Tre forlivesi alla Prima Crociata
tratto dal libro di prossima uscita
Nel corso del Medioevo, Forlì fu più volte al centro degli eventi e si rese protagonista delle vicende politiche del territorio romagnolo. Il composito stemma della città riassume in sé molti degli avvenimenti che caratterizzarono la storia di Forlì che ricevette dai romani lo scudo di colore rosso sul quale fu in seguito posta la croce bianca a ricordo della partecipazione dei forlivesi alla Prima Crociata.
Il secondo scudo bianco su cui campeggia la scritta «LIBERTAS» fa riferimento ai diversi momenti in cui (tra l’889 e il 1405) la città si proclamò libero comune. Da tutto questo deriva che i colori della città sono il bianco e il rosso.
Com’è noto, la Prima Crociata fu invocata da papa Urbano II nel corso del sermone, tenuto nel 1095 durante il Concilio di Clermont, tramandato dal cronista Roberto il monaco nell’Historia Hierosolymitana:
«I Turchi hanno distrutto completamente alcune chiese di Dio e ne hanno trasformate altre a uso del loro culto. Insozzano gli altari con le loro porcherie; circoncidono i cristiani macchiando gli altari col sangue della circoncisione, oppure lo gettano nel fonte battesimale. Si compiacciono di uccidere il prossimo squarciandogli il ventre, estraendone gli intestini, che legano a un palo. Poi, frustandole, fanno ruotare le vittime attorno al palo finché, fuoriuscendo tutte le viscere, non cadono morte a terra. Altre le legano al palo e le colpiscono scoccando frecce; ad altri ancora gli tirano il collo per vedere se riescono a decapitarli con un solo colpo di spada. E che dire degli orripilanti stupri ai danni delle donne?».
La Prima Crociata ebbe inizio come un enorme pellegrinaggio dell’intera cristianità occidentale in Terra Santa per poi terminare come spedizione militare dell'Europa cattolica romana alla riconquista dei luoghi santi caduti nel corso dell’espansione islamica (632-661) sotto il dominio dei musulmani, e terminare, nel 1099, con la presa di Gerusalemme.
Al comando di Goffredo di Buglione e altri comandanti, anche Forlì inviò alcuni tra i suoi giovani più in vista, rampolli di nobili famiglie cittadine che andarono a unirsi a due compagnie al seguito del conte Roberto Fiammingo, conosciuto anche come Roberto II di Fiandra, detto Roberto di Gerusalemme o Roberto il crociato.
Mazzone Allegretti, nato a Forlì nel 1070 circa, fu tra i forlivesi che s’imbarcarono alla volta della Terra Santa e come «arma» scelse un «cuore d'oro su campo azzurro». Nei secoli successivi, alcuni discendenti di Mazzone diedero lustro alla vita cittadina, tra loro ricordiamo il poeta, filosofo, medico e astrologo Giacomo o Jacopo (Forlì 1326 ca.- Rimini 1393).
Altro giovane forlivese che partì per la Terra Santa fu Merlino dei Merenda, la nobile famiglia discendente dal ramo patrizio dei Merenda della Gens Antonia, stabilitasi a Forlì al seguito di Marco Livio Salinatore e del figlio Gaio Livio. Per questi motivi quella dei Merenda sarebbe la famiglia patrizia forlivese di cui si conoscono le più remote origini. Tra tutti i valorosi guerrieri, gli abili diplomatici, i politici, i giuristi, gli scienziati, i letterati, gli uomini di Chiesa che la famiglia Merenda espresse va certamente citato l’architetto Giuseppe Merenda (Forlì 1687-1767) che contribuì a cambiare radicalmente aspetto alla Forlì del XVIII secolo.
Il terzo componente della spedizione forlivese in Terra Santa nel 1095 di cui si ha notizia fu Faledro, capostipite o quasi della famiglia degli Ordelaffi, signora di Forlì per circa duecento anni, dalla fine del XIII secolo al 1480, se si esclude un fugace ritorno nel 1503-1504.
È curioso evidenziare come il nome Faledro altro non sia che Ordelaf letto al contrario. E Ordelaf rimanderebbe alle origini germaniche della famiglia, a quel Lor (o Alor, o Aloro) de Laf, o de Laffia, o dell'Affia, capitano di origine germanica, arruolato da Berengario I nell'889 per riportare sotto il controllo dell’impero alcune importanti città. Pare così che, in quello stesso anno, Lor de Laf fosse governatore delle armi a Forlì, proprio quando, secondo alcune fonti, la città iniziò a reggersi a libero comune. Un altro ramo della famiglia, stabilitosi in Veneto, avrebbe cambiato il nome in Faledro o Faliero, invertendo il senso di lettura. Da loro sarebbero nati alcuni dogi, uno dei quali fu Ordelaffo Falier (Venezia 1070-Zara 1117), contemporaneo di Faledro, uno dei tre crociati forlivesi.
Marco Viroli
venerdì 20 ottobre 2017