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SFC Forlimpopoli incontra Carlo Cavicchi

Un'altra sera indimenticabile tra la F1 del passato e del presente.

SFC Forlimpopoli incontra Carlo Cavicchi

E' un'autentica bibbia del motorsport. Che mette nero su bianco ciò che la televisione non vede, ma la passione sì. Perché prima di essere un apprezzato giornalista e scrittore del settore dell'automobilismo, è un appassionato.

Passione, aneddoti e curiosità che Carlo Cavicchi, già direttore delle celebri riviste “Autosprint” e “Quattroruote” e attuale guida della comunicazione della celebre “Isotta Fraschini”, pronta a tornare nel campionato Wec con una Hypercar, ha trasmesso in una serata speciale organizzata dal Ferrari Club di Forlimpopoli e dal suo presidente Filippo Ambrosini nella sede del Motoclub Paolo Tordi di Cesena. “Ho mangiato pane e auto per tutta la vita”, ha esclamato nel presentare il libro "L'altra faccia delle corse. 100+1 storie incredibili, divertenti e appassionanti conosciute da pochi e dimenticate da molti", edizioni Minerva.

“Ho avuto la fortuna di vivere tante cose nel corso della mia carriera giornalistica e così ho voluto raccontare in questo libro quello che un pilota raccontava in un semplice pranzo, una cosa che al giorno d'oggi non è praticamente più possibile, rendendo il mestiere del giornalista ancora più difficile - la voce di Cavicchi -. Possiamo conoscere tutte le informazioni numeriche in tempo reale, ma cosa c'è dietro non lo sappiamo più. Magari tra vent'anni i vari Lewis Hamilton, Max Verstappen e Charles Leclerc, quando non saranno più nel paddock, ci potranno raccontare delle cose bellissime”. Un esempio del passato? Una risposta che Mario Andretti diede sul sottile confine tra la vita e la morte: “Non si vive una volta sola, ma si muore una volta sola. Perchè si vive tutti i giorni”. “Questo spiegava il modo di essere di Andretti. Di questi aneddoti è pieno il mondo dello sport, solo che ora non si riescono più a catturare - la nota amara di Cavicchi -. Numeri e miti resteranno, ma le storie ed i retroscena si perderanno. E' così è nato “L'altra faccia delle corse””. 

Cavicchi è tra i tanti ferraristi che stanno soffrendo un inizio di stagione tutt'altro che entusiasmante in Formula Uno della rossa di Maranello. “Ho smesso di dirigere 'Autosprint' nel 1999 dopo 15 anni di direzione, ma ricordo benissimo il 1988 quando la McLaren con Ayrton Senna e Alain Prost vinse quindici gran premi su sedici, ad eccezione del Gran Premio d'Italia a Monza, con un 'miracolo' dal cielo a pochi giorni dalla scomparsa di Enzo Ferrari (vinse Gerhard Berger davanti a Michele Alboreto grazie ad un incidente di un Senna fin li dominatore della gara durante un doppiaggio, ndr). Da direttore mettere una McLaren sempre vincente in copertina era angosciante e dura”. 

Cavicchi ha una sua convinzione: “Il livello dei piloti è altissimo. Leclerc e Carlos Sainz sono veloci e competitivi, ma il problema è al vertice. Finita l'era dominante di Jean Todt, sono cadute più teste nel corso degli anni. Ho la convinzione che se non fosse morto l'amministratore delegato Sergio Marchionne nel 2018 Sebastian Vettel avrebbe vinto il mondiale. E' vero che ha fatto un errore nel Gran Premio di Germania ad Hockenheim, ma nella gara di Monza venne comunicato a Kimi Raikkonen, autore della pole, che quello era il suo ultimo anno in Ferrari. Fu un errore tattico importante, perchè poi il finlandese non diede strada a Vettel dopo la partenza alla curva della Roggia, col tedesco che finì in testacoda dopo una collisione con Hamilton”.

L'era Vettel, a giudizio di Cavicchi, “è finita male, perchè un pilota che vince 14 gran premi con la Ferrari nell'era Mercedes, uno in meno di Niki Lauda, non può essere salutato con un messaggio. Una mossa del genere non va bene. Si poteva comunicare l'addio in tutt'altro modo”. Senza dimenticare le sofferenze patite tra il 2020 e il 2021, quando le rosse gareggiavano con un motore depotenziato, sanzione imposta dalla Fia per le irregolarità trovate nel propulsore nel 2019. "Chi è senza peccato in F1 non c'è - l'opinione di Cavicchi -. La Ferrari non poteva accettare una punizione di questo tipo in silenzio, e con Montezemolo o Marchionne probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. E' il segno che politicamente non conta più nulla". Girando le lancette dell'orologio all'indietro, è inevitabile un dipinto di Enzo Ferrari: “Era un genio, acuto, insomma unico. Gli davano fastidio i piloti che chiedevano soldi per correre con la Rossa. Lui voleva vedere vincere la Ferrari”. 

I più anziani, guardando le gare di F1 dei giorni d'oggi, rimpiangono quelle degli anni '70, '80, '90 e 2000, ma, sottolinea Cavicchi, “i piloti d'oggi sono tutti bravi, racchiusi in meno di due secondi, che maturano il loro talento sin da piccoli, macinando tantissimi chilometri. Quelli con la valigia non esistono più”. Inoltre “si è alzato il livello di competitività anche grazie al budget cup, che ha limitato i costi. In passato c'erano gare con i primi piloti che venivano doppiati dopo pochi giri, ma si ricordano le gare perchè ad esempio gareggiavano gente come Senna, Prost, Nigel Mansell e Nelson Piquet. Se si guarda indietro nel tempo tutto può sembrare tutti più bello, ma oggi la F1 non è così piatta come a volte si crede. I duelli ci sono. Sarebbe bellissimo se aumentassero il numero di auto in griglia per dare possibilità ai giovani talenti”. 

Cavicchi ha preso la direzione di 'Autosprint' all'età di 37 anni, nel 1984. La copertina più difficile? “Senza alcun dubbio quella della morte di Ayrton Senna a Imola il primo maggio del 1994, quando decidemmo di farla completamente nera col titolo “E' morto Senna”. Fu la più sofferta anche sul piano personale, perchè avevo un rapporto di amicizia con Ayrton. Tutte le volte che veniva a Bologna ci incontravamo. Parlava sempre di automobilismo e voleva conoscere tutto ciò che sapevo sugli avversari. Con lui ho scritto anche un libro a quattro mani, nel quale ha raccontato molte cose. Sarebbe stato un grande giornalista, perché aveva capacità di sintesi, dando in poche parole delle definizioni fantastiche. Diceva ad esempio: “Arrivare secondi sono capaci in tanti, ma vincere è una questione per pochi”. E la copertina più bella? “Quella di Mansell in croce nel 1990, quando era in Ferrari con Prost. Quando la Ferrari non andava si incolpava sempre l'inglese, ma in realtà andava più forte del francese. Quell'anno poteva vincere il titolo”. 

Cavicchi ora è coinvolto come responsabile della comunicazione nel progetto “Isotta Fraschini”, che nel 2023 tornerà nella massima competizione su ruote coperte con il progetto Hypercar. “E' una bella avventura in un campionato bellissimo, che nel 2024 vedrà Porsche, Ferrari, Toyota, Peugeot, Cadillac, Acura, Bmw, Lamborghini, Glickenhaus e Vanwall”.


Giovanni Petrillo

martedì 25 aprile 2023

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