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Quell’ingiusta sentenza su Carlos Sainz

Quell’ingiusta sentenza su Carlos Sainz

Dopo il ritiro di Carlos Sainz, c’è chi, al giro 56 del Gran Premio d’Austria abbia pensato all’intervento della giustizia divina. Il lontano sentore di una sentenza universale sputata in faccia agli uomini in quei tocchi di metallo motore mandati al cielo, prima che la  F1-75 imboccasse mestamente la via fuga dell’A1-Ring  verso curva 4, meglio nota come “Schlossgold” (Castello d’oro).

Un castello dorato. “La fortezza del Karma” in cui imprigionare il pilota spagnolo e la sua improvvida e umana disubbidienza. Una sfida appunto, all’ordine dell’universo precostituito e in un certo qual senso alle leggi degli Dei della velocità. Un moderno Prometeo, per quel fuoco ingeneroso che divora non domo la sua Ferrari. Non come dono al genere umano ma da solitario sicario dell’impossibile. Punizione salvifica e salvatrice per l’intero mondo della Formula 1.

Se questo è peccare…mi accontento di essere uomo e peccatore. Perché forse non c’è esempio migliore che possa illustrare un pilota da corsa nella sua più profonda e recondita natura.

L’unica vera colpa di Sainz è di essere un conducente intelligente. Intelligente e capace. Con ogni probabilità non altrettanto veloce quanto il compagno di squadra, ma nemmeno un pilota disposto a essere la vittima sacrificale di turno a fronte dei suoi quasi 28 anni, e di quella “presunta disubbidienza” inglese capace di regalargli la prima vittoria in carriera non più tardi di due settimane or sono a Silverstone. Perché insomma, se cambi quattro scuderie in otto stagioni, te la giochi alla pari con Verstappen jr in Toro Rosso e stai davanti a Norris due anni a fila in McLaren, proprio l’ultimo degli incapaci non puoi essere.

No, c’è dell’altro. Santander a parte e i suoi fantasmagorici bonifici a favore della causa ferrarista di marca spagnola.

C’è un pilota che lucidamente lavora in silenzio, sapendosi adattare a una vettura con cui non ha trovato immediatamente il giusto feeling ma che ha saputo rendere parte della propria guida gara dopo gara. Se ne ricava un rendimento in corsa che (salvo ritiro) non l’ha mai visto tagliare il traguardo oltre il quarto posto del Montmelò. C’è un pilota il cui distacco in gara da Leclerc sotto la bandiera a scacchi (fino a questo punto della stagione) non è mai andato oltre i sette secondi e mezzo a favore del monegasco (Gran Premio di Jedda).

Se davvero il Predestinato (e non vi è davvero motivo per pensare che non sia così) è la promessa Ira di Dio ferrarista, non vi è ragione alcuna per cui debba temere un pilota come Sainz .Quando neppure Barrichello da compagno di squadra di Schumacher, si rassegnò del tutto all’idea di essere bene esclusivo alle dipendenze di Todt e delle sue strategie.

L’asfalto sa essere giudice molto più implacabile e inflessibile. Più di quanto gli stessi uomini con le loro regole possano essere.

Ecco perché il fare la “morale” a Sainz credo abbia il sapore di un’ingiusta sentenza.

Quando il Karma c’entra nulla. Dietro alle rotture.

Di un motore Ferrari.

Foto Fabio Casadei


Emiliano Tozzi

lunedì 18 luglio 2022

ARGOMENTI:     automobilismo piloti sport