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Libri per l’estate, le poesie d’amore di Marco Viroli

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Libri per l’estate, le poesie d’amore di Marco Viroli

“Canzoni d’amore e di funambolismo” di Marco Viroli

Poesie (Il Ponte Vecchio), 88 pagine, 12 euro

A oltre 10 anni dall’ultima pubblicazione poetica, Marco Viroli ha affidato questo tempo della sua vita a una nuova, inaspettata raccolta di liriche sotto il titolo di “Canzoni d’amore e di funambolismo”. La ragione di questo suo ritorno alla poesia, come ragione di vita, la si ritrova subito nella poesie d’apertura: la poesia è il mondo nella sua interezza, negli atti che compiamo, nell’erba che cresce sulla soglia, nei miliardi di forze che fanno l’equilibrio dell’universo, nel vento che suona tra gli alberi…

Del resto, subito dopo, Marco invita a vivere la vita nella sua pienezza ora, perché la vita non ti aspetta e non permette indugi.

Dunque, una visione ottimistica e piena del vivere, una concezione energetica dei giorni, a cominciare dall’amore, che pure va e viene.

E questo perché l’amore è il motore fondamentale del mondo, la sorgente di ogni energia, ciò che rende possibile l’impossibile. In “Quando saremo una sola cosa”, il poeta assicura che insieme, l’uomo e la donna amata, riconosceranno ogni stella e costellazione, andranno a nuoto per isole irraggiungibili, conosceranno lingue sconosciute, scriveranno il poema definitivo, daranno un senso ad ogni cosa, anche alla morte.

Marco Viroli, tuttavia, non vive nella ebetudine del presente incantato: questo poeta dell’amore è anche consapevole che l’amore è dubbio, timore della fine, passione che obnubila e travolge e distrugge i sensi.

Ci dirà cosa significa far l’amore con la donna che amiamo (è il Santo Graal, verità assoluta, superamento del peccato, volo d’uccelli, frinire di cicale, e molto altro ancora); ciò nonostante sa del finire di tutte le cose, sicché nel pieno della sua passione è consapevole del gioco crudele del destino: anche se lo assume, in qualche modo in positivo, come quando evoca la malinconia di ciò che non è stato, la nostalgia di ciò che non sarà. Non a caso si chiede cosa resterà dei loro sogni condivisi al lento morire dell’amore.

È su questo sfondo che nasce il mito del funambolo, presente nel titolo e in un poemetto contenuto: il funambolo è la metafora della vita come rischio continuo, della vita vissuta al limite del possibile come la definisce Paul Auster (richiamato da Marco); è la sfida alla civiltà, cui si dedica chi è solo.

Si aprono allora, nel libro le pagine della solitudine, della fine, quando si è soli con i libri mai letti, le poesie mai scritte, le speranze vane. Ma anche si aprono le pagine del ricordo, il ricordo degli anni dorati, anni in cui tutto poteva accadere, in cui tutto è accaduto.

È in questo tempo che Marco Viroli si chiede infine quale sia il senso della vita, fino alla poesia finale, “Canto notturno di un navigatore errante in rete”, con richiamo ovviamente a Leopardi: per scoprire che al cospetto delle immensità dell’universo quel che lui pensa e crede non ha nessun valore. Non importa nulla nemmeno alla luna, perché del resto nemmeno lei sa nulla. Meglio «sedere sotto un albero / e guardare le stagioni passare / nell’attesa che tutto si compia».

Come si vede, una conclusione nichilista, che però continua a essere anche qui canzoniere d’amore: canzoniere dell’amore che non c’è più, in una assenza che toglie senso alla vita e la nullifica.

(Marzio Casalini)


Marco Viroli

giovedì 28 luglio 2022

ARGOMENTI:     libri poesie