La triplice stagione di un Cesena mutante
Sull’orlo del fotofinish, non ci resta che tirare le somme e guardare, con occhio critico ma anche compiaciuto, la cavalcata del nostro Cesena.
Il viaggio, traballante e dissestato, ci porta a vivere emozioni contrastanti e per questo pure di purezza. La stagione calcistica in atto, al netto di una salvezza conquistata e mai messa troppo in dubbio, non sa se gioire o trascinarsi addosso qualche rammarico. D’altronde, il Cesena è sì una neopromossa, ma la sua qualità e l’abbinamento con l’ambizione (mai nascosta) della proprietà d’oltreoceano davano da pensare qualcosa che forse non è del tutto da archiviare. E allora eccoci qui, a un passo dai titoli di coda, con una certezza in archivio e una speranza che grida sottovoce i suoi intenti. La certezza è che la Serie B è salva, con tanto di timbro ufficiale dopo il 2-1 inflitto al Palermo. La speranza è che non sia finita qui e che la classifica possa ancora rimescolarsi e regalarci l’appendice dei playoff.
C’è un Cesena che ha imparato a soffrire e un altro che ha dovuto fare i conti con sé stesso. Perché la verità, spogliata dai numeri, dice che questa squadra ha vissuto almeno tre stagioni in una: l’avvio coraggioso, la lunga apnea invernale, la risalita di primavera. Nel mezzo, lo sguardo di chi non ha mai smesso di crederci davvero.
Mignani, il comandante silenzioso subentrato in estate a Toscano, ha avuto il merito di non perdersi. E di non perdere il gruppo. Ha costruito una squadra di uomini prima ancora che di giocatori, come ha sottolineato anche dopo il colpaccio con il Palermo: “Alleno grandi uomini, non sbagliano mai un allenamento”. Un’affermazione che vale più di ogni statistica siccome umana, lontana dal cinismo e figlia di chi conosce visceralmente il proprio ambiente.
E le statistiche, per chi le cerca, parlano comunque di 47 punti, 44 gol segnati, 47 subiti. Una stagione in equilibrio, forse troppo. Ma con acuti che hanno fatto rumore: le vittorie in Coppa Italia contro Verona e Pisa, ad esempio, prima di arrendersi all’Atalanta. Segnali, lampi, intuizioni di ciò che potrebbe essere.
Dietro l’orizzonte della classifica, c’è però una visione. Quella di una società che ha programmato il ritiro ad Acquapartita fino al 2027, che punta sui giovani e che – fatto non banale – ha creato anche un movimento femminile competitivo, con la Primavera a un passo da un traguardo storico. Segni di un’idea di calcio che va ben oltre la prima squadra.
Ecco perché il Cesena, oggi, non è solo una neopromossa che si è salvata. Quando parliamo di Cavalluccio, dobbiamo far riferimento a una realtà che ha saputo consolidarsi senza tradire la propria identità, pur tra le pieghe di una stagione imperfetta. Una squadra che ha camminato a strappi, ma sempre con dignità. Che ha saputo non perdersi anche quando l’equilibrio sembrava cosa paradossale.
Resta, sì, un pizzico di amaro. Perché l’impressione, in fondo, è che si potesse osare di più. Ma questo non cancella ciò che è stato costruito. E se è vero che ogni stagione racconta una storia, allora quella del Cesena 2024/2025 è una storia a metà: reale abbastanza da emozionare, incompiuta al punto da farci già attendere con impazienza il prossimo capitolo. Sempre vigili, in attesa di sorprese. Per questo, mai banali.
Foto Fabio Casadei
Mattia Siboni
giovedì 15 maggio 2025