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Dante

È aperta la caccia al manoscritto perduto della “Divina Commedia”

Dante

La storia del manoscritto originale della Divina Commedia si riassume in poche date certe. Nel 1304, Dante iniziò a scrivere il suo poema immortale, che portò a termine nell’anno della sua morte, il 1321. Stando a quanto afferma Giovanni Boccaccio, i primi sette canti dell’Inferno sarebbero stati composti a Firenze, quando ancora Dante non aveva preso la via dell’esilio, quindi prima del 1302. Questo dato non è mai stato confutato da prove certe e in ogni caso anche se la notizia dovesse rivelarsi realistica, quei testi sarebbero molto differenti da quelli della versione definitiva della “Comedia”.

L’Inferno venne reso pubblico tra il 1314 e il 1315 a Verona, mentre il Purgatorio fu divulgato l’anno seguente. La “pubblicazione” del Paradiso avvenne a Ravenna, per merito dei figli Pietro e Jacopo, solo dopo la morte del Poeta.
C’è poi un mistero risolto, quello riguardante gli ultimi tredici canti del Paradiso, perduti al momento del trapasso di Dante, poi ritrovati grazie a una visione apparsa in sogno a Jacopo Alighieri. Ce ne parla Giovanni Boccaccio nel cap. XXVI del suo “Trattatello in laude di Dante”, dato alle stampe per la prima volta nel 1477 col titolo di “La Vita di Dante”. Boccaccio racconta che Dante, una volta terminata la terza Cantica, nascose gli ultimi canti del Paradiso, rischiando così di mandarli perduto per sempre. Alla morte del padre, i figli Jacopo e Pietro fecero l’amara scoperta che al Paradiso mancavano tredici canti. Essendo certi che il padre li avesse scritti, a lungo i due li cercarono ovunque, ma senza successo. Dopo un anno il Poeta apparve in sogno a Jacopo, indicandogli con precisione il loro nascondiglio, ovvero una crepa del muro della casa di Ravenna in cui il Poeta era defunto.
C’è da dire che il sogno non è raccontato al Boccaccio direttamente da Jacopo, bensì tramite l’intermediazione di un presunto discepolo di Dante, tal Piero Giardino. È ovvio che nel passaparola la storia potrebbe essere stata intenzionalmente o accidentalmente modificata, con l’aggiunta o l’enfatizzazione di dettagli inventati anche di sana pianta. Boccaccio, che nel suo libro sulla vita di Dante attinse infatti a qualsiasi fonte gli capitasse a mano, era inoltre noto per gli elementi di fantasia con cui abbelliva ciò che scriveva, anche se i fatti narrati erano attinenti alla realtà.
Oggi, il sogno segreto di tanti studiosi è di poter rivivere l’esperienza fatta da Jacopo Alighieri e di essere visitati nel sonno da Dante che indica loro la via per ritrovare il manoscritto originale della “Divina Commedia”. In tanti sono convinti tuttora che il manoscritto esista, anche perché è oggettivamente impossibile che, pur non essendo giunto a noi nessun testo autografo di Dante, tutte le migliaia di pagine da lui scritte possano essere andate distrutte.
Due dovevano essere con buona certezza i manoscritti originali della “Divina Commedia”, poiché il Poeta, a mano a mano che terminava una parte, ne riscriveva una copia. Questo avvenne in particolare a Verona per i canti del Purgatorio e del Paradiso che erano consegnati a Cangrande della Scala, signore di Verona e suo protettore nell’esilio.
Certo è che, ad appena un secolo e mezzo dalla morte dell’Alighieri, la prima edizione a stampa della “Commedia”, realizzata a Foligno nel 1472, fu realizzata sulla base delle copie manoscritte.
Alcuni luoghi sono segnalati come possibili “nascondigli” del manoscritto dantesco: Verona, dove potrebbero essere stati occultati insieme con altre pergamene in un archivio statale o parrocchiale; Gargagnano di Valpolicella, nella casa acquistata da Pietro Alighieri nel 1352 e da allora abitata ininterrottamente dai suoi discendenti; l’Abbazia di Pomposa sulla via Romea, dove lo “scriptorium” dei monaci fu una delle prime copisterie a produrre trascrizioni della “Comedia” e dove il Poeta compì diverse soste durante le sue missioni diplomatiche da Ravenna a Verona; la Biblioteca Vaticana che potrebbe conservare il manoscritto donato a papa Giovanni XXII (Giacomo Duèse, papa 1316-1334) o a uno dei suoi successori, da Antonia, figlia suora di Dante. Quest’ultimo manoscritto potrebbe però essere addirittura nascosto ad Avignone, poiché quando fu offerto in dono al papa, i pontefici risiedevano in Francia e non a Roma (cosiddetto periodo della “Cattività avignonese”).

Resta allora aperta la caccia al manoscritto originale della Divina Commedia, una sorta di Sacro Gral o di Arca dell’Alleanza all’italiana. In palio per chi lo dovesse ritrovare c’è un posto in Paradiso!


Marco Viroli

venerdì 13 luglio 2018