Ghosting: perché fa così male e cosa ci dice davvero sulle nostre relazioni
Negli ultimi anni il termine ghosting è entrato nel linguaggio comune: si tratta dell’interruzione improvvisa e immotivata di un rapporto, senza alcuna spiegazione e senza lasciare possibilità di risposta. Un messaggio ignorato, una telefonata non ricambiata, un contatto che si dissolve nel nulla.
Un fenomeno all’apparenza “banale”, ma che nelle sedute cliniche rivela spesso ferite profonde.
Perché il ghosting è così doloroso
Il ghosting colpisce una delle necessità umane fondamentali: dare un senso alle nostre esperienze.
Quando una relazione si interrompe senza spiegazioni, la nostra mente cerca disperatamente una narrazione coerente. Non trovandola, produce le più comuni distorsioni cognitive:
• “Non ero abbastanza.”
• “Ho sbagliato tutto.”
• “Se sparisce, forse merito di essere trattata così.”
Il risultato è un mix di ansia, autocritica e vergogna che può prolungarsi per settimane o mesi.
Dal punto di vista psicologico, il ghosting rappresenta una forma di evitamento relazionale, che impedisce un’elaborazione sana della perdita.
Il ghosting non parla di te: parla dell’altro
Una delle prime cose che lavoro con i miei pazienti è la distinzione tra ciò che dipende da noi e ciò che è responsabilità dell’altro.
Il ghosting raramente ha a che fare con un difetto della persona che lo subisce; spesso riflette:
• paura del conflitto
• incapacità di tollerare le emozioni altrui
• immaturità emotiva
• modelli relazionali insicuri appresi nel passato
Comprendere questo aspetto permette di ridurre l’autocolpevolizzazione e di aprire uno spazio più sano per rielaborare l’accaduto. Cosa succede dentro di noi dopo il ghosting
Dal punto di vista clinico, chi vive il ghosting può sperimentare:
• iperanalisi (“Se avessi scritto diversamente…”)
• attivazione ansiosa in attesa di una risposta che non arriverà
Giorgia Reggiani
giovedì 4 dicembre 2025