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75 anni anni fa le stragi nazifasciste

25 luglio 1944, l’eccidio del Carnaio

75 anni anni fa le stragi nazifasciste

Continua, su questo numero di “mentelocale”, il terribile racconto della Strage del Carnaio, avvenuta martedì 25 luglio 1944, a opera delle truppe naziste e filonaziste. L’eccidio del Carnaio è ricostruito nella “Relazione approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale (di Bagno di Romagna, ndr) con deliberazione n. 71 del 28 novembre 2003” che traccia con estrema precisione un racconto dettagliato dei fatti riguardanti “Bagno di Romagna: un comune sulla “Linea Gotica” durante il passaggio del fronte”. Queste pagine verranno raccolte, insieme a quelle relative altre stragi nazi fasciste di 75 anni fa, nel volume “Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna” (volume 4) di prossima uscita.

«I due paesi sono già deserti per la rappresaglia che tutti si aspettano. Infatti inizia presto. E’ condotta dagli uomini della 1° Compagnia, 2° Battaglione della Legione “M” Guardia del Duce e della compagnia comando del IV Polizei-Freiwilligen-Bataillon Italien rinominato III Battaglione del 2°Reggimento della I°Waffen Grenadier Brigade der SS. Italienische Nr 1: compagnie italiane filonaziste di stanza a Santa Sofia che operano alle dipendenze delle SS e della Polizeifhurer West Emilien, e partecipano all’operazione “Lotta contro i banditi” (Bandenbekamfung).
Iniziano proprio dalla zona del Passo Carnaio, dove intorno alle 8,30 incendiano la prima casa, il podere “Carnaio”. Poi tocca ai poderi di tutta quella zona che da Monte Granelli e Passo Carnaio declina sia verso la Val Savio che verso Crocedevoli e Rio Petroso, in val Bidente.
Tutti vengono razziati, depredati e incendiati: a tarda mattinata il fumo si alza da ventidue case (le tre di Facciano, le due di Tramonte, quelle del Terzo, del Paretaio, Crocedevoli, Picciano, Bellaria, Camorelli, Pratalbino, Campospedale, Palazzina, Picciano…..): almeno 19 risultano completamente distrutte, altre lesionate, tutte comunque saccheggiate, la mobilia distrutta, bestiame e scorte asportate. I loro abitanti vengono prelevati brutalmente e condotti sul Passo del Carnaio, radunati intorno ad una quercia, sotto stretta sorveglianza di armati: vi sono 62 tra donne e bambini e 8 uomini. A loro, fin dalla prima mattina, reca conforto un cappellano militare, don Ilario Lazzeroni, “sbandato” anch’egli dopo l’8 Settembre e ospite del fratello, parroco nella vicina Montegranelli.
Nel pomeriggio il sacerdote, che parla tedesco, cerca di raggiungere il Comando che presiede le azioni di ritirata - posto a Ca’ di Pesarino, sotto Montegranelli - per strappare alla strage annunciata almeno le donne e i bambini: viene freddato con una raffica alle spalle, sul margine di un campo. Ha con se il vasetto dell’olio santo.
Nei due paesi le operazioni procedono invece a rilento poiché tutti gli uomini sono sfollati o nascosti. A Bagno, in mattinata, vengono presi una decina di operai della Todt che stanno lavorando lungo la strada; altri vengono indirizzati o trasportati a San Piero con l’inganno: si dice loro che un ufficiale tedesco deve comunicare cose importanti alla popolazione.
Quanti sono catturati vengono rinchiusi nei locali a piano terra dell’“Asilo delle Grazie” di San Piero in Bagno; vi sono anche donne, rilasciate mano a mano che - con difficoltà - vengono prelevati uomini. Durante le brutali perquisizioni - con devastazioni delle case dei partigiani - molti evitano l’arresto con somme di danaro.
A rendere più cupa l’atmosfera, col fumo delle case bruciate che toglie il respiro e a tratti offusca il sole, giunge una raffica che rompe il silenzio attonito, irreale: viene sparata poco prima delle 16 da una postazione contraerea, nella zona Barciani, verso il colle di Corzano contro due uomini nascosti poco sopra Campodonico, tra i cespugli, per sfuggire ai rastrellamenti; il primo colpo uccide all’istante Francesco Mariani, colono di 37 anni, gli altri vanno a vuoto.
