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Papa Leone XIV, la rivoluzione parte da Chicago

Il nuovo Pontefice siede ora sul trono di Pietro, ma la sua storia merita un approfondimento a ritroso

Papa Leone XIV, la rivoluzione parte da Chicago

Giovedì 8 maggio 2025, dopo appena due giorni di Conclave, un 69enne americano si è affacciato su Piazza San Pietro da uno dei balconi più noti e luminosi al mondo.

Ma prima di percorrere i fatti noti, conviene fare un passo indietro. Questo perché Louis Marius Prevost e Mildred Martínez (rispettivamente di origini italo-francesi e spagnole) il 14 settembre del 1955 non immaginavano di aver dato alla vita Papa Leone XIV. Quel giorno, infatti, nacque Robert Francis Prevost, pargolo del sobborgo di Dolton e figlio di un contesto operaio e cattolico. Il panorama che lo accolse, al di fuori di quello familiare, non gridava in favor di pace. Al contrario, trasudava sangue, violenza e disordine.

La Chicago di quel frangente subiva le pressioni di Tony Accardo, uno dei boss più influenti della Cosa Nostra statunitense che nel decennio successivo dettò legge insieme a Sam Giancana, poi capitano della temutissima Outfit, un’organizzazione criminale che mise a ferro e fuoco la più grande città dell’Illinois. Nel frattempo, Robert prosperava e si formava, in attesa del diploma al seminario minore dei padri agostiniani datato 1973. Da qui in avanti, procedette la sua fedele missione che sfocia poi in Perù, nel lontano 1985. L’apprendimento continuo - assoluta tipicità agostiniana - abbinato al servizio verso i più fragili, lo porta a tastare contesti disparati: da Chulucanas a Trujillo, da Saint Louis a Chiclayo. Fino al novembre del 2014, quando Papa Francesco lo nomina amministratore apostolico della stessa Chiclayo e successivamente, nel luglio del 2023, cardinale. Poi, l’approdo ai giorni nostri. A quegli scrutini che non sembravano pendere dalla sua. Alla quasi elezione di Parolin fino all’allineamento concorde giunto allo scoccare della quarta votazione, nella seconda giornata utile. In base al racconto fornito a posteriori da alcuni presenti, di Prevost colpirono il pragmatismo così come l’assoluto disinteresse rispetto all’esito dei lavori, in evidente controtendenza con i colleghi. Almeno, fino all’ultimo conteggio: qui, voto dopo voto, preferenza dopo preferenza, la tensione dell’ex ragazzo di Chicago non ha fatto che salire. Tagle, ad una certa, racconta pure di averlo visto respirare profondamente.  Poi, l’esplosione dei presenti al raggiungimento delle 89 schede, ossia la maggioranza dei due terzi che di fatto ne ha sancito l’elezione. Il cardinale David, ai microfoni del New York Times, ha raccontato quel momento con tutta l’adrenalina giustificabile: “Eravamo emozionatissimi e commossi. Partì un boato, poi una standing ovation, ma Robert rimase seduto. Qualcuno dovette tirarlo su!”. Racconta, sempre il giornale a stelle e strisce, di un Parolin chiamato addirittura a ricomporre la sala per completare le operazioni, che alla fine portarono Prevost vicinissimo alle 100 propensioni. I momenti successivi adottano logiche, strutturalmente parlando, ben scandite; scardinate, tuttavia, dal flusso emotivo più confuso tra quelli ipotizzabili. Il protodiacono Dominique Mamberti, dallo stesso terrazzo che pochi minuti dopo avrebbe accolto il 267esimo pontefice della Chiesa Cattolica, ha provveduto ad annunciare “Papa Leone XIV”. Nome forte, denso e per nulla casuale. Leone XIII, infatti, fu uno dei pontefici più rivoluzionari nella storia. Primo, per esempio, a scegliere di farsi filmare in video, a rendere la Chiesa un canale di comunicazione diretto e a parlare di diritti. Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci (sì, ne abbiamo letti di più sintetici) è stato un personaggio incredibile, con il quale Prevost ha scelto di tracciare una netta linea di continuità. Ma per cogliere il diametro del pontificato in corso, conviene davvero salire fino alla balconata di San Pietro e guardare in viso Leone. Io ero lì, sul Braccio di Carlo Magno, emozionato e in balia di quell’entusiasmo contagioso portato dai fedeli accorsi da ogni angolo del globo. Lui [Leone XIV, n.d.r.] aveva gli occhi gonfi di vita, consapevole di quanto il passato non fosse mai stato così lontano. Si guardava attorno con un sorriso spaesato e dolce, sorpreso e pragmatico. La sua voce pura e a tratti singhiozzante ne anticipava intenti e personalità. “Sarà il Papa di tutti, a Chiclayo nessuno può dimenticarsi di Robert”. Questo me lo ha confessato un suo vecchio amico peruviano, con il quale ho avuto il piacere di chiacchierare tra le strade di Roma. Effettivamente, sembra proprio aver detto il vero. Leone XIV, dalla periferia di Chicago, sta abbracciando il mondo. Nel nome della gentilezza, dell’amore e della brama di pace. Amen.

Foto fornite dall'autore


Mattia Siboni

venerdì 16 maggio 2025

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