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“La seduzione del dettaglio”, mostra antologica di Francesco Giuliari

Dal 10 settembre ai Musei San Domenico di Forlì

“La seduzione del dettaglio”, mostra antologica di Francesco Giuliari

“Il buon Dio si cela nel dettaglio” (Aby Warburg)

Dal 10 settembre al 1 ottobre 2017, presso i Musei San Domenico di Forlì, si terrà la mostra “La seduzione del dettaglio”, antologica di Francesco Giuliari, pittore e incisore veronese, già esposta a Verona dal 22 aprile al 2 maggio 2016. Si tratta di un percorso di alcune decine di opere, principalmente ritratti e nature morte, caratterizzate dalla straordinaria sontuosità pittorica e da un’aderenza al vero molto evocativa, nonché dall’attenzione verso il dettaglio, il particolare e i significati spesso metafisici o allegorici. L’antologica sarà impreziosita da una serie di incisioni realizzate da Giuliari a partire dagli anni Settanta con l’uso monocromatico dell’inchiostro calcografico.

“La seduzione del dettaglio” sarà inaugurata sabato 9 settembre, alle ore 18.00.  A cura di Diego Galizzi e Cristina Ambrosini, realizzata con la collaborazione del Comune di Forlì e dei Musei San Domenico, l’antologica di Francesco Giuliari osserverà i seguenti orari: dal 10/9 al 22/9 da martedì a domenica 9.30 - 13.00; dal 23/9 al 1/10 da martedì 9.30 - 18.30, sabato e domenica 10.00 - 19.00.

L’ingresso è compreso nel costo del biglietto dei Musei Civici.

Info: www.cultura.comune.forli.fc.it

Ritratto di Francesco Giuliari

di Marco Viroli

 

Il 15 marzo 2010, pochi giorni prima dell’ottantunesimo compleanno, ci lasciò il pittore e poeta Francesco Giuliari. D'origine veneta ma forlivese d'adozione, Francesco ha lasciato un segno indelebile per la sua innata umanità e per le doti di pittore di profonda cultura e rara maestria tecnica.

Nato a Verona nel 1929, laureato in Storia dell'arte, fino al 1990 ha insegnato all'Accademia di Belle Arti della città natale. Nel corso della sua carriera artistica ha esposto in numerose mostre personali e infinite collettive, sia in Italia che all'estero.

Oltre che con i pennelli e con i colori (specie negli ultimi anni della sua vita) Francesco si divertiva a giocare con le parole. "Sa figurarci l'icone e cura significarlo" è il doppio anagramma che aveva realizzato col suo nome e cognome e che era diventato il suo motto artistico.

Tra il 2008 e il 2009, quando non riusciva più a dipingere perché anche la vista lo stava abbandonando, Francesco diede alle stampe tre raccolte di versi (“Momenti”, “Note per la notte” e “Briciole sparse”). Per creare ritratti, paesaggi e sensazioni, nei suoi versi le parole avevano sostituito il segno e i colori.

Attivo nel tessuto associazionistico forlivese, Francesco era amato e stimato da tutti per la sua mitezza, intelligenza, disponibilità, signorilità e per il suo interesse verso tutti i linguaggi artistici, compresa la musica e la poesia.

Pochi mesi prima della sua scomparsa, con la mostra antologica dal titolo “Citazioni”, tenutasi dal 12 settembre al 25 ottobre 2009 presso la Residenza della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, la città aveva reso omaggio alla lunga e affascinante attività di un artista che aveva dedicato tutta la propria vita a ribadire la grande tradizione figurativa. Il gusto per la citazione che lo contraddistingueva rimandava ai grandi della storia dell’Arte dall’età classica e rinascimentale fino al primo Novecento, manifestando il suo legame intellettuale con Piero della Francesca, Michelangelo, Pontormo, Caravaggio, Guercino, Salvator Rosa, Casorati, Beuys,…, da lui rivisitati in chiave moderna, ironica ed estremamente personale. La sua pittura era una pittura “classica” perché fuori dal tempo, caratterizzata da uno stile che affondava le proprie radici nell’intima conoscenza dell’arte dei maestri del passato.

Di Francesco ricordo la passione nelle esposizioni, le piacevoli chiacchierate sull’arte e le riflessioni sul mondo e sulla cultura. Ricordo in particolare un viaggio fatto insieme, in auto da Forlì a San Mauro Pascoli, per la presentazione di un’antologia di versi di poeti romagnoli ispirati a Fellini, alla quale avevamo collaborato entrambi. Faceva caldo, era il 13 giugno 2009; e nonostante la malattia lo stesse già mettendo alla prova, le sue parole continuavano a essere colme di speranza e di progetti per il futuro, con un pensiero costante verso la moglie Laura, grande amore della sua vita.

