Monza, tra tradizione e cambiamento.
E’ più importante assistere al DjSet o vedere lo spettacolo in pista?
Monza è da sempre il tempio della velocità e la casa dei “Tifosi”, il luogo dove si celebra la passione per la Ferrari. Io sono ormai più vicino ai cinquant’anni che ai quaranta e in vita mia ho visto decine di Gran Premi da spettatore in tribuna, vivendo l’entusiasmo per i piloti della Rossa che di volta in volta hanno infiammato il pubblico: da Schumacher a Raikkonen, da Alonso a Vettel, fino a Leclerc.
C’era un tempo in cui Monza era celebre non solo per la sua atmosfera unica, ma anche per la competenza tecnica dei suoi spettatori. Le tribune erano gremite dall’inizio alla fine del weekend: si seguivano tutte le gare delle categorie minori, si commentavano le prestazioni, si viveva il motorsport in ogni dettaglio. Il tifo era viscerale, fatto di amore per la velocità ma anche di rivalità: sempre c’era “il nemico” da fischiare, il pilota avversario che minacciava di sottrarre la gioia della vittoria alla Ferrari. Oggi chi si dovrebbe fischiare ( sportivamente parlando?)
Il biglietto si pagava per due motivi: vivere lo spettacolo e vedere vincere la propria squadra. Se la Ferrari trionfava, si tornava a casa euforici; se perdeva, l’amarezza durava giorni.
Quest’anno, per la prima volta, ho vissuto Monza da fotografo, scendendo in pista per documentare da vicino l’evento. Un’esperienza incredibile che mi ha permesso non solo di scattare immagini, ma anche di osservare l’evoluzione del contesto e cogliere un cambiamento profondo: la Formula 1 non è più soltanto gara, ma intrattenimento a 360 gradi.
Oggi la F1 è riuscita a trasformarsi in un evento globale capace di attrarre folle sempre più numerose. I numeri parlano chiaro, e da un punto di vista organizzativo il successo è indiscutibile. Ma il pubblico non è più lo stesso. Se un tempo “i Tifosi” vivevano quasi esclusivamente per il risultato della Ferrari, oggi molti vanno in circuito soprattutto per lo spettacolo collaterale: i DJ set, le fan zone, i gadget, gli incontri con i piloti, i selfie e gli autografi.
Mentre con i colleghi ci spostavamo lungo le curve per fotografare le varie sessioni, ho notato quanta gente preferisse intrattenersi lontano dalle tribune, anche durante le gare di supporto come F2 e F3. Non era una mancanza di passione, ma un diverso modo di viverla. Per tanti, l’obiettivo non è più vedere la Ferrari vincere, ma tornare a casa con un ricordo personale, una foto, un momento di contatto diretto con i protagonisti.
Vent’anni fa un quarto e sesto posto della Ferrari avrebbero lasciato l’amaro in bocca a migliaia di tifosi. Oggi, invece, molti sono usciti soddisfatti comunque, anzi hanno cantato insieme a Max Verstappen, pilota odiato fino a qualche anno fa, ed oggi ormai simpatico a tutti per la sua schiettezza. Erano felici perché hanno visto uno spettacolo, partecipato a un evento, vissuto un’esperienza, nonostante un prestazione totalmente incolore. La gara è importante, ma non è più l’unico centro d’interesse.
Questo è il vero cambiamento culturale che la F1 ha saputo intercettare e trasformare in business. Giusto o sbagliato? Non spetta a me dirlo. Ognuno vive la propria passione come vuole, e se si diverte, è giusto così.
Ma la domanda resta: se poteste scegliere una sola cosa, preferireste tornare a casa con un selfie con il vostro idolo, con il Dj di Benassi che vi pulsa ancora nelle orecchie … o con la vittoria della vostra squadra del cuore?
PhotoGallery di Fabio Casadei
Fabio Casadei
domenica 7 settembre 2025