Verso le 17, dopo estenuanti e drammatiche trattative, il maresciallo della stazione Carabinieri di Bagno Giuseppe Silvestri ed il Parroco di Bagno, don Domenico Cangi, accompagnati dal Ten. Salfner comandante la piazza di Bagno, ottengono la liberazione di 19 ostaggi bagnesi, garantendo che tra essi non v’é alcuno che abbia rapporti coi partigiani: alcuni erano già stati caricati su un camion che li avrebbe condotti al Passo del Carnaio.
Questa liberazione comporta un’ulteriore ricerca di ostaggi. Poiché occorre ucciderne 30 (10 italiani per ogni tedesco ucciso), una staffetta si reca sul Carnaio per avere l’esatta situazione della macabra conta. Dunque: sotto la quercia vi sono 8 uomini, in attesa fin dalla mattina del loro destino: sono considerati già morti; poco lontano da loro c’è il cadavere di don Ilario Lazzeroni (40 anni), che porta il computo a 9: occorrono dunque altri 21 ostaggi da passare per le armi.
Il paese è deserto, e c’è anche il coprifuoco, difficile trovare uomini: il numero viene raggiunto prelevando tre vecchi dalla Casa di Riposo di San Piero e un pensionato che cerca medicine per la moglie ammalata.
Intorno alle 20 due staffette giungono sul Carnaio per avvertire che stanno partendo i camion con gli altri ostaggi e che dunque si può procedere.
Una d’esse - un portaordini tedesco - accortosi che tra quanti stanno per essere fucilati c’è Vitaliano Boscherini del podere “Carnaio”, riesce – dopo lunga trattativa - a farlo liberare: lo conosceva da parecchi giorni; più volte nel suo continuo andirivieni lungo la provinciale s’era fermato a dividere una frugale colazione con lui ed altre donne impegnate nella mietitura: alcune d’esse sono lì, sotto la quercia.
Passano interminabili minuti, poi i sette ostaggi vengono fucilati: abitano tutti nei poderi intorno. Sono: Anselmo Barchi di “Tramonte”, 58 anni; Giuseppe Corzani di “Tomba”, 31 anni; Cesare Giannelli di “Picciano”, 59 anni; Giovanni Nigi del “Terzo”, 70 anni; Francesco Nuti del “Monte II”, 51 anni; Angiolo Sampaoli del “Terzo”, 66 anni; Primo Sampaoli del “Terzo”, 41 anni.
Solo allora, donne e bambini terrorizzati e piangenti vengono lasciati liberi. Poco dopo giungono da San Piero gli automezzi con 21 ostaggi. Lungo gli ultimi tornanti un certo Busoni si è gettato dal camion riuscendo a salvarsi; ci ha provato anche Domenico Bucherini, che aveva 17 anni, ma è subito preso e, giunti sul Carnaio, impiccato al palo del telegrafo. Gli altri vengono a fatica allineati appena sopra i sette cadaveri. Sono circa le 22,00: donne e bambini che s’allontanano verso le loro case ancora fumanti, rivolgendo lo sguardo verso il colle ormai avvolto dall’oscurità vedono le fiammelle delle raffiche rabbiose che falciano: Giovanni Balzoni di 66 anni, Settimio Batani di 75, Antonio Battistini di 45, Laurente Bertozzi di 38, Luigi Bonaventura di 53, Giocondo Caminati di 43, Amato Corzani di 40, Virgilio Corzani di 52, Olinto Gallini di 64, Luigi Domenico Mengozzi di 47, Giovanni Rinaldini di 81, Giuseppe e Cesare Rossi, padre e figlio, rispettivamente di 61 e 29 anni, Giovanni Salvetti di 66, Giovanni Sampaoli di 55, Giovanni Spighi di 84 e Ermenegildo Valgiusti di 52 anni.
Due ostaggi - Giovacchino Milanesi e Ortensio Camillini – approfittando dell’oscurità, riescono a buttarsi nel bosco un attimo prima delle raffiche, salvandosi.
Il giorno 26 si procede alla conta. Sul Carnaio ci sono 26 vittime: vengono identificate, e sepolte sommariamente il giorno successivo in alcune fosse poco profonde, sotto la quercia. Sul colle di Corzano c’è il cadavere di Mariani Francesco, che rimane insepolto per una settimana».


Marco Viroli

venerdì 6 settembre 2019