuscì a raggiungere una tale popolarità che in tanti, venuti a sapere che avrebbe suonato con la sua orchestra in una piazza, a una festa o in un’aia, erano pronti a percorrere decine di chilometri, anche a piedi, per assistere ai suoi concerti. Era talmente entusiasta della sua musica che si rendeva disponibile tanto a partecipare a grandi concerti, con orchestre composite, quanto a girare per le piccole feste di campagna con un suo padiglione smontabile. Celebre rimane ancora oggi il motto “Taca Zaclén!” (Inizia Zaclén!) che viene usato per invitare i musicisti a cominciare a suonare.
L’avventura umana e artistica di Carlo Brighi è legata a varie località romagnole, dalla frazione di Savignano sul Rubicone dove nacque, a Cesena dove si formò e lavorò, a Forlì dove ottenne i primi successi e dove è sepolto presso il Cimitero Monumentale, a Bellaria dove visse con la famiglia e costruì il suo celebre “capannone”, in cui la gente di ogni estrazione si divertiva ballando al ritmo della sua musica.
Carlo Brighi fu un personaggio emblematico e rappresentativo dei grandi cambiamenti epocali della cultura e del costume del nostro territorio fra Ottocento e Novecento, cambiamenti che contribuì attivamente a stimolare con le sue innovative composizioni. Ogni concerto che teneva era diverso dall’altro, questo perché poteva contare su uno sconfinato repertorio di oltre mille brani di sua composizione, segno di una rara prolificità artistica. Il Fondo Piancastelli di Forlì, presso la Biblioteca Comunale “Aurelio Saffi” di Forlì, conserva 831 dei suoi manoscritti musicali originali, databili a un periodo che va dal 1870 al 1915, che costituiscono le basi della primae fondante elaborazione della musica popolare romagnola.

Quando Zaclén si spense a Forlì il 2 novembre 1915, la sua orchestra passò al figlio Emilio che, nel 1924, inserì nella formazione un giovane violinista di nome Secondo Casadei. Il debutto di Casadei avvenne a San Martino in Villafranca dove la formazione musicale, guidata da Emilio Brighi, fu chiamata a suonare in occasione di una festa da ballo. “Arrivati sul posto – ebbe modo di raccontare il maestro – trovammo una grande aspettativa di gente” che riconobbe da lontano l’automobile dei musicisti, sia perché il traffico in quegli anni era pressoché inesistente sia perché sopra alla vettura era legato con le corde il contrabbasso. “Fummo accolti con un gran battimani e subito su sul palco attaccati al soffitto incominciammo a suonare”. Secondo Casadei si può considerare l’erede di Carlo Brighi, nonché l’altro principale artefice, protagonista e interprete della musica romagnola. Fin da piccolo dimostrò una spiccata passione per la musica, tanto che a 18 anni creò la sua prima composizione, “Cucù”, alla quale fecero seguito oltre mille polche, mazurke e valzer, fra cui, nel 1954, la celebre “Romagna mia” che, in occasione del suo viaggio in Romagna nel maggio del 1986, ebbe modo di apprezzare anche il pontefice Giovanni Paolo II. Caratteristici restano gli assoli per clarinetto in do e sax alto mi bemolle, eseguiti nel corso degli anni da virtuosi strumentisti.
Durante la sua carriera, Casadei riuscì a superare difficoltà e asprezze di alcuni periodi, restando sempre fermamente fedele alla proposta musicale che sosteneva e che amava. Nel 1928 fondò l’Orchestra Casadei e imperterrito continuò, unico in Romagna, a eseguire musica tradizionale, a costo di fischi e contestazioni, anche nei momenti in cui, nel dopoguerra, imperversavano i ritmi d’oltre oceano.
Secondo Casadei è stato un compositore geniale, dall’intuizione brillante e personalissima, e ha lasciato un’impronta indelebile nella musica folkloristica che in lui ha rivissuto gli accenti più autentici e appassionati dell’anima canterina romagnola. Le sue musiche conservano intatte, oggi più che mai, quella freschezza, quella vivacità e quella originalità che rendono assolutamente tipica e inconfondibile la produzione di un artista unico che lo scrittore e regista Leandro Castellini ebbe modo di definire lo “Strauss di Romagna”.

Altri protagonisti indiscussi della nostra musica sono stati Francesco Rossi, detto Ferrer, e Romolo Zanzi. Il primo, violinista, compositore, suonava anche il sax contralto, era figlio d’arte. Suo padre Guido fu un apprezzato clarinettista in do, nonché componente dell’Orchestra Casadei dal 1930 fino ai primi anni ‘50. Ancora oggi Ferrer Rossi è considerato uno dei massimi violinisti romagnoli del secolo scorso. Anch’egli è stato un prolifico compositore di ballabili romagnoli di successo, come il “Valzer dell’usignolo”, che prevede un assolo di violino di grande virtuosismo, unico nel suo genere.
Romolo Zanzi, autentico cultore della musica in genere, nativo di Campiano di Ravenna, ebbe la possibilità di studiare al conservatorio. Negli anni ‘20 fondò un’orchestra da ballo e, con musiche da lui composte, si rese celebre in tutta la Romagna eseguendo spartiti di forte carattere popolare. Come violinista suonò in diverse orchestre teatrali con le quali rappresentò spettacoli in numerose città europee. Profondamente legato alla nostra terra, Zanzi seppe cogliere dalla gente semplice e umile di Romagna l’ispirazione per le sue migliori composizioni, come “La Barcarola”, un celebre valzer che compose nel 1927.


Marco Viroli

domenica 24 luglio 2016