 

BIOGRAFIA

Francesco Giuliari nato a Verona nel 1929 non amava biografie né bibliografie. Limitava la sua biografia a due date 1929-2029. Al massimo aggiungeva una poesia della sua amica di penna Daria Menicanti che invita il lettore a non voler sapere fatti privati ma a limitarsi all’osservazione e alla valutazione delle opere.

Dopo aver conseguito la maturità classica conseguì la maturità artistica, studiò pittura sotto la guida di Dino Lanaro e, attraverso lui, conobbe artisti che a Milano gravitavano nel gruppo di “Corrente”. Partecipò ai primi concorsi e a rassegne di pittura, per poi passare alle mostre personali. Insegnò al Liceo Artistico di Verona e si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia con indirizzo in Discipline Artistiche all’Università di Bologna dove conseguì la laurea.  Successivamente è stato docente all’Accademia Cignaroli di Verona per vent’anni come titolare di “Storia dell’Arte e Tecniche pittoriche”.

A metà degli anni ’70, quando ormai viveva a Bologna si cimentò con l’incisione all’acquaforte, tecnica che lo appassionò  molto e con risultati così lusinghieri da poter partecipare a importanti mostre anche a carattere internazionale.

E’ stato socio fondatore dell’Associazione Incisori Emiliano Romagnoli –AIER- “Luciano De Vita “, nata a Bologna nel 1997.

Due sono i “motivi-firma” nei quadri e nelle incisioni: piccoli topolini che erano un ricordo d’infanzia e “sa figurarci l’icone e cura significarlo” che è il doppio anagramma del suo nome con un significato compiuto.

Nel corso della sua lunga carriera ha tenuto numerose mostre sia personali che collettive, oltre che a Forlì, Bologna e Verona anche a  Trento, Milano, Oderzo, Bagnacavallo, Cento, Livorno, Bilbao,   Mantova, Bertinoro, ecc.

Sue opere si trovano, fra l’altro, nel Gabinetto delle Stampe di Bagnacavallo, nella Raccolta Sartori di Mantova, nella Civica Raccolta Bertarelli di Milano, nelle Pinacoteche di Bologna, Verona, Forlì, Cento, Oderzo, nel Museo Interreligioso di Bertinoro, nella Camera di Commercio di Bologna, nel Kunsthistorisches Institut di Firenze, ecc.  

Quando problemi agli occhi non gli hanno consentito più di incidere e stampare, ha donato il suo torchio calcografico al Liceo Artistico di Forlì, che era diventata la sua città dal 2001.

Dal 2007 ha pubblicato tre raccolte di “mini racconti” (come lui li ha definiti): “Momenti nell’aula del corso di pittura”, “Note per la notte” e,  da ultimo, “Briciole sparse”.

Francesco Giuliari è scomparso a Forlì il 15 marzo 2010.

 

 

Hanno scritto su Francesco Giuliari

 

Le opere di Francesco Giuliari non possono essere guardate con occhio affrettato. Possiedono una rara capacita' evocativa che spinge piu' alla lettura che allo sguardo d'insieme. La mia consuetudine con la parola scritta mi spinge, di fronte alle sue tele, a ritrovare i meccanismi della lettura piu' che a cercare un'impressione immediata. Ma non e' una lettura faticosa, quanto piuttosto intensa e coinvolgente. E' come se lo sguardo, scivolando dal realismo dei volti ritratti all'incredibile precisione dei particolari, degli oggetti, degli ambienti, ricostruisse una storia. E questa storia non poggia sull'effetto, sulla straordinarieta' ma sulla quotidianita': gli oggetti raccontano il carattere della persona, l'atteggiamento del volto o del busto si integra con essi e da' la forma ad un ritratto che non si slega dalle due dimensioni nel quale e' fissato con abili tratti, ma corre sul fondo, si perde in una visione dalle infinite sfaccettature. Se fossi un critico d'arte potrei avventurarmi nel descrivere la pittura di Giuliari come un realismo spasmodico che si colloca come anticamera dell'immaginazione. La suggestione di vivere una storia e' ispirata principalmente dai contrasti creati in ogni raffigurazione: il contrasto piu' avvertibile e' tra la modernita', la contemporaneita' dei soggetti e l'antichita' a colte degli abiti, a volte dell'ambiente, o soltanto di alcuni particolari inseriti con apparente casualita' nello spazio descritto. Contrasto vi e' tra l'immagine e la parola che in qualche modo, inserita nella narrazione o confinata nella cornice, sempre compare con effetto che sbilancia ed attrae. Un contrasto ancora e' creato dagli atteggiamenti propri del linguaggio fotografico, come la fissita' del gesto e l'apparente disinvoltura della posa, con la ricerca veramente pittorica dei fondali, della composizione scenografica, densa di citazioni tratte dalla grande pittura del Cinquecento e del Seicento. E' come su un grande ritrattista di un'epoca lontana avesse sbagliato secolo e vivesse la contemporaneita' rimanendo immerso nella propria dimensione. Forse per questo a volte la prima sensazione e' una sensazione di inquietudine, che viene poi stemperata dalla considerazione che in ogni storia vi sono luci ed ombre, cosi' come in ogni ambiente, in ogni oggetto c'e' una storia da raccontare. "Pictor pessimus", come si autodefinisce in una delle sue opere, non e' certamente Giuliari. E' in possesso, lo si comprende subito, di una tecnica raffinatissima, godibile tanto negli oli che nelle acqueforti e di una cultura artistica profonda, ma soprattutto ha un suo mondo di cui parlare e una capacita' narrativa di fronte alla quale si rimane stupiti ed affascinati.

