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Cau confermati anche nel 2026… ma non è tutto così semplice

L’assessore Fabi rassicura sulla continuità dei Centri di assistenza urgenza, ma la situazione resta tutt’altro che lineare.

Cau confermati anche nel 2026… ma non è tutto così semplice

I Cau – i Centri di assistenza urgenza – non spariranno nel 2026. Parola della Regione. Ma dietro l’ottimismo dell’assessore Fabi si muove una realtà più frastagliata, con sindacati preoccupati, modelli che funzionano solo in parte e una valutazione annuale che sta rivelando differenze significative sul territorio. Insomma, sì: i Cau restano. Ma il quadro non è affatto tranquillo come viene raccontato.

I Cau continueranno anche nel 2026 “perché hanno dato risultati positivi”. Così l’assessore regionale alla Sanità, Massimo Fabi, mette un cerotto sulle preoccupazioni che negli ultimi giorni hanno agitato sindacati e operatori, in particolare a Bologna. La Fp-Cgil aveva infatti denunciato l’incertezza sul futuro dei centri, chiedendo chiarezza su personale, funzioni e organizzazione. La risposta di Fabi è rassicurante, almeno sulla carta.

L’assessore spiega che la Regione è alla fine del primo anno di valutazione dei Cau e che i risultati cambiano molto a seconda del modello adottato.
Il più convincente? Quello integrato con il triage del Pronto soccorso, dove il paziente passa da un’unica porta d’ingresso e viene indirizzato verso Cau o Ps a seconda della gravità. Qui il sistema regge e smista, come dovrebbe.

Molto meno brillante il modello dei Cau accanto ai Pronto soccorso ma con accesso autonomo: efficacia ridotta, casi lievi che continuano a gravare sulle strutture principali e un impatto che – parole di Fabi – risulta “minore” rispetto alle aspettative.

Va meglio per i Cau nati dalla trasformazione dei Punti di primo intervento, che hanno permesso di liberare medici d’urgenza da destinare ai Pronto soccorso più complessi. E poi ci sono i Cau nelle Case della comunità, dove si sta ancora lavorando con i medici di medicina generale per integrare gli ambulatori Aft: un cantiere aperto, insomma, più che un modello già funzionante.

Fabi, però, invita tutti alla calma e ribadisce che queste strutture continueranno “tranquillamente” anche l’anno prossimo.
Il problema è che, tolte le rassicurazioni politiche, la fotografia operativa è tutt’altro che uniforme: qualche risultato positivo c’è, ma altrettante zone d’ombra rimangono lì, in attesa di essere affrontate.

E allora il punto non è se i Cau resteranno – la Regione lo ha già deciso – ma come resteranno.
Perché, se davvero devono diventare un pilastro della sanità territoriale, prima o poi qualcuno dovrà smettere di parlare di “tranquillità” e iniziare a mettere mano alle criticità che tutti vedono.
Anche quelle di cui, per ora, si preferisce non discutere troppo.


Emanuele Bandini

giovedì 11 dicembre 2025

ARGOMENTI:     emanuelebandini sanità