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Inusitati punti di contatto tra Venezia e Forlì

Dante, Marcolini, Morgagni, il Campanile di San Marco e il Ponte della Libertà

Inusitati punti di contatto tra Venezia e Forlì

(Condensato dal volume di prossima uscita “Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna” volume 3 di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Il Ponte Vecchio editore, 2018.)
Passeggiando per le calli e per i suggestivi vicoli di Venezia la mente vola e trova inusitati punti di contatto tra la splendida città dei dogi e la più modesta, ma pur sempre ricca di storia, Forlì.
Innanzitutto, come abbiamo già avuto modo di scrivere, la morte di Dante Alighieri sarebbe da porre in stretta connessione con l’amicizia che il Sommo Poeta vantava con la famiglia forlivese degli Ordelaffi, alleata dei veneziani. Nell’estate del 1321 Ravenna si trovò in forte attrito con Venezia, alleata ai forlivesi. Per i polentani si prospettava perciò un imminente attacco a tenaglia: da terra i forlivesi, dal mare i veneziani. Guido Novello chiese allora a Dante di recarsi presso il Senato veneziano per cercare di ricomporre le divergenze e trovare un accordo di pace. La missione diplomatica portò i frutti sperati e allontanò il pericolo di una guerra che con ogni probabilità sarebbe stata fatale per la signoria romagnola. Il viaggio attraverso le malsane paludi delle Valli di Comacchio, tra Ravenna e Venezia, si rivelò però fatale per il cinquantaseienne poeta fiorentino che contrasse la malaria e, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, l’autore della Comedia rese l’anima all’Onnipotente.

 

Pensieri fugaci ci portano alla Venezia del XVI secolo. Qui operò Francesco Marcolini, celebre stampatore di origine forlivese. Dopo il 1507 Marcolini si trasferì a Venezia, dove il lavoro era certamente più proficuo che a Forlì. Qui divenne editore e amico di autori del calibro di Pietro Aretino, Niccolò Zeno, Francesco Sansovino, Anton Francesco Doni, Ludovico Dolce e del pittore Tiziano. A Venezia Marcolini divenne poi cancelliere e segretario dell’Accademia dei Pellegrini, fondata da Anton Francesco Doni. Nel 1559 si trasferì a Verona ed è probabile che qui sia morto proprio in quello stesso anno.
Altro grande romagnolo che ebbe a che fare con Venezia fu Giovanni Battista Morgagni. Nato a Forlì il 25 febbraio 1682 da una ricca e nobile famiglia, all’età di sette anni rimase orfano di padre. Il giovane Morgagni compì i propri studi universitari a Bologna, allievo di Antonio Maria Valsalva, grande discepolo di Marcello Malpighi. Tuttavia, nel 1707, fu costretto a lasciare la città felsinea e a trasferirsi a Venezia, attratto non solo dalla libertà che la Repubblica della Serenissima offriva ai suoi insegnanti universitari, ma anche dalla disponibilità di libri rari (forse alcuni di questi stampati dal concittadino Marcolini nel secolo precedente), che avrebbe potuto consultare. Tornò poi in Romagna due anni dopo ed esercitò a Forlì come medico pratico. Nel 1714 ottenne la cattedra di Medicina e Anatomia all’Università di Padova. Dopo una vita dedicata alla Medicina e in particolare all’Anatomia, “Sua Maestà Anatomica” morì a causa di un colpo apoplettico la sera di giovedì 5 dicembre 1771, in via San Massimo, 2, a Padova.
Restiamo nella città lagunare e facciamo un salto in avanti nel tempo di due secoli. Non tutti sanno cosa avvenne a Venezia la mattina di lunedì 14 luglio 1902, intorno alle 9.50. Può sembrare incredibile ma il Campanile di San Marco crollò, sbriciolandosi letteralmente al suolo. Ebbene, è curioso e interessante annotare che in molti sostengono che, per la ricostruzione del Campanile di San Marco, i veneziani presero a modello il pinnacolo forlivese di San Mercuriale. I lavori di ricostruzione durarono fino al 6 marzo 1912; le macerie risultanti dal crollo, una volta recuperate le parti riutilizzabili, furono scaricate in mare vicino a Punta Sabbioni e il nuovo campanile fu inaugurato il 25 aprile 1912, in occasione della festa di San Marco, patrono della città.
Altro punto di contatto tra Forlì e Venezia viene offerto dal viadotto stradale sulla laguna Veneta, oggi denominato Ponte della Libertà. L’idea di costruire un lungo collegamento stradale che congiungesse Venezia alla terraferma nasce dal progetto del 1931 dell’ingegner Eugenio Miozzi, che lo disegnò affiancato al preesistente ponte ferroviario; tale progetto riprese quello dell’ingegner Vittorio Umberto Fantucci, con opportune modifiche e rimaneggiamenti. La sua realizzazione fu affidata alla ditta forlivese Cantieri Benini.
Il collegamento stradale prese nome di Ponte Littorio e fu inaugurato nel 1933 da Umberto II di Savoia insieme alla consorte Maria José del Belgio, nel giorno della festa di San Marco, tradizionale festività veneziana del 25 aprile, alla presenza del capo del Governo Benito Mussolini.
Al termine della Seconda guerra mondiale, il ponte fu ribattezzato “della Libertà” in relazione alla nuova ricorrenza istituita anch’essa il 25 aprile. Il Ponte della Libertà è lungo circa quattro chilometri (3.850 m circa) e tuttora costituisce l’unica via d’accesso per il traffico veicolare su gomma a piazzale Roma e all’isola del Tronchetto.

 


Marco Viroli

venerdì 2 novembre 2018