(Giovanni Tassani 1997)

 

La pittura (ma, come si puntualizzera', anche le incisioni) di Francesco Giuliari e' un tramite che pur esaltando al massimo i propri strumenti tecnici e compositivi (per una prima lettura "iconica" che conquista chiunque al primo sguardo) rimanda ad un coacervo culturale altro e composito che comprende letteratura e filosofia, musica e tradizioni popolari fino all'alta epoca farmaceutica. Citazione "culturale" comunque sui generis, Giuliari trasceglie "moduli" e impianti dalla piu' nobile storia dell'arte, li riadatta ad una pur sempre sofisticata contemporaneita', vi inserisce delicati capricci, amori letterari (spesso si tratta delle "scatole della memoria" di Elias Canetti), un'immancabile "segnalazione" della sezione aurea di albertiana memoria (applicata alla cornice che e' a sua volta parte integrante della composizione e sul proprio legno accoglie titolo, frasi a chiave, formule magiche per non dire dei trenini metafisici del Giorgio "Optimus"), anagrammi che gli evitano la frusta obbligatorieta' della firma. Anche nelle "nature morte", Giuliari non si ferma certo al cesto di frutta ma inscena una manifestazione di vita qual e' un trio di melagrane a fare da "front line" per quell'homme arme' protagonista di una anonima canzone duecentesca francese. Per questo maestro che quando pensa a un quadro "cade innamorato" (un francesismo piu' che consentito) e ha prodotto innumerevoli "serie" (sulle professioni, i vini, le vedute di Bologna, i vasi di prodotti farmaceutici) l'incisione non offre meno teoremi per una pratica, manuale genialita'. Le lastre giustapposte, le molteplici e diverse morsure, l'opzione dell'acquatinta portano ad un insieme di realizzazioni seducenti e sconcertanti. Ad un altro tratto di meraviglia lungo il suo sentiero.

(Giorgio Chiappini)

 

Il 'citazionismo' e' un richiamo a documenti e argomenti e, se si vuole usare il termine per l'arte figurativa, e' una ripresa dell'arte del passato con elementi generici di tale disciplina artistica. Come non pensare, quindi, a questa determinazione tecnica nel caso di Francesco Giuliari (gia' docente, peraltro, di storia dell'arte e di tecniche pittoriche all'Accademia di Belle arti di Verona). Si tratta, infatti, di realizzazioni pittoriche (ritratti, figure, scene familiari, nature morte), di estrema raffinatezza, che ci riportano ad un passato di eccellenza tecnica nella tradizione e nello stile. In questi quadri -che meravigliano per la raffinatezza e la nitidezza dei particolari- c'e' quella magia che fece celebri pittori e trasmise nel tempo l'eco del piacere di amministrare una tela e dove la realta' quotidiana o le immagini e la natura morta sono sinonimi di intima bellezza. Svelando la natura umana in ogni sua immagine, e con la grazia dei colori, il pennello di Giuliari strappa alla visione, innegabilmente, una grande parte della vita in genere e fornisce quell'immediatezza dell'incontro con la gente come successivamente ha saputo fare la fotografia ma non con gli stessi accenti e calore.

