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Una C3 per Arnoux

Una C3 per Arnoux

Intrecci.

Diversi e particolari.

In quel 1983 il Gran Premio di Germania per la Ferrari è l’incrocio perfetto tra il suo recente passato, un presente tutto da scrivere e un futuro che non ha ancora pienamente rivelato le sue molteplici potenzialità, legate soprattutto alla 126 C3, la nuova monoposto di Maranello che ambiguamente ha esordito a Silverstone.

L’ambiguità di una vettura capace di conquistare l’intera prima fila dello schieramento inglese, salvo in gara finire nelle retrovie, lontana dall’auspicata vittoria con entrambe le monoposto. Terzo Tambay e quinto Arnoux, l’autore di quella pole che al sabato aveva illuso tutti, a cominciare dal Drake, il quale al ritorno in fabbrica  interroga, chiede e domanda ai suoi uomini, senza concedere alcun tipo di tregua.

Ferrari esige risposte. Forghieri tecnicamente cerca di dargliene qualcuna. Commendatore, al sabato in qualifica abbiamo scaricato troppo gli assetti e le gomme ne hanno sofferto in gara. In Germania non succederà. Abbiamo una nuova centralina che migliorerà l’accensione del motore. Faremo ciò che serve per tornare alla vittoria. Senza cercare possibile scuse.

Tutti gli uomini del presidente. Scrutando da sotto i suoi occhiali scuri, neri come la pece Tambay e Piccinini. I mali italo-francesi in seno al suo team, per una finale del Roland Garros che vede protagonista il transalpino Noah capace di aggiudicarsi la prova su terra rossa dello Slam. Qualcosa in grado, di deteriorare rapidamente i rapporti in essere tra il pilota di Cannes e il direttore sportivo della Ferrari, alla vigilia del Gran Premio degli Stati Uniti a Detroit. “Monsignore” non l’ha presa bene. Segna, ricordandosi religiosamente ogni passaggio di quel loro personale alterco.

A quella riunione manca solo il bel Renè, il meccanico di Grenoble, l’altra metà del box  del Cavallino alla ricerca di una riconferma in Ferrari per la successiva stagione, ancora distante dall’essere certa. Nulla da temere, se non la tenaglia di un accordo sulla parola che lo vorrebbe in quel momento del campionato in soccorso di Tambay che nella classifica del campionato inesorabile lo precede. Cose che stridono con la sua onesta schiettezza, già in grado in Renault di farlo venire ai ferri corti con Prost. Come dicevamo la vigilia di quel Gran Premio di Germania per la Ferrari è un vero  e proprio intreccio del destino, insieme a quel doloroso e recente passato, che riaffiora nel box di Maranello a distanza di un anno improvviso e prorompente, assumendo le fisiche sembianze di Didier Pironi. Stampelle al seguito e un mare di riabilitazione ancora da affrontare, per quel miracolo affatto apparente nell’essere col suo corpo al box del Cavallino, senza che Didì sappia ancora per certo come la sua carriera di pilota sia giunta definitivamente al capolinea.


Emiliano Tozzi

venerdì 14 gennaio 2022

ARGOMENTI:     automobilismo piloti