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75 anni fa le stragi nazifasciste dell’estate del 1944

22 luglio: l’eccidio di Tavolicci

75 anni fa le stragi nazifasciste dell’estate del 1944

Dopo aver dedicato due numeri di mentelocale alla strage nazifascista del Carnaio (25 luglio 1944), è opportuno tornare indietro di tre giorni in quella terribile estate di 75 anni fa per ricordare il disumano eccidio di Tavolicci. Qui, il 22 luglio 1944, i nazi-fascisti trucidarono 64 civili, di cui 19 bambini di età inferiore ai 10 anni, oltre a donne e anziani. Le vittime furono sorprese all’alba e rinchiuse in una casa al centro del paese, dove vennero arse vive. I capi famiglia, una decina, dopo essere stati costretti ad assistere al massacro dei familiari, furono condotti nella vicina località di Campo del Fabbro, dove furono torturati e poi uccisi. Nel tragitto i reparti operanti continuarono la rappresaglia, incendiando case e uccidendo le persone che vi trovarono. Pochissimi furono i superstiti che riuscirono a salvarsi perché creduti morti, oppure perché fuggirono da una finestra, durante l’incendio.

La costruzione in cui si consumò la rappresaglia – restaurata e arredata come un tempo per volere dell’Amministrazione provinciale di Forlì-Cesena, del Comune di Verghereto, della Regione Emilia-Romagna e della Comunità Montana Cesenate – è oggi sede del Museo Casa dell’eccidio di Tavolicci. Situata a 825 metri d’altitudine, in una quiete apparentemente imperturbabile, quasi fuori dal tempo, essa ricorda la strage del luglio 1944 e la popolazione del piccolo paese che, in essa, perse la vita.

La testimonianza che riportiamo a seguire è la cronaca drammatica di quello spietato e insensato massacro, come descritto sui siti Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia (www.straginazifasciste.it) e Istituto Storico di Forlì-Cesena (www. Istorecofc.it).

«La sera del 21 Luglio 1944 una squadra di cinque agenti di polizia italo-tedesca si portava a Tavolicci (piccola borgata di circa 80 abitanti posta nel comune di Verghereto, Forlì, Parrocchia di S. Maria in Montegiusto). Perlustrarono tutto il paese, penetrarono in tutte le case, simulando grande gentilezza e cortesia e assicurando alla popolazione che contro di essa non sarebbe stato fatto nulla e che quindi dormisse nella propria abitazione.
La mattina seguente un’ora avanti il giorno, mentre gli abitanti di Tavolicci dormivano ancora tranquilli così vigliaccamente ingannati, una squadra di agenti di polizia italo-tedesca (in numero di circa 40) come belve feroci irrompevano nel paese. Alcuni circondandolo con mitragliatrici ed altri penetrando con violenza nelle abitazioni, imponendo a tutti gli abitanti di alzarsi e vestirsi immediatamente. Intanto gli uomini validi e giovani venivano legati con funi e tratti sulla piccola piazzetta del paese affinché fossero spettatori del massacro e del martirio delle loro donne e dei loro bambini.
Gli uomini vecchi e invalidi furono barbaramente uccisi sulla soglia delle loro abitazioni, tutte le donne e i bambini furono con spinte e minacce, rivoltella alla mano, radunati in un piccolo ambiente e fu loro intimato di stendersi a terra: erano madri urlanti e stringenti al petto i loro neonati, erano ragazze nel fior della vita che imploravano pietà e misericordia, erano piccoli fanciulli atterriti che attaccati alle gonne delle loro madri piangevano e chiedevano pane.
Il boia che aveva la faccia mascherata e che parlava benissimo l’italiano, sulla soglia della porta, atteso il momento opportuno, sparò varie raffiche di mitragliatrice su quel cumulo di vittime innocenti che inutilmente imploravano misericordia. Poi si ritirò chiudendo la porta, ma sentendo ancora delle grida, dei gemiti, ritornò per ben due volte sparando vari colpi di rivoltella sulle persone che accennavano ancora qualche segno di vita. Alcune donne e bambini che tentavano di fuggire furono barbaramente uccisi e massacrati. Una piccola fanciulla di cinque anni che forse aveva tentato di darsi alla fuga fu trovata completamente sventrata.
Finalmente per coprire in parte il massacro e non lasciare tracce dell’orrendo delitto venne appiccato fuoco al locale sottostante, adibito a stalla, unitamente ad un paio di vacche, e così molti di quegli innocenti finirono bruciati vivi. Intanto altri agenti si erano versati contro le abitazioni e quindi rubavano e asportavano ciò che faceva loro comodo e poi appiccarono fuoco a tutte le case. Gli uomini arrestati venivano trascinati a Campo del Fabbro (Comune di S. Agata Feltria) a circa due chilometri di distanza e quivi venivano tutti orrendamente massacrati ed uccisi.
Qualche donna e qualche fanciullo anche feriti riuscirono ad evadere alla vigilanza delle guardie e mettersi in salvo; altri riuscirono alla partenza degli agenti a fuggire dalla prigione in mezzo alle fiamme ed al fumo».
Con un decreto dell’8 marzo 2001, l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito la Medaglia d’Oro al Merito civile al Comune di Verghereto con la seguente motivazione: «Ritenuto nascondiglio dei partigiani, durante l’ultimo conflitto mondiale, fu oggetto della feroce e cieca rappresaglia dei fascisti e dei tedeschi che trucidarono sessantaquattro suoi cittadini in maggioranza anziani, donne e bambini, distrussero l’intero centro abitato, causando un gran numero di feriti».

 


Marco Viroli

venerdì 20 settembre 2019