(Antonio Caggiano)

 

"Un uomo sui trentotto anni, rasato, scuro di capelli, con il naso aguzzo, gli occhi inquieti e una ciocca che gli pende sulla fronte" e' lo scrittore protagonista del Maestro e Margherita di Michail Bulgakov. Quasi coetaneo, sulla quarantina, Woland il diavolo, abbronzato da un sole ardente, bruno e ben rasato, ha folte sopracciglia, bocca storta, fronte alta e stempiata. Francesco Giuliari interpreta l'uno e l'altro ruolo, presta al Maestro nel primo piano e al diavolo dello sfondo il volto incorniciato da una candida corona di lanugine che senza soluzione di continuita' scende sulla nuca come capello, diventa basettone lungo le orecchie, barba intorno al mento, baffo al di sopra delle labbra. Nei panni del Maestro si veste con ricercata eleganza, tiene in mano la pipa della serenita', guarda, insieme alla giovane Margherita abbigliata di candido raso, verso un punto lontano, verso il suo sogno e il suo destino. Il Giuliari diavolo e' rivolto verso di noi con un ghigno diabolico stampato sulla bocca e con due cornetti ricurvi fuoriuscenti dalla spaziosa lucida coccia nuda. Come Woland ha un occhio nero, quello destro, "vuoto e spento" e l'altro "verde e dissennato". Le nere sopracciglia sono una piu' alta dell'altra. Anche Azazello e Korov'ev, gli sconci famuli che affiancano il diavolo, guardano verso di noi. L'altro assistente di Woland e' un gattone nero parlante che risponde, quando ne ha voglia, al nome di Behemot. Grasso, dice Bulgakov, come un maiale o un ippopotamo si comporta in modo scorretto, riprovevole. Prepotente, sale sul tram e pretende di pagare il biglietto. Violento, per zittire un presentatore teatrale troppo loquace gli strappa la testa. Insolente, insulta chi lo contraddice. Gioca a scacchi ma perde quali sempre, mangia ostriche con la senape, si ubriaca di vodka come un soldato cosacco. Testo altamente metaforico, il Maestro e Margherita racconta la difficile condizione di Bulgakov scrittore sotto il giogo del regime e della censura staliniana. Il Maestro, questo Faust russo che in cambio dell'anima ottiene dal diavolo una eterna mediocre tranquillita', e' lui, Bulgakov. Perseguitato dalla polizia perche' ha volto in romanzo la passione e la morte di Cristo, stroncato dalla critica accademica, il Maestro pensa di liberarsi di tutto bruciando il manoscritto. Finisce in manicomio, ma l'amore della devota Margherita lo libera e Woland gli restituisce, intatto, il suo racconto perche', gli dice, i manoscritti non bruciano mai: monito trasparente per la censura stalinista e, piu' in generale, per tutti i censori del mondo. Il rogo del manoscritto e' un gesto simbolico. Lo scrittore che non scrive piu' rinuncia alla lotta e alla vita. Lo attendono la follia e la morte. Il Maestro e' riscattato dall'amore di Margherita pronta a tutto pur di salvarlo, anche a farsi strega agli ordini di Satana, a volare nuda sui tetti di Mosca, a presiedere come regina il ballo satanico nel corso di una memorabile notte di Walpurga. Alla fine lo scrittore ottiene la pace desiderata. Vivra' per sempre con l'amata compagna in una casetta vicino a un fiume, dove sara' accudito da un vecchio fedele servitore e allietato dalla musica si Shubert ascoltata al lume di candela. Conclusa la sua missione, Woland si dilegua con un volo nell'abisso, seguito dagli accoliti. Nell'interpretazione di Francesco Giuliari, il Maestro e Margherita di Bulgakov diventa lo stimolo per una sontuosa messinscena di personaggi, animali, oggetti, mobili, tappeti, strumenti musicali tenuti insieme da un abile equilibrio cromatico. La gamma dei colori svapora dall'accesa gradazione del rosso carminio del tappeto sino al grigiofumo del cielo, passando attraverso il tono rosso scuro del drappo ottenuto con una miscela di lacca garanza e carminio intrisa di cenere. Giuliari ama lavorare sul d'apres. Ogni sua opera fa esplicito riferimento a un'opera precedente, e' un colto omaggio e una dichiarazione di stima nei confronti dell'artista citato che puo' essere Pontormo o Casorati, Salvator Rosa. Ma usa anche pagine di poeti e scrittori amati come Umberto Saba, Elias Canetti, Ivan Gonciarov, Kostantinos Kavafis o, appunto, Michail Bulgakov. La citazione, nel suo caso, non e' ripetizione piu' o meno differente di una invenzione altrui, e' divagazione fantastica su un testo che si fa immagine in una versione moderna e affascinante dell'ut pictura po‘sis, dello stimolante confronto tra pittura e letteratura di cui si e' sempre nutrita l'arte.

(Concetto Nicosia)


Marco Viroli

venerdì 1 settembre 2017