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Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre

Dal 2 febbraio al 16 giugno 2013 presso i Musei San Domenico di Forlì

Novecento. Arte e vita in Italia  tra le due guerre

Tra le sue innumerevoli esternazioni passate alla storia, spesso contraddittorie ma utilizzate ad arte a fini propagandistici, Mussolini ebbe ad affermare: “È lungi da me l’idea di incoraggiare qualcosa che possa assomigliare all’arte di Stato”. Come è noto tutte le dittature hanno come obiettivo primario la sottomissione e la spersonalizzazione dell’individuo a favore della massa e la cieca obbedienza e convergenza di quest’ultima a un leader o a un’oligarchia che va alla continua ricerca di conferme e di nuovi consensi attraverso gli strumenti dei discorsi, della propaganda, dei mass media e della comunicazione in genere. Durante il Ventennio, a questa logica non poté perciò sfuggire l’arte, a quei tempi potente mezzo di comunicazione visiva e veicolo privilegiato per la diffusione dei valori e degli ideali di regime.

Il più importante movimento artistico che ebbe un legame con il fascismo fu “Novecento”, nato nel 1922 a Milano. Nel 1923 venne presentato ufficialmente con l’esposizione alla Galleria Pesaro delle opere di sette artisti: Mario Sironi, Achille Funi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba, Pietro Marussig e Ubaldo Oppi. Si trattava di un gruppo di pittori raccolti intorno alla figura di Margherita Sarfatti, la quale non era una pittrice ma una critica d’arte, nonché stretta collaboratrice di Mussolini. Gli artisti si ripresentarono assieme, con il nome di “6 artisti del Novecento” (Oppi esponeva da solo), nel 1924, alla Biennale di Venezia. Nel 1926, nell’ottica di accrescere l’importanza e l’autorevolezza del movimento, la Sarfatti organizzò alla Permanente di Milano un’esposizione di centodieci artisti. Alla mostra parteciparono tutti i più bei nomi dell’arte italiana dell’epoca: da Carrà a De Chirico, da Morandi a Martini, da Balla a Depero. Nel 1929 una seconda esposizione fu poi realizzata sempre a Milano.

 

In contrapposizione alle avanguardie che si erano affermate nel decennio precedente, l’obiettivo di “Novecento” fu quello di promuovere una pittura che esprimesse “l’aspirazione verso il semplice, il concreto, il definitivo”. L’arte doveva tornare ad avere come principale riferimento l’antichità classica, la purezza delle forme e l’armonia nella composizione. Gli artisti che vi aderirono si strinsero perciò intorno al comune senso di “ritorno all’ordine”, mettendo da parte provenienze da differenti esperienze e correnti artistiche. Il nome del movimento fu scelto perché incarnasse il programma di questi pittori che si facevano portavoce e promotori dello spirito del Novecento.

In armonia col suddetto “ritorno all’ordine”, “Novecento” si manifestò ovviamente anche nel campo dell’architettura con esponenti del calibro di Giovanni Muzio e Giò Ponti.

È facile intuire il motivo per cui la maggior parte degli artisti sposarono la causa di “Novecento” e quindi del regime. Come contropartita al loro sostegno, in tanti ricevettero commesse e incarichi per la progettazione di edifici e di decorazioni, in modo tale che le nuove costruzioni divenissero vere e proprie opere d’arte inneggianti al regime. Ciò ha lasciato una forte impronta soprattutto dal punto di vista urbanistico e architettonico in tutta Italia e in particolare a Forlì e in molti altri centri della Romagna.

 

In quegli anni si venne così a creare un gran fermento artistico che aprì la via italiana alla modernità, oggi comunemente chiamata “made in Italy”, in un sapiente impasto di innovazione e tradizione. L’arte pubblica e la propaganda comunicavano alle masse l’ideologia fascista, ma al contempo il design, la radio e il cinegiornale fecero compiere al nostro Paese un grande balzo in avanti.

 

A un anno dalla mostra Wildt. L’anima e le forme da Michelangelo a Klimt, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione col Comune di Forlì, organizza Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre. Anche quest’anno il percorso espositivo si articola all’interno delle grandi sale che costituirono la biblioteca  del Convento di San Domenico e nelle stanze del piano terra dove si sono tenute le sette mostre precedenti.

L’esposizione comprende opere dalla fine del primo decennio del ’900 alla Seconda Guerra mondiale, mettendo in luce tendenze, movimenti, avanguardie, protagonisti, temi. Ne scaturisce un ritratto culturale e di costume di quegli anni che coinvolge anche le nuove arti: il cinema, la moda, le arti grafiche e decorative.

Parlando dell’esperienza del gruppo “Novecento”, Margherita Sarfatti definì questo periodo un “nuovo Rinascimento italiano”, definizione in cui possiamo oggi raccogliere l’insieme disomogeneo di tutte quelle tendenze che si confrontarono e si susseguirono all’ombra del regime, segnando una profonda fase di rinnovamento delle arti in Italia. Tra gli artisti esposti a Forlì dal 2 febbraio al 16 giugno 2013 vi sono:  Andreotti, Balla, Boccioni, Campigli, Carrà, Casorati, De Chirico, De Pisis, Donghi, Dottori, Ferrazzi, Fontana, Funi, Guttuso, Janni, Maccari, Mafai, Manzù, Martini, Marussig, Messina, Morandi, Oppi, Pirandello, Prampolini, Rosai, Savinio, Sbisà, Severini, Sironi e Soffici.


Marco Viroli

domenica 10 marzo 2013