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Tre domande a Rebecca Mastini

Tre domande a Rebecca Mastini

C’è chi segue le tendenze, e chi le ignora completamente per costruire un proprio linguaggio. Rebecca Mastini appartiene alla seconda categoria — quella di chi crea per necessità, non per strategia. Fondatrice e anima di Quattordicidiciotto, Rebecca non disegna semplicemente abiti: scolpisce identità. Il suo marchio è un manifesto di imperfezione consapevole, una dichiarazione di libertà in un sistema che spesso pretende uniformità. Nessun compromesso, nessuna rincorsa al consenso. Rebecca è una di quelle persone che non cercano di piacere: preferiscono lasciare il segno.

Cosa ti ha spinto a fondare Quattordicidiciotto e come descriveresti la filosofia che anima il marchio?

“Quattordicidiciotto è il mio manifesto, non un semplice brand. È nato per necessità, per dare forma a un sogno, non per seguire una tendenza. Volevo creare uno spazio dove l’espressione non avesse bisogno di parole, dove potessi raccontarmi attraverso ciò che faccio, non attraverso ciò che dico. Sono sempre andata controcorrente rispetto alla mentalità comune, e Quattordicidiciotto riflette proprio questo spirito. Non chiede scusa, non si adatta. È imperfetto e onesto. Non ha bisogno di gridare per essere notato, ma si fa riconoscere da chi sa guardare oltre l’apparenza. Non è mai stata una scelta strategica: semmai una decisione scomoda, viscerale, ma necessaria. Quattordicidiciotto è il mio linguaggio, la mia identità più autentica. E se riesce a essere contagioso per chi la comprende, allora ha già raggiunto il suo scopo”.

Come si sviluppa il processo creativo dietro ogni collezione? Quali sono le principali fonti di ispirazione?

“Non seguo regole di sistema. Ogni collezione nasce da uno stato mentale: se non mi rappresenta, non esce. Aspetta il momento giusto. È il risultato di ogni mio cambiamento, un percorso diretto ma continuamente scosso da maree interiori — perché meglio le maree che scompigliano che un’acqua ferma che marcisce in silenzio. Il mio processo creativo spesso parte da un’ossessione: un’immagine mentale, un errore, un difetto che diventa forza. Non cerco coerenza estetica, ma verità visiva. La sfida più grande è restare fedele a questa visione in un mondo che premia chi si uniforma. Oggi la moda è una macchina che ti vuole performante, standardizzato, vendibile. Io, invece, scelgo di restare indipendente, anche se questo significa rallentare, espormi o perdere qualche treno”.

Cosa desideri trasmettere ai tuoi clienti e quale impatto speri di avere nel mondo della moda?

“Non produco per riempire scaffali, ma per comunicare qualcosa di autentico. Ogni pezzo ha una storia, una tensione, una ragione precisa per esistere. Nulla è casuale: ogni taglio, ogni imperfezione, ogni dettaglio racconta qualcosa di reale. Essere piccoli non è un limite, è una scelta etica. Significa restare indipendenti in un mondo che corre veloce, difendere la libertà creativa anche quando non è conveniente. Preferisco creare per chi comprende davvero, per chi percepisce la stessa vibrazione, piuttosto che piacere a una massa distratta che scorre senza ascoltare Quattordicidiciotto non è per tutti — e non vuole esserlo. Il mio obiettivo non è piacere al mercato, ma lasciare una traccia netta, sincera e indelebile. Senza compromessi, Mai”. www.quattordicidiciotto.it/


Emanuele Bandini

venerdì 31 ottobre 2025

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